Risveglio Culturale II

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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Alessandro Celli

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erano due giorni infatti che brancolavo nel buio e non sapevo come fare OK!:yes:
 
Tempi andati
il Bar non esiste più:no:

Bar Craja, Milano,
progetto di L.Baldessari, G. Pollini, L. Figini, M. Nizzoli, F. Melotti, 1930

Carlo Belli, in La Casa quaderni di architettura e critica n.6
" I primi a giungere erano di solito i pittori Oreste Bogliardi, Mauro Reggiani e Umberto Lilloni...Più tardi arrivavano Peppino Ghiringhelli e Maria Cernuschi....Lucio Fontana...Atanasio Soldati...Sul tardi giungevano Pollini, distinto e riservato, Figini enfant ultraréchauffé della compagnia, entusiasta, stralucido, con una carica spirituale sempre potentissima.
Ogni tanto il sabato sera venivano giù da Como, Terragni, i pittori Rho e Radice, l'architetto Lingeri e il giovanissimo Cattaneo..."

:bye:
 

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Credo esistano stralci di storia dell'arte
che il mercato ha sotterrato:(

L'opera qui sotto
ritengo pochi
a prima vista
la leggano come di ......

LUIGI VERONESI :D

Che partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta d'Italia, il 4 marzo 1935 nello studio dei pittori Felice Casorati e Enrico Paolucci in Torino, con gli artisti Oreste Bogliardi, Cristoforo De Amicis, Ezio D'Errico, Lucio Fontana, Virginio Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Mauro Reggiani e Atanasio Soldati, i quali firmarono il "Manifesto della Prima Mostra Collettiva di Arte Astratta Italiana".

quei bei manifesti di cui da tempo non ve ne è traccia:no:
 

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Credo esistano stralci di storia dell'arte
che il mercato ha sotterrato:(

L'opera qui sotto
ritengo pochi
a prima vista
la leggano come di ......

LUIGI VERONESI :D

Che partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta d'Italia, il 4 marzo 1935 nello studio dei pittori Felice Casorati e Enrico Paolucci in Torino, con gli artisti Oreste Bogliardi, Cristoforo De Amicis, Ezio D'Errico, Lucio Fontana, Virginio Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Mauro Reggiani e Atanasio Soldati, i quali firmarono il "Manifesto della Prima Mostra Collettiva di Arte Astratta Italiana".

quei bei manifesti di cui da tempo non ve ne è traccia:no:

Quest'immagine mi ricorda un po' il "Light Prism" di Biasi visto ieri.
 
da pensarci un attimo...

Il pericolo è sempre piacere al pubblico più immediato che ti circonda, ti accetta, ti consacra infine e ti conferisce successo e il resto […] il pericolo essenziale è di arrivare a una specie di gusto, che sta nella ripetizione di una cosa già accettata, nell'abitudine […] che il gusto sia buono o cattivo non ha alcuna importanza […] l’arte può essere buona, cattiva, indifferente, ma, qualsiasi epiteto sia usato, dobbiamo chiamarla arte : arte cattiva è in ogni caso arte, come una cattiva emozione è comunque un’emozione.

Duchamp
 

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Maturità 2016: ecco le prove d’esame per i candidati

Scritto il 29 gennaio 2016 alle 11:05 da Redazione Finanza.com
Greco al liceo classico, matematica allo scientifico, discipline turistiche e aziendali negli istituti tecnici per il turismo.

Chissà se e quando tra le prove di maturità, almeno per il Liceo Classico o Scientifico (o altro, che ne so, ma non dico l'Artistico, li ci sarà già, spero) verrà inserita la Storia dell'Arte, cenerentola negli studi umanistici proprio in Italia, dove al posto della tradizione del romanzo abbiamo da sempre quella dell'affresco.
Fino a quando si uscirà dalle Superiori dovendo magari disquisire per le mezze ore sopra i capelli di Donna Prassede, ma senza dover render conto in sede maturità della propria conoscenza di Giotto, Michelangelo, e magari Segantini?
In tale situazione, è ovvio che tale materia rimanga una Cenerentola, almeno nei licei non di indirizzo artistico.
Di più: questo è il motivo per cui imperano critici tromboni e fighetti, il cui unico impegno è parlare difficile senza dire nulla, nascondendo così la propria profonda ignoranza NON della storia, per carità, NON dell'allocazione delle opere, per carità bis, ma proprio e soprattutto dei veri motivi, dei veri meccanismi attraverso i quali l'arte entra in noi e diventa vita. Specialisti che sanno tutto delle vene varicose del Maestro, ma di fronte all'opera non sanno che alzare gli occhi al cielo come la Santa Teresa qui sotto esclamando Oh qua, Oh là, bello su, incredibile giù.

E i ragazzi, già poco informati alla conoscenza, ma assolutamente non formati alla coscienza dell'arte, vagheranno nella vita come cani randagi pronti ad ubbidire al cenno del critico-padrone di turno.
Già escono a 18 anni non come teenager, ma come Reen Teen Teen-agers, cioè con la stessa coscienza, davanti alle opere, di un cane lupo di buona volontà.:o
(E per la musica è molto peggio). :mad:
 

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E i ragazzi, già poco informati alla conoscenza, ma assolutamente non formati alla coscienza dell'arte, vagheranno nella vita come cani randagi pronti ad ubbidire al cenno del critico-padrone di turno.

Bravo Gino, condivido pienamente
e se queste basi gli verranno a mancare saranno sempre ai piedi di un mercato dove la cultura, spesso, è un optional.
 

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da pensarci un attimo...

Il pericolo è sempre piacere al pubblico più immediato che ti circonda, ti accetta, ti consacra infine e ti conferisce successo e il resto […] il pericolo essenziale è di arrivare a una specie di gusto, che sta nella ripetizione di una cosa già accettata, nell'abitudine […] che il gusto sia buono o cattivo non ha alcuna importanza […] l’arte può essere buona, cattiva, indifferente, ma, qualsiasi epiteto sia usato, dobbiamo chiamarla arte : arte cattiva è in ogni caso arte, come una cattiva emozione è comunque un’emozione.

Duchamp

:ave:
 
Chissà se e quando tra le prove di maturità, almeno per il Liceo Classico o Scientifico (o altro, che ne so, ma non dico l'Artistico, li ci sarà già, spero) verrà inserita la Storia dell'Arte, cenerentola negli studi umanistici proprio in Italia, dove al posto della tradizione del romanzo abbiamo da sempre quella dell'affresco.
Fino a quando si uscirà dalle Superiori dovendo magari disquisire per le mezze ore sopra i capelli di Donna Prassede, ma senza dover render conto in sede maturità della propria conoscenza di Giotto, Michelangelo, e magari Segantini?
In tale situazione, è ovvio che tale materia rimanga una Cenerentola, almeno nei licei non di indirizzo artistico.
Di più: questo è il motivo per cui imperano critici tromboni e fighetti, il cui unico impegno è parlare difficile senza dire nulla, nascondendo così la propria profonda ignoranza NON della storia, per carità, NON dell'allocazione delle opere, per carità bis, ma proprio e soprattutto dei veri motivi, dei veri meccanismi attraverso i quali l'arte entra in noi e diventa vita. Specialisti che sanno tutto delle vene varicose del Maestro, ma di fronte all'opera non sanno che alzare gli occhi al cielo come la Santa Teresa qui sotto esclamando Oh qua, Oh là, bello su, incredibile giù.

E i ragazzi, già poco informati alla conoscenza, ma assolutamente non formati alla coscienza dell'arte, vagheranno nella vita come cani randagi pronti ad ubbidire al cenno del critico-padrone di turno.
Già escono a 18 anni non come teenager, ma come Reen Teen Teen-agers, cioè con la stessa coscienza, davanti alle opere, di un cane lupo di buona volontà.:o
(E per la musica è molto peggio). :mad:

Purtroppo è un discorso che riguarda anche, in parte, le Università.
Ormai la S.Teresa di riferimento è questa.
https://www.youtube.com/watch?v=j_A1fq7a55M
 
Stasera sto sul "difficile"
:shit:

Lungi dall’essere un meccanismo che si autoregola, se lasciato a se stesso il “mercato” crea concentrazione, premia la rendita e distrugge competizione.

LA SCENA ITALIANA DELL’ARTE
Assomiglia paurosamente a un’economia dipendente. Importiamo “brevetti” e licenze estere senza investire adeguatamente in cicli di apprendimento e “innovazione tecnologica”.
Sussistono logori monopoli interpretativi – Celant e Bonito Oliva per i decenni che vanno dai Sessanta agli Ottanta.
Accogliamo di buon grado la tesi patriarcale dell’“ignoranza” efficace.
E il criterio che adottiamo per promuovere l’arte italiana all’estero è quello, subalterno, dell’“esportabilità” – cioè dell’esaudimento delle aspettative delle comunità culturali dominanti, angloamericane o altro (la citazione è da Gioni). Così parla, nel mondo dell’impresa, non chi innova ma chi sceglie per sé il ruolo gregario del subfornitore. :D
Dove mai vogliamo andare, con quale forza e profondità, con simili gatekeepers?

Conformismo e approssimazione non pagano, mai: tantomeno nei territori della Grande Creatività.
È vero invece che l’arte italiana postbellica ha giocato un ruolo preminente a livello internazionale, in primo luogo tra secondi Cinquanta e primi Settanta, sinché gli artisti stessi, Burri e Fontana in primis (non i critici accademici; tantomeno i “curatori”), hanno saputo mantenere aperto un dialogo profondo e vitale, per niente convenzionale o superficialmente imitativo, con la grande arte del passato – un dialogo inventivo e resistente al tempo stesso.

LA DITTATURA DELL’EXPORT
Chiunque si occupi in modo professionale di arte contemporanea oggi in Italia è (o dovrebbe essere) costretto a muovere dal riconoscimento di una circostanza cruciale: l’affermazione di strategie via via più autoritarie di normalizzazione pro-export dell’attività degli artisti italiani nei decenni postbellici. Ogni altro trending topic è semplicemente irrilevante, o peggio. Non sono mancate manifestazioni di dissenso e insofferenza, anche se tacite o indirette – basti pensare a Manzoni e Fabro, Boetti e Cucchi, Paolini o De Dominicis, per non citare che i seniores.


“Per uno studio del nesso Centro|Periferia in campo artistico”, osservavano giustamente Carlo Ginzburg ed Enrico Castelnuovo nel 1979, “l’Italia appare un laboratorio privilegiato… In un’età in cui anche le bottiglie di Coca-Cola si configurano come segno tangibile di vincoli non solo culturali, il problema della dominazione simbolica, delle sue forme, delle possibilità e dei modi di contrastarla ci tocca inevitabilmente da vicino”.
La fiducia acritica nelle ragioni selettive del “commercio [artistico] internazionale” e l’assenza di adeguato riconoscimento o “protezione” dei processi endogeni allo stato iniziale – tra questi l’apprendimento dell’eredità culturale da parte delle più giovani generazioni nelle Accademie di Belle Arti – non possono mai avere effetti tonificanti o propulsivi sulla scena artistica locale.

E di fatto non li hanno avuti. Disorientano, incoraggiano l’astuzia e il mimetismo, distolgono dal rischio e dalla sfida individuale. Ostruiscono infine – ed è la conseguenza più grave – l’accesso immaginativo e emozionale a quelle opere-Madri che ci attendono qui e là, incuranti delle cronologie lineari della storia dell’arte, nell’ambito di una tradizione nativa di formidabile autorità e potenza.

UNA SOLUZIONE?
Per costruire una “learning society”, nell’arte contemporanea italiana, dobbiamo tornare a cose semplici e risolutive: e in primo luogo a “leggere” le immagini, tutte le immagini, non solo le elettive e canoniche, infrangendo l’infeconda cornice di prudenza, luogo comune o fuorviante dottrina entro cui troppo spesso le abbiamo imprigionate.

Michele Dantini

Fonte Artribune. Dal 2011 Arte Eccetera Eccetera

___________________________________:bye:
Giulio Paolini, Raphael Urbinas MDIIII, 1969
 

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Chissà se e quando tra le prove di maturità, almeno per il Liceo Classico o Scientifico (o altro, che ne so, ma non dico l'Artistico, li ci sarà già, spero) verrà inserita la Storia dell'Arte, cenerentola negli studi umanistici proprio in Italia, dove al posto della tradizione del romanzo abbiamo da sempre quella dell'affresco.
Fino a quando si uscirà dalle Superiori dovendo magari disquisire per le mezze ore sopra i capelli di Donna Prassede, ma senza dover render conto in sede maturità della propria conoscenza di Giotto, Michelangelo, e magari Segantini?
In tale situazione, è ovvio che tale materia rimanga una Cenerentola, almeno nei licei non di indirizzo artistico.
Di più: questo è il motivo per cui imperano critici tromboni e fighetti, il cui unico impegno è parlare difficile senza dire nulla, nascondendo così la propria profonda ignoranza NON della storia, per carità, NON dell'allocazione delle opere, per carità bis, ma proprio e soprattutto dei veri motivi, dei veri meccanismi attraverso i quali l'arte entra in noi e diventa vita. Specialisti che sanno tutto delle vene varicose del Maestro, ma di fronte all'opera non sanno che alzare gli occhi al cielo come la Santa Teresa qui sotto esclamando Oh qua, Oh là, bello su, incredibile giù.

E i ragazzi, già poco informati alla conoscenza, ma assolutamente non formati alla coscienza dell'arte, vagheranno nella vita come cani randagi pronti ad ubbidire al cenno del critico-padrone di turno.
Già escono a 18 anni non come teenager, ma come Reen Teen Teen-agers, cioè con la stessa coscienza, davanti alle opere, di un cane lupo di buona volontà.:o
(E per la musica è molto peggio). :mad:

Approvo in pieno, e aggiungo che, purtroppo anche che oggi, alcuni "Prof" di Brera... sono un disastro, e che la stessa Accademia galleggia pigramente, "a l'Italiènne" .. senza troppi sussulti.. ho una figlia che ci va, e quando penso agli studenti stranieri che arrivano qui dall'altra parte del mondo rimango un po' basito...siamo noi ad essere i soliti pessimisti/disfattisti ? Ho anche un'altra figlia: frequenta il Liceo Artistico della Villa Reale a Monza...dove sembra che ci sia un po' più di tensione...comunque... è veramente dura uscire dal mucchio, sia come docenti che come allievi... poi, da adulti, questi giovani si devono confrontare con un sistema, duro, cinico, che sembra interessato solo al potere e ai soldi... sia per quanto riguarda il mercato dell' Arte che per la "Società" in genere, sembra davvero che non ci sia più tensione, più ideali ...mah! Forse sono diventato vecchio, tutto qui...Saluti!
 
Buon per te!... Io ne avrei piene le palle...:bye:
 
Stasera sto sul "difficile"
:shit:

Lungi dall’essere un meccanismo che si autoregola, se lasciato a se stesso il “mercato” crea concentrazione, premia la rendita e distrugge competizione.

LA SCENA ITALIANA DELL’ARTE
Assomiglia paurosamente a un’economia dipendente. Importiamo “brevetti” e licenze estere senza investire adeguatamente in cicli di apprendimento e “innovazione tecnologica”.
Sussistono logori monopoli interpretativi – Celant e Bonito Oliva per i decenni che vanno dai Sessanta agli Ottanta.
Accogliamo di buon grado la tesi patriarcale dell’“ignoranza” efficace.
E il criterio che adottiamo per promuovere l’arte italiana all’estero è quello, subalterno, dell’“esportabilità” – cioè dell’esaudimento delle aspettative delle comunità culturali dominanti, angloamericane o altro (la citazione è da Gioni). Così parla, nel mondo dell’impresa, non chi innova ma chi sceglie per sé il ruolo gregario del subfornitore. :D
Dove mai vogliamo andare, con quale forza e profondità, con simili gatekeepers?

Conformismo e approssimazione non pagano, mai: tantomeno nei territori della Grande Creatività.
È vero invece che l’arte italiana postbellica ha giocato un ruolo preminente a livello internazionale, in primo luogo tra secondi Cinquanta e primi Settanta, sinché gli artisti stessi, Burri e Fontana in primis (non i critici accademici; tantomeno i “curatori”), hanno saputo mantenere aperto un dialogo profondo e vitale, per niente convenzionale o superficialmente imitativo, con la grande arte del passato – un dialogo inventivo e resistente al tempo stesso.

LA DITTATURA DELL’EXPORT
Chiunque si occupi in modo professionale di arte contemporanea oggi in Italia è (o dovrebbe essere) costretto a muovere dal riconoscimento di una circostanza cruciale: l’affermazione di strategie via via più autoritarie di normalizzazione pro-export dell’attività degli artisti italiani nei decenni postbellici. Ogni altro trending topic è semplicemente irrilevante, o peggio. Non sono mancate manifestazioni di dissenso e insofferenza, anche se tacite o indirette – basti pensare a Manzoni e Fabro, Boetti e Cucchi, Paolini o De Dominicis, per non citare che i seniores.


“Per uno studio del nesso Centro|Periferia in campo artistico”, osservavano giustamente Carlo Ginzburg ed Enrico Castelnuovo nel 1979, “l’Italia appare un laboratorio privilegiato… In un’età in cui anche le bottiglie di Coca-Cola si configurano come segno tangibile di vincoli non solo culturali, il problema della dominazione simbolica, delle sue forme, delle possibilità e dei modi di contrastarla ci tocca inevitabilmente da vicino”.
La fiducia acritica nelle ragioni selettive del “commercio [artistico] internazionale” e l’assenza di adeguato riconoscimento o “protezione” dei processi endogeni allo stato iniziale – tra questi l’apprendimento dell’eredità culturale da parte delle più giovani generazioni nelle Accademie di Belle Arti – non possono mai avere effetti tonificanti o propulsivi sulla scena artistica locale.

E di fatto non li hanno avuti. Disorientano, incoraggiano l’astuzia e il mimetismo, distolgono dal rischio e dalla sfida individuale. Ostruiscono infine – ed è la conseguenza più grave – l’accesso immaginativo e emozionale a quelle opere-Madri che ci attendono qui e là, incuranti delle cronologie lineari della storia dell’arte, nell’ambito di una tradizione nativa di formidabile autorità e potenza.

UNA SOLUZIONE?
Per costruire una “learning society”, nell’arte contemporanea italiana, dobbiamo tornare a cose semplici e risolutive: e in primo luogo a “leggere” le immagini, tutte le immagini, non solo le elettive e canoniche, infrangendo l’infeconda cornice di prudenza, luogo comune o fuorviante dottrina entro cui troppo spesso le abbiamo imprigionate.

Michele Dantini

Fonte Artribune. Dal 2011 Arte Eccetera Eccetera

___________________________________:bye:

Amen
 
Fiera di Bologna
Edizione 2016

la posso chiudere con questa roba qui?
:doh::doh:

nella tela a lato ci potevano mettere il Claudio, no?:D
 

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Notevole ed interessanteOK!

Per la prima volta in Italia
una mostra su Eadweard Muybridge
Le sue fotografie influenzarono gli Impressionisti:mmmm::eek:
]

:D

Chissà perché il Credito Valtellinese è andato sino a Padova per trovare chi gli scrivesse simili strafalcioni.
Ufficio Stampa Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
tel. +39 049.663.499 gestione2@studioesseci.net

Questi hanno copiato pari pari Wikipedia. Di proprio hanno aggiunto che lo studio di Degas sul movimento dei cavalli (uno dei suoi classici soggetti, ma non degli altri impressionisti - e comunque son quadri non particolarmente vicini all'Impressionismo) significa che Le sue fotografie influenzarono gli Impressionisti. Cioè, l'unico loro parto è questa frase, che rende assurdo il tutto - ma fa tanto richiamo, oh!
Ragazzi, se un mattone cade in testa a Dalì, non significa che tutto il Surrealismo va in ospedale :censored: :clap:
 
Stato
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