The indipendet: L'arte moderna è stata un'arma della CIA

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

Peraltro oggi ho voluto provocare su Fb, così:

"... forse non è la giornata più adatta, ma mi va di rammentarlo : "I coltissimi agenti dei servizi segreti americani capirono che quella con il comunismo era una battaglia culturale.
Così sovvenzionarono Pollock, De Kooning, Rothko e tanti altri"

e ho linkato alcuni articoli di questa storia ben nota.

Ecco come è pubblicamente intervenuto Pierpaolo Calzolari:D:D:

"Guarda che è continuata con Kennedy Castelli e la pop . Anzi in quel momento si realizza in pieno il progetto iniziale
messo a punto 4 anni prima della fatidica biennale veneziana .
Chiariamo i meriti c'erano
da parte di alcuni artisti americani e di critici come Rosemberg.
ma la enorme spinta mediatica della macchina
USA distrusse valori o mise in secondo piano artisti come Klein il giovane poeta Arman ( strano a dirsi ma la prima produzione di Arman era portatrice di grande poesia) o addirittura remasse contro e cercasse, con risultato! E con l'aiuto del carattere dell'artista stesso, di sotterrare Burri.
Per finire il Kennedy - Castelli trip continuo' anche con il concettuale ,
Distribuendo opere e acquisti in una realtà' culturale europea ormai colonizzata e provinciale !
Laddove cultura di sinistra e ricca borghesia in comune stato domestico danzavano assieme."
 
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Peraltro oggi ho voluto provocare su Fb, così:

"... forse non è la giornata più adatta, ma mi va di rammentarlo : "I coltissimi agenti dei servizi segreti americani capirono che quella con il comunismo era una battaglia culturale.
Così sovvenzionarono Pollock, De Kooning, Rothko e tanti altri"

e ho linkato alcuni articoli di questa storia ben nota.

Ecco come è pubblicamente intervenuto Pierpaolo Calzolari:D:D:

"Guarda che è continuata con Kennedy Castelli e la pop . Anzi in quel momento si realizza in pieno il progetto iniziale
messo a punto 4 anni prima della fatidica biennale veneziana .
Chiariamo i meriti c'erano
da parte di alcuni artisti americani e di critici come Rosemberg.
ma la enorme spinta mediatica della macchina
USA distrusse valori o mise in secondo piano artisti come Klein il giovane poeta Arman ( strano a dirsi ma la prima produzione di Arman era portatrice di grande poesia) o addirittura remasse contro e cercasse, con risultato! E con l'aiuto del carattere dell'artista stesso, di sotterrare Burri.
Per finire il Kennedy - Castelli trip continuo' anche con il concettuale ,
Distribuendo opere e acquisti in una realtà' culturale europea ormai colonizzata e provinciale !
Laddove cultura di sinistra e ricca borghesia in comune stato domestico danzavano assieme."

:bow:
 
In questa storia di sicuro un fondo di verità c'è.
Nel bene e nel male li americani certe cose le sanno fare: i soldi e i mezzi li hanno, e i sistemi spesso li hanno inventati loro.
L'esportazione del loro "brand" rientra perfettamente in quest'ottica. (Non vorrà dire nulla, ma in aggiunta Leo Castelli era ebreo di quelli che contavano... ;) )
 
Adesso ho capito chi c'è dietro Hirst...
James-Bond-White-Tuxedo.jpgdamien-hirst.jpg
 
Si ne avevamo parlato anni fa...e io ero rimasto basito, questa storia la dice lunga sulla mentalità dei gringos...pensano di essere i padroni del mondo.
 
Può, naturalmente, anche esserci qualcosa di vero, ma appaiono del tutto evidenti talune strumentalizzazioni politiche riguardo all'argomento.
Ho vissuto - come quelli della mia generazione - la temperie di allora. Per "bilanciare" la memoria, occorrerebbe pensare a Guttuso e al clima italiano dal '46 fino, almeno, al '77.
P.s. "The responsive eye" non mi pare l'abbia organizzata la Russia o il kgb...
 
Caro NonOmnisMoriar,

anche io avevo dubbi di strumentalizzazioni, mai poi agli inizi del 2018 ....
la tesi fu sostenuta da una mostra inaugurata a Berlino (fine mese dicembre 2017 e conlcusione gennaio 2018 appunto) alla Haus der Kulturen der Welt, la Casa delle culture del mondo.
L' edificio era certamente il più appropriato. Fu inaugurato nel 1956 da Eleanor Dulles, la sorella del capo della Cia, che l' aveva finanziato e fatto disegnare dall' architetto americano Hugh Stubbins. Le sue linee moderne, con il tetto curvo e le grandi vetrate, erano la miglior risposta allo Stalinalee Boulevard che i sovietici avevano appena realizzato a Berlino Est.
La mostra, intitolata Parapolitica: la libertà culturale e la Guerra fredda, indagò su come la Cia abbia fortemente influenzato negli Anni 50 l' arte occidentale, promuovendo gli artisti americani in ogni campo.

buon fine settimana.
 
Solo i megalomani dell'establishment americano potevano partorire un progetto così contorto, personalmente credo a tutto quello che ho letto,non mi meraviglio più di niente questa gente ha il potere di arrivare a tutto e a tutti . Un saluto .
 
Ritengo che su avvenimenti di una settantina di anni fa si possano già trarre delle conclusioni sufficientemente obiettive e, solo inquadrandoli nell'insieme storico del periodo, eliminare visioni e distorsioni di parte - dx-sx - che ne hanno finora offuscato i confini.

Un buon quadro, direi sostanzialmente equilibrato, ci viene da un articolo di Paolo Guzzanti, peraltro già ricordato in threads precedenti, che si interroga se l'arte astratta sia stata davvero l'arma segreta degli americani durante la guerra fredda.
La risposta è sì, anche se finora pochi conoscono la storia straordinaria e quasi incredibile che vede la Cia comportarsi come un principe italiano del Rinascimento, o un Papa, per promuovere l'arte astratta e battere i sovietici e il loro realismo socialista che imbarazzava quasi tutti gli intellettuali e persino artisti occidentali di fede comunista.

Eppure la notizia è vecchia di oltre vent'anni perché fu nel 1995 che la giornalista inglese Frances Stonor Saunders pubblicò i risultati della sua inchiesta in The Cultural Cold War (la guerra fredda della cultura) basato sulle rivelazioni dei vecchi dirigenti della Cia che avevano ideato l'operazione. Erano proprio quegli uomini a paragonarsi ai principi e ai papi italiani del Rinascimento: «salvo il dettaglio della segretezza, noi siamo papi in incognito».
Senza i papi non ci sarebbero stati la Cappella Sistina, Raffaello e Michelangelo.
Senza la Cia, niente Jackson Pollock, Willem De Kooning, Mark Rothko e tutti gli artisti che imposero New York come capitale mondiale dell'arte, surclassando Parigi.
Chi era il loro papa? La Cia. Scopo? Battere i russi nella conquista degli intellettuali, specialmente francesi e italiani. Secondo un principio di senso gramsciano: chi ha dalla sua parte gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti, vince la guerra della comunicazione. E del consenso.

Gli intellettuali europei, durante e dopo la guerra, specialmente in Italia e Francia, erano passati in blocco al Partito comunista.
In Italia la trasmigrazione fu pressoché totale.
Tutti cercarono di cancellare il loro passato fascista che arrivava almeno fino alle leggi razziali, e in molti casi oltre. Soltanto Carlo Levi era stato fin dall'inizio antifascista.
L'adesione al Partito comunista era stata così massiccia da diventare un problema per il segretario del PCI Palmiro Togliatti. Antonello Trombadori, critico d'arte del partito, fu incaricato di visitare gli artisti diventati comunisti per costruire (a posteriori) la storia del tormentato distacco dal fascismo.
Ne nacquero liti e perfino qualche s*****ttatura tra gli amici di Corrado Cagli e Renato Guttuso ma l'operazione fu condotta in porto.
Questo imponente «travaso» di intellettuali e artisti nelle file comuniste allarmò la Cia fin dal momento dalla sua nascita, nel 1947.

La maggior parte dei dirigenti della CIA era di sinistra anche se non comunista. Quasi tutti provenivano dall'Oss (Office of Secret Service) nato durante la Seconda guerra mondiale.
Molti agenti dell'Oss erano stati volontari nella guerra di Spagna come combattenti repubblicani nella Lincoln Brigade. Erano per lo più artisti piuttosto snob - Ernest Hemingway era uno di loro - sicché la sigla Oss fu tradotta ironicamente come «Oh! So Social». Come dire: Oh! Così radical-chic!

Bisogna anche tener conto che negli Stati Uniti il partito comunista americano, il PcUsa, era una realtà tutt'altro che trascurabile. Fin dagli anni Trenta aveva «arruolato» la maggior parte degli scrittori e cineasti, seguendo una linea intransigente nei confronti di Mosca nel periodo dell'oscena alleanza fra Hitler e Stalin del 1939 - patto Ribbentrop Molotov - e ancora più dura nei confronti dei comunisti francesi accusati di essersi adeguati a quel patto.
La maggior parte dei pittori Usa che la Cia intendeva promuovere, come Jackson Pollock, Rothko, Arshile Gorki e tutti gli altri, era più o meno apertamente comunista, spesso anti-americana e talvolta simpatizzante per l'Unione Sovietica.

Alcuni di loro sarebbero impazziti di rabbia se avessero saputo che i servizi segreti volevano «foraggiarli» per usarli in chiave anticomunista. Fu proprio fra questi pittori che la Cia andò a pescare i suoi campioni, al fine di promuovere l'idea degli Stati Uniti come patria della libertà e dell'anarchia artistica. L'opposto, insomma, dell'Unione Sovietica (e dei suoi seguaci europei) in cui l'arte astratta era derisa e scoraggiata se non perseguitata.
Tuttavia, neanche in patria, i pittori astratti godevano di buona fama.
Derisi («Non comprate un quadro astratto, fatevelo a casa»), trattati da scansafatiche incompetenti («Se questa è arte, allora io sono un Ottentotto» osservò il presidente Truman) i pittori astratti americani si trovarono improvvisamente un'autostrada davanti: le loro opere venivano adottate dal MoMA e dal Whitney Museum.
Di più, erano promosse all'estero, specialmente in Europa; andavano alla Biennale di Venezia o alla Tate di Londra; e ogni volta che si prospettava una trasferta all'estero, molto costosa, si trovava un magnate miliardario che (apparentemente) pagava di tasca sua.

Uno di questi magnati era Nelson Rockefeller il quale quando si riferiva al Museum of Modern Art lo chiamava il «Mom museum», il museo di mamma, visto che sua madre era stata una delle quattro zelanti fondatrici. Rockefeller fingeva di metter mano al portafoglio. Ma in realtà pagava la Cia. Agenti o ex agenti di altissimo grado, come William Paley o John Hay Whitney sedevano nei vari board del Moma. Tom Braden, altro pezzo grosso della Cia, ne fu segretario esecutivo nel 1949.

Nello stesso periodo di tempo il Partito comunista sovietico scatenava una campagna brutale contro la pittura moderna, bollata come arte degenerata (come era accaduto nella Germania di Hitler) decadente e disgustosamente borghese. I comunisti arrivarono ad insultare il comunista Pablo Picasso per Guernica , la più famosa e impegnata delle sue opere.
Se negli Stati uniti il senatore McCarthy lanciava la sua caccia alle streghe contro gli artisti sospetti di simpatie comuniste, dall'altra, a Mosca Andrej Aleksandrovic Zdanov lanciava la sua caccia alle streghe contro l'arte moderna.

In Italia la campagna zdanovista fece le sue vittime. A esempio Renato Guttuso fu redarguito per le sue «picassate alla siciliana».
Ma a dettare la linea ci pensò Palmiro Togliatti in persona attraverso il settimanale ideologico del Pci Rinascita dove pubblicò un breve corsivo intitolato Scarabocchi.
Era la recensione di una esposizione bolognese di «pittura moderna»: «È una raccolta di cose mostruose, riproduzioni di cosiddetti quadri, disegni e sculture».
Il tono era paternalistico ma il messaggio era chiaro. Le tentazioni astrattiste «all'americana» dovevano essere represse per tornare all'arte al servizio del popolo.

Il fascismo, che pure aveva lasciato gli artisti scatenarsi a piacimento, aveva incoraggiato un'arte monumentale massiccia e proletaria - basta pensare al monumentalismo di Sironi - del tutto identica a quella degli artisti sovietici: operai nerboruti, contadine poppute, fabbriche operose, ciminiere affumicatrici.
Dall'altra parte dell'Oceano Jackson Pollock dipingeva danzando sulla tela distesa sul pavimento e lasciando cadere colori liquidi al passo degli indiani «Orsi tranquilli» con cui aveva condiviso l'infanzia contadina.

I bravi borghesi americani, più vicini a Togliatti che a Marcel Duchamp (che fu il vero scopritore di Pollock e lo impose a Peggy Guggenheim, inizialmente molto perplessa) trattavano con disprezzo le composizioni che la stampa borghese definiva ironicamente come «Drip drop and splash», cioè gocciola lascia cadere e schizza.
La Cia era molto più avanti del critico medio: si comportava davvero come un mecenate in aperto conflitto con le tendenze più reazionarie negli Stati uniti. E non si limitava a promuovere i pittori americani, andava anche a caccia di intellettuali stranieri - fra cui l'italiano Ignazio Silone, il francese André Gide e persino George Orwell con la sua Fattoria degli animali - e delle loro opere.
La CIA promuoveva, assumeva, arruolava e con le sue patinate pubblicazioni proteggeva e legittimava.

Tutto ciò, come ho ricordato, fu raccontato, documentato e pubblicato nel 1995 dalla giornalista britannica Frances Stonor Saunders che il 22 ottobre di quell'anno pubblicò un articolo: Modern Art was a Cia weapon, l'arte moderna fu un'arma della Cia.
L'inchiesta fu ripresa poi nel 1998 da James Petras che ne scrisse sulla Monthly Review , la più prestigiosa rivista marxista in lingua inglese.
Petras sosteneva che molti intellettuali arruolati dalla Cia sapevano benissimo chi li pagava.
Quando si permisero di fare i capricci, sostenendo di essere stati raggirati, Tom Braden li sputtanò è dimostrò che quelli che adesso facevano gli schizzinosi sapevano perfettamente da dove arrivavano i soldi.
Ma a parte qualche screzio, l'operazione andò avanti a gonfie vele.

Comunque la Cia aprì decine di periodici fra cui il celebre Encounter , fondato dal poeta Stephen Spender col giornalista Irving Kristol, promovendo scrittori, scultori, musicisti, concerti, cantanti, compositori, spettacoli teatrali.
Organizzò persino lunghe tournee di Louis Armstrong e altri cantanti neri mandati in giro per l'Europa al fine di correggere l'immagine del conflitto razziale in Alabama e nel Sud.
Ma i pittori furono i più coccolati: partecipavano alle biennali di Venezia ed esponevano nei musei dell'Europa occidentale. Tutto ciò costava un sacco di soldi, ma l'agenzia li considerava soldi ben spesi.

La politica del servizio segreto americano oltre che costosa era anche astuta, colta e raffinata, come astuti, colti e raffinati erano gli intellettuali ex agenti dell'Oss che la dirigevano.
In Italia questa politica ebbe effetto: permise infatti a molti artisti - di sinistra ma angariati dalle direttive del Pci allineato con Mosca - di non tener conto delle rudi reazioni della stampa di partito, protetti dalle lussuose e patinate pubblicazioni finanziate dalla Cia.

Ciò permise ad artisti di grande talento astratto come Lucio Fontana e Alberto Burri di sganciarsi dal realismo e seguire il proprio cammino.
Burri era stato un tenente medico durante la Seconda guerra mondiale, catturato dagli americani in Africa e spedito in un campo di concentramento in Texas. Fu contaminato dal clima di felice anarchia creativa che permeava l'America, cosa che gli permise di avviare la sua ricerca nei tormenti della materia: plastiche fuse, sacchi di iuta, metalli contorti sui quali scaricava il suo fucile di grosso calibro usato come pennello.
Tutto ciò non sarebbe stato gradito alla cultura comunista, ma fu graditissimo alla cultura americana promossa dalla Cia.

L'operazione della Cia negli anni Cinquanta e Sessanta produsse dunque in Italia una liberazione delle tendenze creative e sperimentali, mentre alcuni pittori intimiditi dall'ortodossia si condannarono al realismo più ripetitivo e virtuoso: fu così che l'ex ribelle Renato Guttuso dipinse milioni di limoni, il mercato iper-realista della Vucirria e quel tremendo Funerale di Togliatti in cui introdusse nella folla una ventina di teste di Lenin e di altri elementi del Politburo sovietico.

Secondo gli storici dell'astrattismo americano, gli «irascibili» avrebbero sfondato comunque perché i tempi erano maturi e Marcel Duchamp, fuggito dalla Parigi di Picasso durante la Prima guerra mondiale, promoveva i nuovi artisti senza aver bisogno della Cia.
La Cia agì effettivamente come un grande papa rinascimentale, ma in segreto.
E alla fine l'ebbe vinta. L'Espressionismo astratto americano è una delle più importanti tendenze dell'arte del Novecento, mentre il realismo socialista sovietico e di imitazione sovietica è una curiosità storica priva di peso.
 
Sai cosa fa più sorridere, caro Alex, di tutta questa vicenda?
Che i cattivoni della CIA, bollati e dispregiati in tutti i film e telefilm americani recenti, sono al contrario stati esempi di grande cultura e di raffinata capacità di marketing.
Esattamente come decenni prima aveva fatto l'Unione Sovietica con il ricordato Willi Munzemberg, poi fatto eliminare da Stalin malgrado gli innegabili successi, e dal suo vice Otto Katz che praticamente aveva colonizzato culturalmente Hollywood.
Riuscendovi così bene che ancor oggi il mondo del cinema americano è composto quasi totalmente da anime belle socialiste liberal.
Ne sappiamo qualcosa anche qui da noi.:)
 
Sai cosa fa più sorridere, caro Alex, di tutta questa vicenda?
Che i cattivoni della CIA, bollati e dispregiati in tutti i film e telefilm americani recenti, sono al contrario stati esempi di grande cultura e di raffinata capacità di marketing.
Esattamente come decenni prima aveva fatto l'Unione Sovietica con il ricordato Willi Munzemberg, poi fatto eliminare da Stalin malgrado gli innegabili successi, e dal suo vice Otto Katz che praticamente aveva colonizzato culturalmente Hollywood.
Riuscendovi così bene che ancor oggi il mondo del cinema americano è composto quasi totalmente da anime belle socialiste liberal.
Ne sappiamo qualcosa anche qui da noi.:)

Visto che conosci così bene la materia, io ho scritto la mia nell'altro 3d per certi versi in linea sul ruolo anche "culturale" della CIA, volevo un confronto su alcuni punti:
1. Come valuti nel contesto dell'operazione l'obiettivo di spostare il fulcro artistico da parigi a new york? Non credi abbia avuto un influenza o che fosse uno degli obiettivi?
2. Non pensi ad una funzione giocata anche all'interno in chiave anticomunista per cui, consentire una libertà espressiva "moderatamente di sinistra" quale l'estrazione di questi artisti ma "controllata" o "addomesticata", rendeva possibile calmierare eventuali movimenti/slanci più radicali? Lo stesso Rockfeller storceva il naso rispetto ad artisti ritenuti "troppo comunisti", segno di posizioni non univoche e di un certo pluralismo.
3. Rispetto a Peggy Guggenheim e la difficoltosa promozione di Pollock mi risulta che la stessa Lee Krasner agì da grande mediatore e con abnegazione perorò la causa del marito nel tentativo di allontanarlo dall'alcol. Egli dopo aver lavorato fino al 1942 nell’ambito del Federal Art Project roosveltiano, dal '43 fu preso in carico proprio dalla Guggenheim che si dedicò a lui faticosamente anche a discapito di altri artisti fino a quando non lasciò l'America.
 
Ultima modifica:
mettiamo altra carne sul fuoco:

Da "Controstoria dell'arte" di Pablo Echaurren - Gallucci editore

Bisogna sapere che nel secondo dopoguerra tutta la cultura più avanzata era schierata a favore del blocco sovietico che viceversa, paradossalmente, era assai bisbetico e insofferente nei confronti dell'arte moderna (specie se di tipo non figurativo celebrativo), incline piuttosto a un becero realismo socialista di stampo operaista.

Con una scaltra operazione di intelligence, di marketing e di supporting messi insieme, invece di smontare con missili terra-aria la visione radiosa e fantasiosa del sol dell'avvenire, i Nostri cominciarono a pompare i campioni più inguacchioni e sbrodoloni che infestavano il paese, come Pollock, Rothko, Motherwell, de Kooning e compagnia bella.
Capirono che invece di sganciare l'ennesima bombetta H potevano sterzare verso un'impostazione di radicale decontaminazione ideologica inoculando nel sistema corticale una dose massiccia di virus abstracti. Avrebbero fatto meno vittime e messo a tacere le solite pittime pronte a recriminare su ogni intervento militare a fin di bene
L'Action Painting divenne l'arma più potente, l'interprete privilegiato e vezzeggiato dell'american way of life, lo stemma del nuovo style che intendeva aderire ai principi inalienabili di "vita, libertà e ricerca della felicità". Cosa di meglio del grande guazzabuglio astratto per raccontare che solo al di qua della cortina di ferro era possibile realizzare il sogno della più sfrenata espressività?

La fisicità delle superfici incrostate, le colature coagulate, l'urlo dei colori sbrodolati e schiaffeggiati sulla tela, lo strazio dello spazio violato, divennero documenti imprescindibili di quella lotta esistenziale che gli artisti avevano intrapreso per se stessi e per l'america tutta, colonie comprese.

L'operazione riuscì in pieno, la ciambella venne fuori col buco al posto giusto, il gusto del turbomercato si indirizzò senza tentennamenti verso la nuova corrente bollente e in un istante l'Action Painting si tramutò in Auction Painting.
Espressionismo Astratto, Action Painting, Informale, chiamatela come vi pare, fatto sta che il genere gestuale scalò tutte le classifiche, si aggiudicò le battute d'asta più vertiginose, stracciò ogni possibile concorrenza. Inventò i soldi, quelli veri. A sei zeri.
Prima l'artista era un poverello stenterello, un bohemien, un tisichello con le pezze al **** che mangiava pane e cipolle, in un attimo divenne qualcosa di prezioso, di esplosivo, di esclusivo, un ordigno a orologeria che è bene maneggiare con cura, una mina vagante che ogni momento può scoppiare in un tripudio di successo a go-go.
Non fu solo Picasso ad andare all'incasso. L'intera la scuderia voluta dalla Cia si ritagliò un posto in paradiso.
 
sempre da Raffaele Giovanelli:

«Peggy, da buona ebrea, seppe utilizzare bene i suoi soldi. Riuscì nell’impresa senza disporre delle risorse finanziarie dei suoi parenti. Aveva una rendita che, riportata ad oggi, era di circa 5 milioni di dollari, tra i Guggenheim era considerata quasi indigente. Philip Ryland, direttore del Peggy Guggenheim Collection a Venezia, dice che Peggy per la sua collezione di quadri moderni in tutto non spese più di cento mila dollari (del dopoguerra, oggi equivalenti a circa un milione e mezzo di dollari). Che cosa indusse Peggy Guggenheim a preferire nel 1943 il quasi sconosciuto “pittore” Pollock, che realizzava quadri il cui unico merito era quello di essere uno specchio fedele della sua pazzia e della sua perenne sbornia? I suoi quadri vennero inquadrati nella corrente dell’espressionismo astratto. Esistevano in America molti artisti, sovvenzionati dallo stato durante la grande recessione, con lo scopo di togliere dalla disperazione persone che, con il loro carisma, avrebbero potuto infiammare una rivoluzione. Ma nessuno tra i pittori “figurativi”, come ad esempio il bravissimo Thomas Benton, venne preso in considerazione. A Peggy probabilmente quella scelta fu suggerita per mettere a tacere l’arte vera, quella che mostrava la realtà della miseria americana insieme ai sogni perduti durante la grande recessione del ’29.»
Sappiamo adesso che i suggeritori erano molti, abilmente piazzati dalla CIA in posti strategici. «Non potevano certo essere i quadri di Pollock ad entusiasmare gli esperti d’arte come Berenson, ma dopo la guerra, in una Europa alla fame, si trattava piuttosto del profumo del denaro dei Guggenheim.» Oggi sappiamo che quel denaro e il suo profumo non provenivano solo dalla non ricchissima Peggy, ma dal supporto della CIA.

«Peggy Guggenheim fu il personaggio che più si è prodigato per la diffusione delle novità più cervellotiche di qua e di là dell’Atlantico. Inconsapevolmente Peggy provocò all’arte un danno maggiore di quello causato da tutte le invasioni barbariche perché alla fine venne distrutto il senso del bello. Ma non è stato solo un ghiribizzo di una ricca ereditiera un po’ svampita, in cerca di sensazioni, è stata una scelta criminale che ha contribuito in modo decisivo a distruggere l’arte. Infatti assegnando alle persone un ruolo improprio, si ottiene in ogni caso una serie di conseguenze funeste. Pollock stesso è stato la prima vittima di quella scelta impropria. […] Il processo degenerativo messo così in atto ha colpito a morte prima l’arte occidentale poi ha contagiato tutto il mondo. La scelta fatta dalla “ricca” Guggenheim fu l’operazione più vistosa ed efficace condotta nel campo della pittura e coincise con l’indebolimento della borghesia nel dopoguerra. Il successo fu enorme, ben al di là della aspettative e venne a coincidere con l’annientamento del senso del bello e del gusto estetico. Bellezza e buon gusto poco apprezzati dalla classe dei nuovi ricchi, privi di cultura e favorevoli ad un’arte “nuova”, che ignorasse scomodi richiami alla cultura ed alle tradizioni."
 
Visto che conosci così bene la materia, io ho scritto la mia nell'altro 3d per certi versi in linea sul ruolo anche "culturale" della CIA, volevo un confronto su alcuni punti:
1. Come valuti nel contesto dell'operazione l'obiettivo di spostare il fulcro artistico da parigi a new york? Non credi abbia avuto un influenza o che fosse uno degli obiettivi?
2. Non pensi ad una funzione giocata anche all'interno in chiave anticomunista per cui, consentire una libertà espressiva "moderatamente di sinistra" quale l'estrazione di questi artisti ma "controllata" o "addomesticata", rendeva possibile calmierare eventuali movimenti/slanci più radicali? Lo stesso Rockfeller storceva il naso rispetto ad artisti ritenuti "troppo comunisti", segno di posizioni non univoche e di un certo pluralismo.
3. Rispetto a Peggy Guggenheim e la difficoltosa promozione di Pollock mi risulta che la stessa Lee Krasner agì da grande mediatore e con abnegazione perorò la causa del marito nel tentativo di allontanarlo dall'alcol. Egli dopo aver lavorato fino al 1942 nell’ambito del Federal Art Project roosveltiano, dal '43 fu preso in carico proprio dalla Guggenheim che si dedicò a lui faticosamente anche a discapito di altri artisti fino a quando non lasciò l'America.


Lory, come precedentemente ricordato, chi ha dalla sua parte gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti, vince la guerra della comunicazione e quindi del consenso. Trump escluso.:)
Lo sapevano bene i russi - non tutti - da una parte e - non tutti - gli americani dall'altra.
L'ipotesi di sostituire Parigi con New York era, qualora vi fosse, un tema del tutto marginale: alla propaganda sovietica per ingraziarsi l'intellighenzjia occidentale l'America rispondeva sia stupidamente con il maccartismo e invece molto incisivamente con la diffusione prioritaria worldwide dell'immagine della "terra dei liberi" in cui artisti innovativi e idee nuove di una società permissiva e inclusiva potevano prosperare. Anche prima che lo diventasse per davvero.

Se ricordi il bel film di George Clooney " the monuments men" hai la giusta rappresentazione di quel manipolo di intellettuali illuminati statunitensi sotto le armi - confluiti poi nella CIA - che cercano di salvare l'arte in pericolo per mano nazista e il loro motto: “Se venisse distrutta la cultura di un'intera generazione, sarebbe come se quelle persone non fossero mai esistite”.
Motto- sottolineo - senza confini geografici o mentali.

Che fosse fondata tutta l'attività della CIA in chiave anti-comunista è lapalissiano: tre erano i vincitori della WWII in due tipologie di mondi diversi e lontani, States e Gran Bretagna da una parte e Unione Sovietica dall'altra a spartirsi il mondo, democrazia contro dittatura, cultura contro sopraffazione, libertà contro schiavitù.
Palazzo Venier dei Leoni contro i gulag. Oggi lo sappiamo bene, forse anche i redattori del Manifesto.:)

Quanto a Pollock, non lo so e non mi appassiona, forse perché, a differenza dei miei accaniti continui sforzi di apertura mentale, conservo sempre un fondo di bieco moralismo, un fastidioso senso di allontanamento da quegli artisti che riescono a produrre solo - o anche - sotto gli influssi di alcool o anfetamine. :)
 
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