Alessandro Celli
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Talvolta ho avuto modo di dare cenno a questo immenso Artista
ma finalmente
grazie a Modernismi & Diego
ho pensato di dedicargli un suo 3D.
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Terzo ed ultimo figlio del poeta dialettale, chitarrista e professore di disegno Fernando Leonardi e di Giuseppina Magni, rimane orfano di padre all'età di tre anni. Di carattere ribelle e particolarmente indisciplinato, a quindici anni viene bocciato per la condotta all'Istituto tecnico; per reazione si isola e si trasferisce in soffitta, chiuso in un rancoroso silenzio. Qui comincia a scolpire blocchi di creta che il fratello Lionello (1904 - 1999) gli porta per confortare la sua solitudine. Non si limita a modellare, ma disegna e si appassiona alla storia dell’arte.
Studia all'Istituto d'arte di Perugia dal 1931 al 1935 e poi con Angelo Zanelli all'Accademia di belle arti di Roma. Nella capitale frequenta Libero de Libero (collega d’università del fratello Lionello), Corrado Cagli, Mirko, Afro, Renato Guttuso ed altri artisti contemporanei. Compie giovanissimo le prime esperienze artistiche all'interno della così detta scuola romana, seguendo con grande interesse soprattutto Scipione e Mario Mafai.
Nel 1939 si trasferisce a Umbertide dove sposa Maria Zampa, sua ex compagna di scuola, dalla quale avrà due figli Daniella e Leonetto. Entra in contatto con le Ceramiche Rometti, precedentemente dirette da Corrado Cagli, dove approfondisce il suo bagaglio di cognizioni tecniche; negli stessi forni realizza sculture di grandi dimensioni: l'Arpia (immagine), la Sirena e l'Ermafrodito, nell'insieme denominate i Mostri. Organizza fra gli operai della Rometti la prima cellula comunista di Umbertide.
Nel 1940, su invito di Gio Ponti, condivide con Salvatore Fancello una sala alla VII Triennale di Milano nell’ambito della Mostra della ceramica, dove espone le sue prime ceramiche cotte nei forni umbri e vince la Medaglia d'oro per le arti applicate.[5]. Le opere presentate: un ermafrodito fusolare, giallo, quattro busti rappresentativi delle quattro stagioni, tazze e accessori per servire il caffè e il tè.
Pubblica un Bestiario nel 1941, corredato da tavole litografiche di Fabrizio Clerici e una presentazione di Raffaele Carrieri.
Nel 1942 ritorna a Roma dove insegna plastica e decorazione all'Istituto statale d'arte fino al 1952; fra i colleghi ci sono Ettore Colla, Afro e Pericle Fazzini. L'anno successivo, in mostra collettiva con altri giovani artisti quali Toti Scialoja, Domenico Purificato, Giulio Turcato e Emilio Vedova, espone la serie dei Mostri presso la galleria La Cometa di Roma, ricevendo critiche lusinghiere.
La drammatica realtà della guerra lo spinge verso un più diretto impegno politico e sociale. Convinto antifascista, combatte per le forze partigiane affiliato alla Brigata Garibaldi "Francesco Innamorati" di Foligno[6] Stringe amicizie con giovani antifasciste attive in Umbria e a Roma, tra loro l'attrice Elsa De Giorgi. In questo periodo l’irruzione dei linguaggi "europei" influenza il suo stile che oscilla fra postcubismo e Picasso.
Nel 1944 a Roma, liberata dalle truppe alleate, realizza la Madre romana uccisa dai tedeschi (immagine), che si aggiudica il primo premio ex aequo per la scultura alla mostra L'arte contro la barbarie.[8] La mostra, sotto gli auspici de l’Unità, vuole denunciare le atrocità del fascismo e del nazismo. Leoncillo entra a far parte dell’organizzazione militare clandestina del Partito Comunista Italiano e nel settembre del 1944 tiene un comizio a San Lorenzo.
Nello stesso periodo collabora con i periodici romani La Settimana e Mercurio dove pubblica disegni per testi letterari e alcuni ritratti di attori famosi (Ruggero Ruggeri, Aldo Fabrizi, Gino Cervi, Andreina Pagnani, Elsa De Giorgi, Carlo Ninchi, i fratelli De Filippo, Dina Galli, Elsa Merlini, Paolo Stoppa, Evi Maltagliati, Umberto Melnati, Rina Morelli); notevole è infatti la sua attività di ritrattista, come testimoniano le opere Autoritratto (immagine) e Donata. Nell'immediato dopoguerra partecipa a numerose mostre collettive dove presenta sia sculture sia oggetti d'arte applicata, realizzati nel tentativo di rivitalizzare la tradizione artigianale italiana. A Roma nel 1945 espone Elementi per balaustra.
« Cito per tutti la balaustra di Leoncillo che è veramente un capolavoro. Più bello, secondo me, di un Della Robbia perché meno aulico, più bello e originale di un pezzo popolaresco perché più organizzato secondo un criterio di stile e di costruzione »
ma finalmente
grazie a Modernismi & Diego
ho pensato di dedicargli un suo 3D.
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Terzo ed ultimo figlio del poeta dialettale, chitarrista e professore di disegno Fernando Leonardi e di Giuseppina Magni, rimane orfano di padre all'età di tre anni. Di carattere ribelle e particolarmente indisciplinato, a quindici anni viene bocciato per la condotta all'Istituto tecnico; per reazione si isola e si trasferisce in soffitta, chiuso in un rancoroso silenzio. Qui comincia a scolpire blocchi di creta che il fratello Lionello (1904 - 1999) gli porta per confortare la sua solitudine. Non si limita a modellare, ma disegna e si appassiona alla storia dell’arte.
Studia all'Istituto d'arte di Perugia dal 1931 al 1935 e poi con Angelo Zanelli all'Accademia di belle arti di Roma. Nella capitale frequenta Libero de Libero (collega d’università del fratello Lionello), Corrado Cagli, Mirko, Afro, Renato Guttuso ed altri artisti contemporanei. Compie giovanissimo le prime esperienze artistiche all'interno della così detta scuola romana, seguendo con grande interesse soprattutto Scipione e Mario Mafai.
Nel 1939 si trasferisce a Umbertide dove sposa Maria Zampa, sua ex compagna di scuola, dalla quale avrà due figli Daniella e Leonetto. Entra in contatto con le Ceramiche Rometti, precedentemente dirette da Corrado Cagli, dove approfondisce il suo bagaglio di cognizioni tecniche; negli stessi forni realizza sculture di grandi dimensioni: l'Arpia (immagine), la Sirena e l'Ermafrodito, nell'insieme denominate i Mostri. Organizza fra gli operai della Rometti la prima cellula comunista di Umbertide.
Nel 1940, su invito di Gio Ponti, condivide con Salvatore Fancello una sala alla VII Triennale di Milano nell’ambito della Mostra della ceramica, dove espone le sue prime ceramiche cotte nei forni umbri e vince la Medaglia d'oro per le arti applicate.[5]. Le opere presentate: un ermafrodito fusolare, giallo, quattro busti rappresentativi delle quattro stagioni, tazze e accessori per servire il caffè e il tè.
Pubblica un Bestiario nel 1941, corredato da tavole litografiche di Fabrizio Clerici e una presentazione di Raffaele Carrieri.
Nel 1942 ritorna a Roma dove insegna plastica e decorazione all'Istituto statale d'arte fino al 1952; fra i colleghi ci sono Ettore Colla, Afro e Pericle Fazzini. L'anno successivo, in mostra collettiva con altri giovani artisti quali Toti Scialoja, Domenico Purificato, Giulio Turcato e Emilio Vedova, espone la serie dei Mostri presso la galleria La Cometa di Roma, ricevendo critiche lusinghiere.
La drammatica realtà della guerra lo spinge verso un più diretto impegno politico e sociale. Convinto antifascista, combatte per le forze partigiane affiliato alla Brigata Garibaldi "Francesco Innamorati" di Foligno[6] Stringe amicizie con giovani antifasciste attive in Umbria e a Roma, tra loro l'attrice Elsa De Giorgi. In questo periodo l’irruzione dei linguaggi "europei" influenza il suo stile che oscilla fra postcubismo e Picasso.
Nel 1944 a Roma, liberata dalle truppe alleate, realizza la Madre romana uccisa dai tedeschi (immagine), che si aggiudica il primo premio ex aequo per la scultura alla mostra L'arte contro la barbarie.[8] La mostra, sotto gli auspici de l’Unità, vuole denunciare le atrocità del fascismo e del nazismo. Leoncillo entra a far parte dell’organizzazione militare clandestina del Partito Comunista Italiano e nel settembre del 1944 tiene un comizio a San Lorenzo.
Nello stesso periodo collabora con i periodici romani La Settimana e Mercurio dove pubblica disegni per testi letterari e alcuni ritratti di attori famosi (Ruggero Ruggeri, Aldo Fabrizi, Gino Cervi, Andreina Pagnani, Elsa De Giorgi, Carlo Ninchi, i fratelli De Filippo, Dina Galli, Elsa Merlini, Paolo Stoppa, Evi Maltagliati, Umberto Melnati, Rina Morelli); notevole è infatti la sua attività di ritrattista, come testimoniano le opere Autoritratto (immagine) e Donata. Nell'immediato dopoguerra partecipa a numerose mostre collettive dove presenta sia sculture sia oggetti d'arte applicata, realizzati nel tentativo di rivitalizzare la tradizione artigianale italiana. A Roma nel 1945 espone Elementi per balaustra.
« Cito per tutti la balaustra di Leoncillo che è veramente un capolavoro. Più bello, secondo me, di un Della Robbia perché meno aulico, più bello e originale di un pezzo popolaresco perché più organizzato secondo un criterio di stile e di costruzione »