Mi ripeto, visto il il mio precedente tentativo di abbordare questo approccio - forse inserito in un contesto meno indicato - non ha sortito riscontri (tranne una, graditissima, reputazione).
W. Benjamin scriveva nei Passages: « L’intérieur è il rifugio dell’arte. Il collezionista è il vero inquilino dell’ intérieur. Egli si assume il compito di trasfigurare le cose. È un lavoro di Sisifo, che consiste nel togliere alle cose, mediante il possesso di esse, il loro carattere di merce. Ma egli dà loro solo un valore d’amatore invece del valore d’uso. Il collezionista si trasferisce idealmente, non solo in un mondo remoto nello spazio o nel tempo, ma anche in un mondo migliore, dove gli umini, è vero, sono altrettanto poco provvisti del necessario che in quello di tutti i giorni, ma dove le cose sono libere dalla schiavitù di essere merci».
Si tratta di un approccio evidentemente molto ambizioso; non so se riesco, o se mai riuscirò, ad arrivare a tanto; ma, per me, l'aspirazione rimane essenzialmente quella che la frase di Benjamin bene sintetizza.