Sulla alterità dell'artista

HollyFabius

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Abbiamo, in altro 3D, citato la necessità e l'originalità come criteri per valutare (di fatto) le potenzialità di un artista.
Tralasciando il fattore mercato, ovviamente importante per il successo ma non per la propensione all'arte dell'uomo, il termometro che può indicare un livello di ricerca valida e con la potenzialità di lasciare una traccia ai posteri è basato su questi due concetti semplici da capire ma complicati da definire con concordia.
Sulla originalità penso che si possa facilmente comprendere e condividere il fatto che l'interesse di una ricerca artistica nasce là dove oltrepassa i limiti del già percorso (se ne è parlato spesso qui nel forum).
Legati alla comprensione e riconoscimento della originalità vi sono le posizioni di molti che ricordano come sia necessario studiare la storia dell'arte per conoscere e riconoscere la cifra stilistica originale, per comprendere il valore intrinseco di un autore.
Non voglio qui però parlare di questo (che condivido), di cui abbiamo parlato spesso, e di cui si trovano interventi qui nel forum sin dalla sua nascita, anche se in realtà vorrei poi in seguito ragionare sulla generale confusione di come il processo di riconoscenza della particolare cifra stilistica venga spesso sostituito dalla sola ricerca di tracce storiche.
Qui vorrei invece porre l'attenzione al concetto di necessità dell'uomo artista nel suo fare arte. In particolare mi piacerebbe discutere e sentire le vostre opinioni sulle cause di questa necessità.
Insomma cosa spinge un uomo verso la necessità di fare arte?
La spinta interiore nasce sempre da cause imperscrutabili, da incomprensibili fattori endogeni?
Nell'analisi fenomenica, non del fattore artistico in sé, non nel prodotto dell'arte ma nella causa di questo fattore si possono elencare e analizzare perlomeno alcuni fattori razionali comprensibili.
Personalmente, e ne ho parlato in passato, penso che si possa supporre una differente sensibilità dell'uomo artista alla realtà circostante.
Comprendo una prima obiezione legata alle potenzialità dell'arte contemporanea di natura puramente concettuale e quindi 'esente' da un ragionamento basato sui sensi (sulla sensibilità in senso stretto).
Io però mi riferisco ad una sensibilità più ampia che coinvolge l'attività intellettuale del singolo, considerando questa un senso che si sviluppa e si trasforma nel tempo e nel passaggio delle generazioni. Propendo insomma per una teoria evolutiva darwiniana con una spruzzata di lamarckismo.
Dopo questa sintetica (e quindi forse tortuosa) premessa arrivo al punto della questione di cui volevo parlare.
Può (e in che misura incide) un'alterazione fisica sensibile essere causa (o una componente che determina la tipologia di causa) della necessità di fare arte?
Il caso eclatante è ovviamente quello di Van Gogh, cui si ritiene la predilezione per il giallo dovuta ad un eccesso all'abuso di un liquore tossico.
L'assenzio era la droga per eccellenza di molti pittori impressionisti.
Scrive Giuseppe De Rosa
"Secondo uno studio recente del neurologo australiano prof. Noel Dan, alcuni dei grandi capolavori impressionisti potrebbero essere stati tecnicamente influenzati dalla miopia avanzata di maestri quali Monet, Cezanne e Renoir. Il difetto visivo li avrebbe costretti ad osservare la realtà in modo confuso e a focalizzare meglio i colori più accesi, quali il rosso e il giallo. Per cui la straordinaria invenzione stilistica dell'impressionismo, la sua velata rappresentazione degli oggetti, la predominanza dei colori più vivaci verrebbero spiegate dalla miopia e dal testardo rifiuto di alcuni pittori a portare gli occhiali. Fra questi Pierre-Auguste Renoir che dal 1898 fu anche colpito da un'artrite deformante che lo costrinse a dipingere col pennello legato alla mano fino alla morte, avvenuta nel 1919."
Ma esistono casi di alterazione dei sensi non dovuta a droghe ma congenite, per esempio penso alle varie forme di daltonismo, oppure alla sinestesia.
Possono differenze nella vista o negli altri organi di senso porre l'uomo nella condizione di dover esprimere una propria idea della realtà (istintivamente diversa)?
E' evidente che le differenze incidono sulla forma espressiva, ma possono incidere anche nella forma di necessità?
La voglia di affermazione, di farsi ascoltare possono dipendere e in che misura dalle differenze congenite?
 
Ultima modifica:
Trovo che le tue osservazioni e gli argomenti che poni in discussione siano sempre interessanti ed intriganti. Non ho gli strumenti culturali per intervenire in argomento ma osservo come gli artisti quelli veri siano sempre border line. In molti casi le alterazioni fisiche hanno comportato delle espressioni artistiche suggestive che, forse, non si sarebbero realizzate. È' un argomento che merita un contributo di discussione.
Grazie.
:clap::clap:
 
La necessità e la spinta.
Il concetto di arte e del suo prodotto, sono talmente relativi, che o prendi in considerazione esclusivamente opere e artisti storicamente riconosciuti come tali, o finisci per trovare risposte poco originali nel tentativo di fissare dei riferimenti.
In questo caso, la inevitabile conclusione è che l'artista può essere spinto dalle stesse motivazioni di qualsiasi altra attività e professione: talento e predisposizione naturale, brama di successo, bisogno di sbarcare il lunario, spirito di emulazione, tradizione familiare...e chi più ne ha più ne metta.
 
Io dipingo per necessitá fisica. Devo liberare l'energia che si accumula dentro di me. Ho bisogno di farlo e quando chiudo un lavoro sono mentalmente esausto. Talvolta, per altri impegni o per semplice carenza di tempo, sono costretto ad interrompere un lavoro e a sospendere quello scorrere di sensazioni che mi attraversano quando dipingo. Ecco, in quei casi, la tela rimane incompiuta per molto tempo. Anche anni. Quando posso riprendere in mano un pennello, infatti, la necessitá di scaricare nuova energia mi porta naturalmente a ricominciare da capo e a fare qualcosa di diverso. Sarò pazzo... :mmmm::mmmm: ma chissenefrega. Sto bene cosí.:D:D
 
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Dopo questa sintetica (e quindi forse tortuosa) premessa arrivo al punto della questione di cui volevo parlare.
Può (e in che misura incide) un'alterazione fisica sensibile essere causa (o una componente che determina la tipologia di causa) della necessità di fare arte?
Il caso eclatante è ovviamente quello di Van Gogh, cui si ritiene la predilezione per il giallo dovuta ad un eccesso all'abuso di un liquore tossico.
L'assenzio era la droga per eccellenza di molti pittori impressionisti.
Scrive Giuseppe De Rosa
"Secondo uno studio recente del neurologo australiano prof. Noel Dan, alcuni dei grandi capolavori impressionisti potrebbero essere stati tecnicamente influenzati dalla miopia avanzata di maestri quali Monet, Cezanne e Renoir. Il difetto visivo li avrebbe costretti ad osservare la realtà in modo confuso e a focalizzare meglio i colori più accesi, quali il rosso e il giallo. Per cui la straordinaria invenzione stilistica dell'impressionismo, la sua velata rappresentazione degli oggetti, la predominanza dei colori più vivaci verrebbero spiegate dalla miopia e dal testardo rifiuto di alcuni pittori a portare gli occhiali. Fra questi Pierre-Auguste Renoir che dal 1898 fu anche colpito da un'artrite deformante che lo costrinse a dipingere col pennello legato alla mano fino alla morte, avvenuta nel 1919."
Ma esistono casi di alterazione dei sensi non dovuta a droghe ma congenite, per esempio penso alle varie forme di daltonismo, oppure alla sinestesia.
Possono differenze nella vista o negli altri organi di senso porre l'uomo nella condizione di dover esprimere una propria idea della realtà (istintivamente diversa)?
E' evidente che le differenze incidono sulla forma espressiva, ma possono incidere anche nella forma di necessità?
La voglia di affermazione, di farsi ascoltare possono dipendere e in che misura dalle differenze congenite?

Mi soffermo su questo punto, che pare il principale.
Quando si voglia trovare un rapporto di causa-effetto, occorre chiarire come si svolgono/svolgerebbero le cose nella norma e indi trovare per quale fatto inframmezzatosi le cose siano andate diversamente.
Per esempio, la norma mi dice che la pallina cade sino al suolo verticalmente. Se devia lateralmente, vado a vedere che ci sia "in mezzo" e trovo, per esempio, che c'è stato un forte soffio di vento (o di pompa): a quel punto il vento è "causa" della deviazione dalla norma della caduta verticale.
Il rubinetto non butta più, guardo e trovo che è gelata l'acqua: la temperature è causa ecc ecc.

Nel caso specifico, occorrerebbe ipotizzare che in mancanza di problemi fisici, o simili, un pittore creerebbe sempre secondo parametri già ben definiti, e mi pare assurdo.
Inoltre, occorrerebbe fornire prove del contrario: tutti i pittori con buona vista si applicarono al dettaglio scrupoloso, i miopi renitenti agli occhiali sempre invece autori di roba sfocata ...

La cosa sarebbe magari meglio ipotizzabile all'interno della "carriera" di uno stesso artista: la miopia aumentò ed ecco che certe caratteristiche appaiono. Ma questa medicalizzazione dell'arte, cui non sarei a priori contrario, trova il suo limite proprio nella considerazione che sempre nel dipinto abbiamo traccia dello stato muscolare stesso del suo autore, addirittura in modo irriflesso, per cui ogni ritratto, soprattutto se non particolarmente approfondito, tende ad essere un po' l'autoritratto stesso del pittore - con le dovute varianti. Ma allora occorrerebbe arrivare a definire, chessò, La città che sale di Boccioni come espressione di una qualche patologia, visto che presenta molti aspetti di novità che rompono le vecchie regole. O magari ipotizzare una grave forma di artrosi progressiva per Mondrian :D, un Parkinson per Cy Twombly :rotfl::rotfl:, una grave miopia per Music, che invece ci vedeva benissimo.
Abbiamo poi l'esempio di Munch, praticamente un alcolizzato: che avrebbe fatto se non avesse bevuto, figurine rigide alla Delvaux? Non scherziamo, una cosa è il rapporto artista/arte+suo corpo, altro è un rapporto di causa effetto tra patologia e oggetto artistico.
Non ho dubbi che si possa trovare un rapporto tra i loro quadri e le caratteristiche particolari di alcuni artisti, come la calcolosi di Degas, l'omosessualità di Bacon, l'instabilità emotiva di Arshille Gorki, la devozione cattolica di Denis, il monoculismo di Burliuk, la bassa statura di Boldini, la patologia alle gambe di Tolouse Lautrec. Embè? Non si tratta di rapporti di causa-effetto, ma solo di alcuni aspetti tra i moltissimi che entrano in gioco nella creazione artistica di questi autori.

aggiunta pro veritate

Hai esplicitato benissimo in ragionamenti, e le domande, comuni alle persone assennate e in buona fede...

...io ho avuto la ventura , qualche settimana fa, di vedere censurato un mio post di analogo tenore...
tu invece hai ricevuto una non-risposta (ovvio che qua il cosiddetto diritto alla “privacy” non c’entra proprio nulla, ma tu lo sai meglio di me )

ti dico la mia idea:
la vicenda iniziò come una azione diretta a screditare, mettendolo in ridicolo, questo forum,
mostrandone gli utenti come degli ingenui babbei, disposti a credere a qualsiasi fandonia si racconti loro, dopo averne ottenuto il coinvolgimento emotivo,
mentre invece l’immagine che la gran parte degli utenti vuole dare di se stesso, è quella di un esperto e astuto collezionista...
infine poi, per il ruolo di messaggero della finale “notizia” della morte, fu scelto un moderatore (per i motivi che tu hai già evidenziato)
che fu perlomeno ingenuo se non si domandò il perché della richiesta di non fare il nome di chi gli dava la “notizia”,
e che mancò di rispetto, nei confronti di tutti gli utenti,
divulgando la “notizia” senza verificarla, agli utenti che avrebbero dovuto creder a tutto senza fare domande, pena la censura dei loro post...

P.S. leggete in fretta ! ho scritto in orario notturno apposta, che anche questo post sarà presto censurato !
Saluti a tutti
Adriano.Meis
26\11\2020
 
Ultima modifica di un moderatore:
E io che pensavo di avere una buona dialettica.
Grazie Gino, hai espresso con parole che vorrei fossero state mie, un concetto che condivido totalmente e forse non sono riuscito a manifestare.
 
Che ci siano in alcuni individui dei "difetti" nel percepire il mondo esterno questo è un fatto innegabile.I daltonici esistono, i maniaco-depressivi esistono, coloro che hanno alcune distorsioni visive esistono ecc ecc.Però ciò non deve essere confuso come un "arma" che posseggono gli artisti per fare arte "nuova".Molti artisti sono normalissime persone che però hanno fatto arte sublime, mentre ci sono persone che non fanno arte e mai la faranno perchè negatissimi, che però hanno gli stessi problemini detti sopra.
Dunque certe anomalie possono in un certo modo far si che un'artisti che ne sia il portatore si estrinsechi artisticamente in modo differente da coloro che tali anomalie non hanno e ciò inevitabiolmente si ripercuote sulla loro arte.Ma non è questo il fattore predominante che fa si che l'artista possa poi eccellere anzi, secondo me questo è un limite cui deve ogni giorno l'artista che lo sta subendo deve cercare di sorpassare oppure essere almeno consapevole che quando sta dipingendo un giallo in realtà è un rosso perchè ha difetti percettivi:Dpoi magari su quelli ci sgazzerà dentro, ma deve esserne consapevole e avolte non è una bella cosa.
Altra cosa son le droghe e l'alcool.
E' rispatuto che lo stress da palcoscenico induce molti artisti ad utilizzare certe sostanze "calmanti" e soprattutto quando la celebrità si fa sentire molto.In questi casi è quasi una protezione dal pubblico il volersi estranare dal chiasso del pubblico e entrare a contatto con se stessi, chiusi in un proprio limbo.La droga e l'alccol fanno questo ma distruggono spessissimo chi ne fa uso.Di esempio ne potrei fare centinaia ma li sappiamo tutti.
La dilatazione delle facoltà cerebrali indotte dall' lsd o dal fumo di marja e giovanna:D sono favole.In realtà l'uso di droghe , non per niente si chiamano allucinogene, ti fa credere di far grandi cose ma in realtà fai solo delle schifezze e le faresti meglio senza l'uso di quella robaccia.Però poi la sensazione che ti danno queste droghe o l'alcool piace, ma non a livello creativo, piace e basta e dunque si finisce per essere tossici ma sicuramente è un'aspetto peggiorativo della propria abilità artistica.Magari un pò più di creatività con quelle sostanze ma ppoi sul lato pratico...son dolori.Meglio evitarle.
Poi c'è una droga ancor peggiore di quelle dette sopra: la voglia di arrivare.Questa ti fa davvero fare cose assurde.Ma esulerei dal discorso quindi la chiudo subito qui.
In sostanza secondo me l'artista così nasce, a prescindere da distorsioni varie siano esse naturali o artificiali.E' una specie di vocazione, si sente dentro questo impulso a creare.Non so da dove nasca ma lo si sente e se qualcuno lo sente irrefrenabilmente prima o poi si cimenterà in cose artistiche.Se poi faccia successo o la faccia sul cesso, questo dipende da mille altri fattori, tra cui l'incompetenza di certi ricchissimi collezionisti, ma già se n'è discusso.;)
Sul fatto poi dell'originalità di un'opera d'arte credo che mai come oggi questa inutile e continua ricerca del nuovo abbia affossato la vera arte.Non lo penso solo io.;)
 
L'argomento posto da Holly, come già espresso, è meritevole di approfondimento. Mi sembra che le posizioni fin qui espresse abbiano escluso la relazione di causa/effetto. Porto come contributo alla discussione una esperienza di un artista che frequenta stabilmente una casa di cura per malattie mentali. Lui assiste i degenti applicando le sue capacità tecniche in modo da consentire ad alcuni di applicarsi nell'arte di dipingere. Mi ha riferito di risultati in qualche caso sorprendenti anche se esclude che tali risultati abbiano relazione con la malattia.
 
Però, c'è un però...A volte, raramente, accade che certe facoltà mentali, non proprio delle malattie, ma diciamo delle situazioni fisico-cerebrali un pò alterate possano contribuire alla creazione di un qualcosa di poco esplorato proprio perchè di tali facoltà poche persone posseggono e le opere d'arte create sotto questi "influssi" sono diverse dalla norma.Però poi va anche detto che non devono essere associate alla "novità" ma semmai ad un tipo di arte che viene eseguita secondo certi parametri che solo chi ha quelle "facoltà" può realizzare.Però poi la domanda seguente è: ma chi non ha quelle facoltà può capire quel tipo di arte? Secondo me no, oppure si, ma andrebbe spiegato il modo in cui andrebbe guardata.Discorso difficile Holly.;)
A mio avviso l'arte non va spiegata tranne quella troppo cerebrale.Quella cui mi riferisco io non è del tipo, concettual ti spiego io che tu non capisci un c azzo.No non è così, dunque mi dileguo:D:D a volte le parole non servono e sono in più.
 
Scavando nella memoria mi sono ricordato di avere letto di una teoria che asseriva come l'espressione artistica di Modigliani fosse da mettere in relazione al suo astigmatismo. Prendetela come confuso ricordo.
 
Il quesito riguardava la necessità, non l'interpretazione delle opere.
 
E cosa mi dite di Frida Kahlo ?
Ha riportato nella sua arte il dolore fisico di una vita.
Come sarebbe stata la sua arte se avesse vissuto una vita normale, senza provare quotidianamente la sofferenza anche interiore ?
Cosa avrebbe rappresentato ?
 
E cosa mi dite di Frida Kahlo ?
Ha riportato nella sua arte il dolore fisico di una vita.
Come sarebbe stata la sua arte se avesse vissuto una vita normale, senza provare quotidianamente la sofferenza anche interiore ?

E se non avesse sposato Rivera? E se fosse nata in Germania? E se fosse stata un maschio? E se avesse avuto le orecchie grandi un metro?
Come sottolinea johann_neskeens il problema è porre un rapporto di causa-effetto tra condizione (+ o - svantaggiante) e opera.
Così come non si riesce certo a trovare un sicuro rapporto di questo tipo in senso negativo (tipo Monet miope, come nell'esempio di Holly, così occorre evitare un riferimento di causa-effetto anche quando i dati virano sul positivo (tipo Denis era innamorato della moglie e la ritrasse innumerevoli volte. Embè? Felice lui, ma che la cosa abbia influito sulla sua grandezza non è certo, soprattutto in che senso).
Se vuoi legare i risultati della Kahlo al suo dolore, padronissima: ma non ponendo una stretta relazione causa-effetto, bensì considerando la cosa come un elemento di un giro assai più ampio e complesso. La comprensione di una biografia non si fa per cause ed effetti, ma per comprensione delle tendenze individuali viste in rapporto con i tempi e i luoghi in cui l'autore visse, e soprattutto senza determinismi: stiamo mica parlando di bollire l'acqua o misurare quanti chili pesasse Rivera (tanti :D )
 
Ogni opera nasce da una necessità, non fosse altro quella di fare soldi o di acquisire fama o successo. :D

Ma proprio qui sta il punto: qual'è il tipo e il grado di necessità, qual'è l'urgenza, il bisogno che spinge, stimola, muove una persona a fare una determinata cosa come un dipinto, una scultura, una performance, ecc.:yes:

Nel mio lavoro ho incontrato negli anni 70 molte persone "internate o semi-internate" con disagio psichico o disabilità.

Per loro il disegnare e il dipingere era l'unico modo di esistere, di comunicare, di esternare i propri sentimenti, la felicità o il disagio.:wall:

Persone con difficoltà ad esprimersi con il linguaggio verbale o gestuale attraverso segni, forme, colori spesso ripetuti ossessivamente trovavano una via d'uscita ad una condizione altrimenti insopportabile per chiunque.
In questo caso, l'estrema necessità catalizzava una forza tale che faceva sì che quei segni, quelle forme e colori assumessero un'energia e una bellezza intensa.
 
E se non avesse sposato Rivera? E se fosse nata in Germania? E se fosse stata un maschio? E se avesse avuto le orecchie grandi un metro?
Come sottolinea johann_neskeens il problema è porre un rapporto di causa-effetto tra condizione (+ o - svantaggiante) e opera.
Così come non si riesce certo a trovare un sicuro rapporto di questo tipo in senso negativo (tipo Monet miope, come nell'esempio di Holly, così occorre evitare un riferimento di causa-effetto anche quando i dati virano sul positivo (tipo Denis era innamorato della moglie e la ritrasse innumerevoli volte. Embè? Felice lui, ma che la cosa abbia influito sulla sua grandezza non è certo, soprattutto in che senso).
Se vuoi legare i risultati della Kahlo al suo dolore, padronissima: ma non ponendo una stretta relazione causa-effetto, bensì considerando la cosa come un elemento di un giro assai più ampio e complesso. La comprensione di una biografia non si fa per cause ed effetti, ma per comprensione delle tendenze individuali viste in rapporto con i tempi e i luoghi in cui l'autore visse, e soprattutto senza determinismi: stiamo mica parlando di bollire l'acqua o misurare quanti chili pesasse Rivera (tanti :D )
Torniamo a quello che ho sempre sostenuto: nessuno sapra' mai la verita'
Possiamo farci mille film, ma la verita' la conosce l'artista
 
Torniamo a quello che ho sempre sostenuto: nessuno sapra' mai la verita'
Possiamo farci mille film, ma la verita' la conosce l'artista

Verissimo, brava arcange.Inoltre capita, almeno a me capita, che a volte non sei tu a fare quel lavoro artistico, è come se ti vedessi dall'alto all'opera ma che la tua mente fosse scollegata, assente e tutto avvenisse quasi in automatismo.Come se un'altra persona si mettesse a fare dei lavori artistici e tu sia semplicemente il mezzo, il corpo, la struttura materica cui quest'ispirazione prende forma.Ma non sai da dove venga, sai solo che devi fare quella cosa.Poi, a cosa ultimata, ti rendi conto che è venuta bene...o male, ma non c'entra, non sei stato tu.Allora chi è stato? Fuori i nomi!!! Adesso voglio sapere chi è stato.Da qui non esce nessuno sinchè non mi si dice chi è stato.Quel maledetto!!! :D:D:D
 
Una veloce (nelle intenzioni :D) precisazione per johann_n e gino.
Non volevo affatto porre l'attenzione sulla causa/effetto.
Il fumo uccide non è scritto sulle sigarette perché ogni sigaretta fumata porta alla morte, il non bere prima di guidare non salva la vita.
Però è indubbio che evitare il fumo aumenta le probabilità di evitare il cancro ai polmoni e il bere aumenta le probabilità di fare un incidente.
In questi casi, pur non essendo diretto (il rapporto di causa effetto) questo esiste sicuramente.
Ma non era questo rapporto il punto centrale della mia riflessione.

Per me è fuor di dubbio che la diversa capacità percettiva, la diversa sensibilità primaria può aiutare, veicolare un approccio diverso 'anormale' anche nella ricerca estetica. Fossimo forniti di 7 dita per mano suoneremmo il pianoforte e la chitarra diversamente.
Probabilmente creeremmo chitarre con più corde e avremmo quasi certamente una relazione con la musica (e con gli accordi) diversa.
Avessimo un udito capace di captare una soglia uditiva più bassa o più alta, di quella che in realtà abbiamo, ci metterebbe nella condizione di assorbire e creare musica diversa.
Avessimo una vista capace di scendere sotto i 400nm ci offrirebbe uno strumento di comprensione della natura del colore diverso da quello che abbiamo.
Questa osservazione è a mio modo di pensare scontata (forse anche banale), gli strumenti che aumentano le nostre capacità percettive cambiano il nostro modo di intendere il mondo. Ai tempi di Leonardo c'era chi si rifiutava di guardare attraverso il cannocchiale per non venire 'ingannato' ma non credo che nessuno oggi metta in dubbio la realtà dall'altra parte del cannocchiale. Per l'uomo vi sono strumenti esterni prodotti dal suo ingegno e sensi che si suppone immutabili.
Ma siamo sicuri che i sensi dell'uomo non possano nel tempo, e al passare delle generazioni, cambiare?
La sensibilità primaria, per capirci, è quella che deriva direttamente dai sensi (la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto, l'udito).
Ma esiste anche una sorta di sensibilità secondaria, indiretta, la percezione mentale che dipende dalla sensibilità primaria ma alla quale ognuno aggiunge una componente che deriva dalla sua natura individuale.

Ecco perché, a mio parere, il nodo centrale del mio discorso erano altre due cose.
La prima è il riconoscere o meno la percezione mentale come sensibilità secondaria e alterabile (in parte ovviamente) dalla alterazione delle sensibilità primarie.

La seconda è concepire una evoluzione umana anche attraverso una modifica delle sensibilità (sia primaria che secondaria) di generazione in generazione.

Sulla necessità invece sinceramente non penso di dire nulla di trascendentale affermando che per alcuni l'arte è una necessità, è una pulsione, un desiderio di espressione, un tentativo di affermazione, un modo di parlare in un linguaggio non verbale.
Non lo vedo come una ricerca della anormalità, tutt'altro, io credo che sia anormale credere che tutti partano dalle stesse sensibilità naturali e che l'arte sia solo un descrivere e condividere.
 
Una veloce (nelle intenzioni :D) precisazione per johann_n e gino.
Non volevo affatto porre l'attenzione sulla causa/effetto.
Il fumo uccide non è scritto sulle sigarette perché ogni sigaretta fumata porta alla morte, il non bere prima di guidare non salva la vita.
Però è indubbio che evitare il fumo aumenta le probabilità di evitare il cancro ai polmoni e il bere aumenta le probabilità di fare un incidente.
In questi casi, pur non essendo diretto (il rapporto di causa effetto) questo esiste sicuramente.
Ma non era questo rapporto il punto centrale della mia riflessione.

Per me è fuor di dubbio che la diversa capacità percettiva, la diversa sensibilità primaria può aiutare, veicolare un approccio diverso 'anormale' anche nella ricerca estetica. Fossimo forniti di 7 dita per mano suoneremmo il pianoforte e la chitarra diversamente.
Probabilmente creeremmo chitarre con più corde e avremmo quasi certamente una relazione con la musica (e con gli accordi) diversa.
Avessimo un udito capace di captare una soglia uditiva più bassa o più alta, di quella che in realtà abbiamo, ci metterebbe nella condizione di assorbire e creare musica diversa.
Avessimo una vista capace di scendere sotto i 400nm ci offrirebbe uno strumento di comprensione della natura del colore diverso da quello che abbiamo.
Questa osservazione è a mio modo di pensare scontata (forse anche banale), gli strumenti che aumentano le nostre capacità percettive cambiano il nostro modo di intendere il mondo. Ai tempi di Leonardo c'era chi si rifiutava di guardare attraverso il cannocchiale per non venire 'ingannato' ma non credo che nessuno oggi metta in dubbio la realtà dall'altra parte del cannocchiale. Per l'uomo vi sono strumenti esterni prodotti dal suo ingegno e sensi che si suppone immutabili.
Ma siamo sicuri che i sensi dell'uomo non possano nel tempo, e al passare delle generazioni, cambiare?
La sensibilità primaria, per capirci, è quella che deriva direttamente dai sensi (la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto, l'udito).
Ma esiste anche una sorta di sensibilità secondaria, indiretta, la percezione mentale che dipende dalla sensibilità primaria ma alla quale ognuno aggiunge una componente che deriva dalla sua natura individuale.

Ecco perché, a mio parere, il nodo centrale del mio discorso erano altre due cose.
La prima è il riconoscere o meno la percezione mentale come sensibilità secondaria e alterabile (in parte ovviamente) dalla alterazione delle sensibilità primarie.

La seconda è concepire una evoluzione umana anche attraverso una modifica delle sensibilità (sia primaria che secondaria) di generazione in generazione.

Sulla necessità invece sinceramente non penso di dire nulla di trascendentale affermando che per alcuni l'arte è una necessità, è una pulsione, un desiderio di espressione, un tentativo di affermazione, un modo di parlare in un linguaggio non verbale.
Non lo vedo come una ricerca della anormalità, tutt'altro, io credo che sia anormale credere che tutti partano dalle stesse sensibilità naturali e che l'arte sia solo un descrivere e condividere.

Qui sfondi un reticolato aperto :D
Ho imparato col tempo quanto sia puerile paragonare l'uomo d'oggi a quello di 500, 2000, 10.000 anni fa.
Oggi qualunque bambino delle medie ne sa più di Pitagora e Talete messi assieme (ma solo grazie proprio a loro).
La sensibilità evolve con le conoscenze, i mezzi (tecnica) e l'ambiente (città, automobili ecc).
Addirittura certi cambiamenti sembrano come portati automaticamente e miracolosamente nei cervelli di chi pur vive da estraneo in mondi ultraarretrati.

Si pensa diversamente, si hanno attese diverse e, ovviamente, si sente diversamente. Oggi - non ieri - ci si differenzia e ci si individualizza profondamente.
Insomma, il mondo cambia, si evolve, è invecchiato e, nelle arti figurative, ha pure l'Alzheimer :p
 
Aggiungo che in un mondo di orbi il vedente bioculare è considerato un criminale. I ragazzi oggi - ma anche i 40enni, si sono rovinati l'udito in discoteca, ma pretenderebbero di imporre la validità del loro assassino (il rock & simili) a chi se ne è tenuto ben lungi salvandosi udito e gusto. :cool:

:p generalizzato
 
Per quel che riguarda i tempi attuali, l'unica motivazione che spinge ad imbrattare tele o scolpire sgorbi e similia è che tutto ciò, è meglio che andare a lavorare...tanto un pippibaudi che me li vende lo trovo sempre!!!
 
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