Emilio Prini

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Dalle annotazioni mistiche di Boetti alle annotazioni perimetrali e spaziali di Prini, il passo è breve. Una stanza è e risuona di quattro angoli, un uomo si blocca in un passo da un metro, il pavimento diventa scalino, la sedia è un’immagine piatta sorretta da una sedia, ogni gesto di Prini si conclude nel presentarsi. Il dominio passa all’uomo dagli “enne” sensi.

Da ''ARTE POVERA - APPUNTI PER UNA GUERRIGLIA'' di Germano Celant del 23-11-1967 - Articolo pubblicato su Flash Art.

ARTE POVERA - Dettaglio articolo - Flash Art

Tra apertura e chiusura: il principio di Caosmosi è legato alla figura misteriosa e affascinante di Emilio Prini

''Tra azione e inazione, tra il fare e l'astensione dal fare. È un principio che appartiene a ogni sistema caotico che, secondo l'epistemologia, ha alcune qualità minime: la sensibilità alle condizioni iniziali, ovvero capacità di trasformazione sulla base del contesto in cui si verifica; l'imprevedibilità. Sulla linea del confronto che sembra instaurarsi tra Caosmosi e la produzione estetica fatta dal Caos, si pone l'opera di Emilio Prini, senz'altro uno degli artisti che in modo più puntuale hanno, attraverso il proprio lavoro, interpretato quel processo di immedesimazione tra opera e artefice....''

Emilio Prini - Dettaglio articolo - Flash Art
 
Altro Artista difficile e di rara reperibilità.

Che in analogia a Piacentino
adoro:bow:
 

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del resto soltanto un pazzoide come me
può apprezzare una roba del genere:D

checivoletefar:boh::boh:
 

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del resto soltanto un pazzoide come me
può apprezzare una roba del genere:D

checivoletefar:boh::boh:

Sai cosa amo di Prini, oltre le opere storiche dell'Arte Povera?

Le fotocopie dei disegni: Prini creava un piccolo disegno, lo fotocopiava e poi distruggeva il disegno.
La fotocopia era l'unica testimonianza dell'esistenza del disegno.

Vabbeh....sogno un pochino....:'(:wall:

Si vede che entrambi siamo strani.:D:p
 
Caro mio.

Più volte ho scritto che l'arte povera si ferma agli inizi degli anni ottanta.

In fondo ho questa "fisima":wall: in quanto quei grandi Artisti erano tutti (quasi tutti, a dire il vero:cool:) abbastanza poveri e cavalcarono una magnifica esperienza negli anni sessanta e settanta sovvenzionandosi mostre ed eventi, con volantini, carta stampata anche fronte e retro, per risparmiare.

Il concetto e l'etica era pura, finché ...
vabbè
poi diventarono diciamo un pò meno poveri, rimanendo dei "poveristi"
ma con le tasche più piene:rotfl::rotfl:

Tu pensa che nel '75 il nostro povero (ancora povero di fatto Prini:D) fece "Una esposizione di oggetti non fatti non scritti non presentati da Emilio Prini" a Milano, presso la Galleria Toselli.
Anche in quella occasione c'è traccia di disegni distrutti, colto dai fumi della concettualità dell'arte povera che era ancora l'essenza della loro arte.

Poi arrivò il "mercato" e pur mantenendo l'uso di materiali poveri, l'etica venne un pò a mancare ed il concetto nell'essenza anche.

Per questo io amo l'arte povera con il limite dei primi anni ottanta, ad essere più onesti intellettualmente (ed io NON lo sono:no::D) direi:

"1967 - 1971 : in questo arco di anni la definizione arte povera è accettata e condivisa come identificazione di un gruppo, in seguito i percorsi tornano individuali"

In particolare il 1969 l'accento è proprio posto sulla coralità.
Già infatti nel 1972 Kounellis si presentò a Roma con un calco d'oro sulle labbra.
Quell'idea di coralità era già terminata.
Consiglio una riposante e stimolante lettura di "arte povera storia e storie", G. Celant - ed. Electa 2011.
:bye:
 
Caro mio.

Più volte ho scritto che l'arte povera si ferma agli inizi degli anni ottanta.

In fondo ho questa "fisima":wall: in quanto quei grandi Artisti erano tutti (quasi tutti, a dire il vero:cool:) abbastanza poveri e cavalcarono una magnifica esperienza negli anni sessanta e settanta sovvenzionandosi mostre ed eventi, con volantini, carta stampata anche fronte e retro, per risparmiare.

Il concetto e l'etica era pura, finché ...
vabbè
poi diventarono diciamo un pò meno poveri, rimanendo dei "poveristi"
ma con le tasche più piene:rotfl::rotfl:

Tu pensa che nel '75 il nostro povero (ancora povero di fatto Prini:D) fece "Una esposizione di oggetti non fatti non scritti non presentati da Emilio Prini" a Milano, presso la Galleria Toselli.
Anche in quella occasione c'è traccia di disegni distrutti, colto dai fumi della concettualità dell'arte povera che era ancora l'essenza della loro arte.

Poi arrivò il "mercato" e pur mantenendo l'uso di materiali poveri, l'etica venne un pò a mancare ed il concetto nell'essenza anche.

Per questo io amo l'arte povera con il limite dei primi anni ottanta.
:bye:

Ale per quanto riguarda il ''gruppo'' arte povera ci sarebbe anche una data ben definita dallo stesso Celant.
Sarebbe il 1971-1972 anni in cui appaiono un articolo su Domus in cui Celant ''voleva dissolvere l'etichetta di Arte Povera per mettere in risalto la singolarità degli artisti'' .
Tale ''voglia'' da parte di Celant si manifesta nuovamente in uno scritto del 1972.

Infatti i maggiori capolavori legati strettamente all'arte povera risalgono al quinquennio 1967-72.

P.S mentre tu modificavi il messaggio io ho scritto quello che leggi :D:p
 
O cavolo

avevo appena modificato il post di cui sopra:eek::eek::eek::eek::eek:

Per questo io amo l'arte povera con il limite dei primi anni ottanta, ad essere più onesti intellettualmente (ed io NON lo sono:no::D) direi:

"1967 - 1971 : in questo arco di anni la definizione arte povera è accettata e condivisa come identificazione di un gruppo, in seguito i percorsi tornano individuali"

In particolare il 1969 l'accento è proprio posto sulla coralità.
Già infatti nel 1972 Kounellis si presentò a Roma con un calco d'oro sulle labbra.
Quell'idea di coralità era già terminata.
Consiglio una riposante e stimolante lettura di "arte povera storia e storie", G. Celant - ed. Electa 2011.
 
:rotfl::hic::rotfl::hic::rotfl:

crederanno che siamo seduti al medesimo tavolo
con due birre davanti:D

invece ci separano quasi 1400 Km:o
 
e vabbè

sempre più annoiato di mercato e di numeri che fan girar la testa

mi rintano nelle mie ricerche:boh:
oggi produttive
in uno studio bibliografico di provincia
 

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e vabbè

sempre più annoiato di mercato e di numeri che fan girar la testa

mi rintano nelle mie ricerche:boh:
oggi produttive
in uno studio bibliografico di provincia

Mio caro, sia qui per Prini che li per Piacentino....fino a quando non ci saranno ''televendite'', ''presenze prezzemolate'' e ''operazioni''....mi sa che queste pagine le riempiremo solo noi due :D

Comunque...a parte gli scherzi...sempre preziosi i tuoi interventi.:bow:

GRAZIE
 
Mio caro, sia qui per Prini che li per Piacentino....fino a quando non ci saranno ''televendite'', ''presenze prezzemolate'' e ''operazioni''....mi sa che queste pagine le riempiremo solo noi due :D

Comunque...a parte gli scherzi...sempre preziosi i tuoi interventi.:bow:

GRAZIE

OK!
 
procedo nella mia ricerca su Prini
in quanto rispetto ad altri artisti dell'arte povera
che in qualche modo sono divenuti delle "star" ed hanno saputo cavalcare il mercato dimenticando da dove erano partiti:cool::cool:

Prini è rimasto in ombra
e ciò mi affascina:yes:

Forse è uno degli artisti più enigmatici del momento, non solo in Italia. Le sue presenze "raro-rapide" hanno esasperato questo aspetto della sua immagine d’artista, ma esse sono la conseguenza necessaria del suo "angolo" nei propri confronti e in quelli della storia.
When attitudes become form è il famoso titolo di una delle mostre-manifesto (tenutasi a Berna nel 1969) a cui ha partecipato.
Non è l’arte una scelta di modalità di vita, quella appunto che ogni volta deve fare i conti con l’esposizione, l’esporsi, l’opera?
Un testo di Germano Celant scandisce: "Il mondo dell’operatività artistica si riduce al modo dell’essere e dell’agire". Prini svuota il rapporto dell’artista-persona con l’oggetto-opera, schiacciato quanto possibile sullo standard, sul "carattere empirico e non speculativo della ricerca", sul "lato di vita chiave biologica". La sua opera traspone i dati materiali-quantitativi della realtà in altro, in un gioco di "standard" che intrappola il pensiero "tra i denti" identico e pur diverso, anzi "alieno".
Dopo aver partecipato a tutte le più importanti mostre internazionali degli anni tra il 1967 e il 1971, Prini ha diradato al minimo la partecipazione a mostre: una personale intitolata Fermi in dogana all’Ancienne Douane di Strasburgo nel 1995, Documenta X a Kassel nel 1997, Arte Povera alla Tate Gallery di Londra nel 2001 e il suo "tour" americano. Fedele alla materia degli inizi, Prini ripete in questa occasione come ha già fatto in diverse altre, ricombinando le opere di quegli anni, anch’esse uguali ma insieme del tutto diverse.

"NON HO PROGRAMMI, VADO A TENTONI, NON VEDO TRACCIA DI NASCITA DELL’ARTE (NÉ DELLA TRAGEDIA) PERCHÉ LA C.S. NON È IL FRUTTO DEL PURO LAVORO UMANO (PERCHÉ NON HO FATTO IO LA SEDIA IL TAVOLO IL FOGLIO LA PENNA CON LA QUALE SCRIVO) NON CREO, SE È POSSIBILE".


"Ha resistito all'opera di identificazione messa in atto nei suoi confronti dal sistema dell'informazione, della cultura e del mercato. Non è mai diventato personaggio per restare quella persona (nel senso latino di maschera) in cui il genio non ha mai smesso di creare risonanze".

Un'attitudine - questa, descritta da Viana Conti nel catalogo di Pittura 70/80 in Liguria - che trova riscontro sin dal primo manifestarsi dell'attivit artistica di Prini, che nello storico volume celantiano sull'Arte Povera (Mazzotta ed., 1969) si annuncia con un lato di vita chiave biologica, una foto che lo ritrae con un lungo naso finto a fianco di una nonsensica filastrocca in cui l'artista assume (sembra) le vesti di Pinocchio: "devi empire quella tazza / grillino grillino / ma fatina tu sei pazza / di fatica morir, e / oh!".

Il rifiuto del "ruolo" divistico dell'artista (cui si lega probabilmente l'ormai lunga residenza chiavarese, seppure alternata a quella romana) appare tuttavia coerente con i presupposti del suo operare. "Il mondo dell'operatività artistica", annotava infatti Celant in un testo del 1968, con specifico riferimento a Prini, "si riduce al modo dell'essere e dell'agire".


Bene
molto bene.:o

Questo non credo farà mai il prezzemolo nelle fiere, eh?:D:D
 

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procedo nella mia ricerca su Prini
in quanto rispetto ad altri artisti dell'arte povera
che in qualche modo sono divenuti delle "star" ed hanno saputo cavalcare il mercato dimenticando da dove erano partiti:cool::cool:

Prini è rimasto in ombra
e ciò mi affascina:yes:

Forse è uno degli artisti più enigmatici del momento, non solo in Italia. Le sue presenze "raro-rapide" hanno esasperato questo aspetto della sua immagine d’artista, ma esse sono la conseguenza necessaria del suo "angolo" nei propri confronti e in quelli della storia.
When attitudes become form è il famoso titolo di una delle mostre-manifesto (tenutasi a Berna nel 1969) a cui ha partecipato.
Non è l’arte una scelta di modalità di vita, quella appunto che ogni volta deve fare i conti con l’esposizione, l’esporsi, l’opera?
Un testo di Germano Celant scandisce: "Il mondo dell’operatività artistica si riduce al modo dell’essere e dell’agire". Prini svuota il rapporto dell’artista-persona con l’oggetto-opera, schiacciato quanto possibile sullo standard, sul "carattere empirico e non speculativo della ricerca", sul "lato di vita chiave biologica". La sua opera traspone i dati materiali-quantitativi della realtà in altro, in un gioco di "standard" che intrappola il pensiero "tra i denti" identico e pur diverso, anzi "alieno".
Dopo aver partecipato a tutte le più importanti mostre internazionali degli anni tra il 1967 e il 1971, Prini ha diradato al minimo la partecipazione a mostre: una personale intitolata Fermi in dogana all’Ancienne Douane di Strasburgo nel 1995, Documenta X a Kassel nel 1997, Arte Povera alla Tate Gallery di Londra nel 2001 e il suo "tour" americano. Fedele alla materia degli inizi, Prini ripete in questa occasione come ha già fatto in diverse altre, ricombinando le opere di quegli anni, anch’esse uguali ma insieme del tutto diverse.

"NON HO PROGRAMMI, VADO A TENTONI, NON VEDO TRACCIA DI NASCITA DELL’ARTE (NÉ DELLA TRAGEDIA) PERCHÉ LA C.S. NON È IL FRUTTO DEL PURO LAVORO UMANO (PERCHÉ NON HO FATTO IO LA SEDIA IL TAVOLO IL FOGLIO LA PENNA CON LA QUALE SCRIVO) NON CREO, SE È POSSIBILE".


"Ha resistito all'opera di identificazione messa in atto nei suoi confronti dal sistema dell'informazione, della cultura e del mercato. Non è mai diventato personaggio per restare quella persona (nel senso latino di maschera) in cui il genio non ha mai smesso di creare risonanze".

Un'attitudine - questa, descritta da Viana Conti nel catalogo di Pittura 70/80 in Liguria - che trova riscontro sin dal primo manifestarsi dell'attivit artistica di Prini, che nello storico volume celantiano sull'Arte Povera (Mazzotta ed., 1969) si annuncia con un lato di vita chiave biologica, una foto che lo ritrae con un lungo naso finto a fianco di una nonsensica filastrocca in cui l'artista assume (sembra) le vesti di Pinocchio: "devi empire quella tazza / grillino grillino / ma fatina tu sei pazza / di fatica morir, e / oh!".

Il rifiuto del "ruolo" divistico dell'artista (cui si lega probabilmente l'ormai lunga residenza chiavarese, seppure alternata a quella romana) appare tuttavia coerente con i presupposti del suo operare. "Il mondo dell'operatività artistica", annotava infatti Celant in un testo del 1968, con specifico riferimento a Prini, "si riduce al modo dell'essere e dell'agire".


Bene
molto bene.:o

Questo non credo farà mai il prezzemolo nelle fiere, eh?:D:D

:ave:
 
Gentilissimi

se qualcuno è stato ad Artissima 2015
ricorda per cortesia quale galleria proponeva quest'opera?

Emilio Prini, dittico (consumi, titolo incerto) 1969 stampa fotografica su carta intelata con fondo oro 2 parti cm 47X62,5 cad.

(mi dicono che la richiesta fosse di 250 mila euro:eek:)

Grazie:bow:
 

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Se vedo Prini e Piacentino nelle televendite giuro che torno ad occuparmi di arte antica!
 
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