Edward Hopper

baleng ginogost

Io non dimentico. Pagheranno.
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Hopper è uno dei miei artisti preferiti.
Su di lui non esiste un 3d specifico nella sezione.
Ho però trovato altrove nel FOL questo thread e lo offro per una indispensabile lettura prima di iniziare il nuovo 3d.

Osservandone le molte immagini - assai belle - mi sono chiesto da dove derivasse la forza di queste opere (vidi una mostra alcuni anni fa a Francoforte: fantastica, e per questo motivo NON comprai il catalogo, che nella memoria tende a sostituire le impressioni dal vivo con le riproduzioni).
Ho avuto la sensazione che quasi sempre, o sempre, questi quadri potrebbero riferirsi ad un momento decisivo di un film, magari la scena finale oppure l'attimo che precede lo scatenarsi di un qualcosa (un'aggressione, un pianto improvviso, una svolta del destino ...).
Come il cinema americano sa raccontare (a parte l'odierna scelta infantile di molti soggetti), mentre il cinema italiano tende a rappresentare un po' il proprio ombelico, così la pittura del ventennio, o un Saetti, un Gentilini, ovvero un Radice, un Reggiani ecc. si concentrano sulla rappresentazione, magari statica, sul suo trattamento estetico, mentre Hopper pare invece attento al destino dei suoi personaggi.
Così l'alienazione propostaci dalla pubblicità, dove l'oggetto da vendere risulta l'unico vero soggetto, e l'uomo viene per così dire raso a zero :D , si trasforma in Hopper in una riflessione su quella stessa alienazione, dove però l'uomo torna protagonista, pur se gravemente o mortalmente ferito nell'anima. (chiedo scusa per queste affermazioni che non rispettano molto i parametri che tendo ad impormi, cioè che ogni frase sia comprensibile anche per chi non abbia mai visto un'opera in questione: diciamo che me la permetto come una nota personale :help:).
Questo è possibile proprio perché Hopper non ci propone il "bello" come riscatto dal brutto, ma si ferma ad osservare con una certa apprensione che cosa mai stia succedendo, e trova appunto il riscatto nell'interesse verso questi destini umani.
Che sono presenti persino quando il soggetto sia un semplice edificio, poiché sempre viene accennata la presenza umana, seppur non visibile.
In pratica, è per questo che Hopper ci appare sempre preoccupato per quanto possa accadere ai suoi soggetti.

Come questo possa accadere sulla tela, so di non averlo detto ancora. Me ne scuso e chiedo tempo.
 
Problematica del dentro e fuori in Hopper. E anche del vuoto/pieno.

 
Il vuoto è anche dentro ...
Si può fuggire dal proprio vuoto interno mirando al vuoto esterno?
 
Io ho visto la mostra a Palazzo Reale di Milano qualche anno fa. Per me Hopper e' l'artista che meglio rappresenta la natura umana e sociale degli States. La solitudine è l'incomunicabilità dei personaggi fanno di lui un artista dell'immanenza. Una delle opere che prediligo e' Nigthawks.
 
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ciao Heimat

Grazie Gino.
 

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Un artista straordinario.
Sono due le cose che mi colpiscono del suo stile, la prima è un uso magistrale del colore, nelle sue opere non ci sono tonalità privilegiate, riesce a miscelare gli ambienti che propone con un equilibrio di luminosità e tonalità che non saprei con chi comparare. La seconda è la poesia delle sue opere, ogni particolare dell'opera è funzionale ad un suo aspetto osservativo melanconico, le stesse figure umane potrebbero venire sostituite da -per esempio- un vaso o un albero senza alterare l'equilibrio estetico o poetico dell'opera.
 
Un artista straordinario.
Sono due le cose che mi colpiscono del suo stile, la prima è un uso magistrale del colore, nelle sue opere non ci sono tonalità privilegiate, riesce a miscelare gli ambienti che propone con un equilibrio di luminosità e tonalità che non saprei con chi comparare. La seconda è la poesia delle sue opere, ogni particolare dell'opera è funzionale ad un suo aspetto osservativo melanconico, le stesse figure umane potrebbero venire sostituite da -per esempio- un vaso o un albero senza alterare l'equilibrio estetico o poetico dell'opera.
OK!
 
Anch'io trovo Hopper straordinario.
Stranamente, per me che non amo nei dipinti le figure umane, riesco ad essere "catturata" dalle sue opere.
Non leggo le problematiche del dentro/fuori vuoto/pieno citate da Gino. Ne la preoccupazione di Hopper per ciò che potrebbe accadere ai suoi soggetti. Il destino a loro riservato.

Io leggo semplicemente il voler fermare l'istante di una giornata qualsiasi, le azioni che tutti noi compiamo. Anche la più semplice, come stare seduti ad un caffè, guardare fuori, la gente che si muove in città. Senza per forza pensare a qualcosa di particolare o soffrire per situazioni.

Per farla breve, io vedo la positività del silenzio e della staticità, magistralmente dipinte con colori, luci e ombre tipici di Hopper.

Probabilmente l'intento di Hopper era riuscire a trasmettere l'opposto di ciò che vedo io. E Gino lo ha capito. Tutto può essere.
 
il connubio perfetto IMHO
 

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La poetica dell'istante, in Caravaggio e Hopper
come letta da Ginogost
esemplificata dal prof Costa
artista certificato Photoshop

Vedo su Google che abbiamo anche l'autorevole conferma di Vittorio Sgarbi, anche se lui pensava piuttosto a "Sun in an empty room" che a "Chop Suey" per ambientare la "Vocazione di Matteo".

E’ un singolare destino che la mostra di Edward Hopper arrivi a Roma contemporaneamente a quella di Caravaggio. Non è immediato, ma è evidente che la visione dei due pittori è ispirata allo stesso principio di una totale adesione alla realtà che si vede, e come si vede. Al punto che Caravaggio potrebbe essere detto l’Hopper del suo tempo, e Hopper, il Caravaggio del nostro. Un Caravaggio americano, poi, stabilendo un’altra vertiginosa similitudine, a dispetto del silenzio e della solitudine che domina i dipinti di Hopper: quella con il poeta americano Walt Whitman.
[...]
Sun in an Empty Room (Sole in una stanza vuota, 1963, fig. 11).
Un Hopper diverso, contemplativo, non descrittivo; noumenico, non fenomenico. Davanti a opere come queste si applica perfettamente la lettura di Mark Strand che sottrae al silenzio i luoghi isolati, e il teatro di fantasmi, continuamente evocati da Hopper. Di Sun in an Empty Room scrive: “L’ultimo grande dipinto di Hopper, una visione del mondo senza di noi; non solo un luogo che ci esclude, ma un luogo svuotato di noi stessi”.
In una stanza come quella, tre secoli e mezzo prima, Caravaggio aveva immaginato la sua Vocazione di Matteo.

http://www.imagoromae.com/public/ftp/fotoDiServizio/files/SAGGIO_Vittorio Sgarbi_Hopper.pdf
 
"Gas."

1940
 

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Per almeno un aspetto Hopper può essere avvicinato anche a Morandi :eek:
(ma come, uno che semplifica le pennellate nei colori quasi come un dilettante [v. gli alberi qui sotto e nel precedente post] a fianco del - forse - massimo maestro del "tocco posato"??)

Ma si guardi anche all'immagine qui sotto, così come alla precedente postata da Alex. Le case: appaiono in certo modo come esseri animati. Viventi. Vale ancor di più per quei tre distributori. Che ci "guardano" ...
Proprio come le viventi bottiglie di Morandi.
In quale modo il pittore ottenga ciò è un altro dei segreti che sarebbe bello squadernare qui.
 

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... e questa casa che si sta ... alzando ... dalla sedia ... un po' minacciosa ...
 

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Sentiamo tutti il senso di isolamento nei quadri di Hopper. Solo che lo intendiamo riferito alle persone. Invece anche gli oggetti sono isolati, isolati anche quando appaiono in serie (come pali, finestre, distributori ecc). Hopper dipinge un soggetto alla volta. Ecco perché gli alberi non hanno foglie curate. Non sono alberi, sono il bosco. Dettagliare le foglie, curarne l'aspetto una per una, distoglierebbe da questo sentimento. In tale ambiente fatto di cose isolate, separate, sole, l'uomo si adegua, anch'egli si isola. Ma quel sentimento era già nelle cose, non nasce da lui.
Talora cerca il dialogo con una o più finestre, o con il sole, che è lontano, e di cui si vede solo la luce, come fosse la sua voce, la quale, però, ne rimarca l'assenza. In qualche modo, nulla gli risponde.

Naturalmente tutto quanto ho scritto non è critica d'arte, è descrizione, magari accurata, è soprattutto "letteratura" (con la sola eccezione, credo, di quanto posto in grassetto). Per ora non riesco a dire di più. Ma sono convinto che la critica, per essere efficace, deve comunicare validamente tutto anche a chi l'opera non l'ha vista. Sennò non è scienza, è solo letteratura, con rischi di solipsismo, di faciloneria o di autocompiacimento.
 

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Occorre ammettere che pcosta è uno dei migliori pittori concettuali in circolazione.
Naturalmente per concettuale intendo "sposato a Concetta" :p



Intanto forse ho trovato un nuovo spunto: noto che in Hopper esiste una dialettica verticale/orizzontale, dove il verticale identifica l'individualità (anche se si tratta di una casa, o un oggetto), mentre l'orizzontale appare in rapporto alla società. Questo, peraltro, non sovverte affatto le classiche regole della composizione: è chiaro che la verticalità è sempre stata in relazione alle persone vive, e magari l'orizzontalità al paesaggio, allo sfondo. Sta di fatto che la verticalità normalmente richiama una certa "attività", l'uomo che agisce nello sfondo della natura, se vogliamo. Ma qui l'uomo non agisce, tendenzialmente immobile si accomuna agli oggetti verticali, e magari anche orizzontali.
Il "giochino" è presente anche in Casorati, in Delvaux ed altri + o - metafisici. Resta da definire, ma è facile, la differenza tra Hopper e costoro.
 
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