Il discorso su Cavellini é molto complesso e per capirlo bisogna necessariamente rifarsi alla sua opera e cioé a quello che ha fatto e detto (e a quando questo é accaduto
), non al percorso espositivo in quanto quest'ultimo é necessariamente molto poco nutrito.
Ma proprio questo é il punto: non sarebbe potuta andare diversamente visto che il suo "dadaismo", sempre che di dadaismo di possa parlare come dice Accipicchia, assume una forma e dei contenuti molto molto originali e dei bersagli ben precisi:
- E' diretto in maniera violenta contro il sistema dell'arte, in particolare
i critici e tutto quanto un artista deve pagare al sistema per diventare riconoscibile:
i dadaisti non hanno mai avuto questo intento. Cavellini é invece stato iper-determinato e per tutta la sua carriera artistica, in maniera totalmente coerente e con un linguaggio molto innovativo - dalle casse contenenti i propri lavori distrutti a partire dal 1967, fino alle operzioni di autostoricizzazione attraverso la scrittura, i cimeli, i ritratti impertinenti etc...- si é battuto per evidenziare queste incongruenze nel mondo artistico. Non é forse vero che da fine anni '90 , con qualche decennio di ritardo, molti artisti hanno cominciato un'opera di autostoricizzazione, aprendo gallerie in proprio, promuovendosi direttamente etc..? Teniamo conto che lo stesso
Martin Kippenberger ha effettuato, qualche decennio dopo, un'operazione molto simile affermando in sostanza che lui non avrebbe aspettato istituzioni, critici e mostre in quanto :"I can do it faster myself".
La critica di Cavellini al sistema dell'arte e soprattuto della critica istituzionalizzata dell'arte é un qualcosa di estremamente originale e totalmente innovativo nel mondo dell'arte e questo é il punto nodale del suo lavoro: senza comprendere questo non si può comprendere l'artista e la valenza di quanto ha fatto.
- La parte più originale (anche se non l'unica) del suo lavoro parte nel 1971 ed é la cosiddetta
Autostoricizzazione grazie alla quale, dopo un percorso di autopurificazione artistica, lui tenta di scavalcare tutto il sistema dell'arte e procedere a rendersi riconoscibile in forma autonoma. Personalmente ritengo che questa modalità operativa sia davvero geniale e una critica fortissima, violenta ed istrionica a tutto un sistema al quale gli artisti si devono piegare e al quale devono rendere conto per diventare riconoscibili.
- La sua critica, istrionica e beffarda appunto, al sistema dell'arte avviene in un momento nel quale in altre parti del mondo avvengono,
esattamente nello stesso momento, critiche al sistema dell'arte simili, seppur profondamente diverse: Broodthaers al sistema museale e Daniel Buren con le sue famose dispute all'interno dei musei. Attenzione, non sto paragonando Cavellini a questi artisti, ma semplicemente faccio notare le coincidenze temporali in termine di critica al sistema e di artisti che procedono lungo un percorso parallelo (ma molto differente sia nel linguaggio che negli obiettivi ed intenti). Spesso, ochio, queste coincidenze temporali non sono causali, o meglio, possono sembrarlo all'apparenza, ma a chi conosce come funzionano certe "strane" coincidenze nel mondo dell'arte devono almeno fischiare un poco le orecchie.
- Ricordo inoltre che
il MART di Rovereto (non un museo qualunque) aveva organizzato una personale sull'artista a 100 anni dalla sua nascita, nel 2014. Tale rassegna é stata cancellata ad 1 giorno dall'inaugurazione a causa di dispute tra gli eredi, ma il fatto stesso che un Museo come il Mart si sia interessato al suo lavoro é comunque un segnale di rilievo...