Alessandro Celli
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sempre per cambiare aria al FOL
“Di Ketty La Rocca tutti sappiamo, in una specie di passa parola, che non ha ancora avuto l’ufficialità che merita.”
lo diceva qui:
KETTY LA ROCCA - Dettaglio articolo - Flash Art
A Vienna qualche galleria si è già mossa, però:
http://www.georgkargl.com/en/artist/ketty-la-rocca
E pure a Londra:
WILKINSON
La figura di Ketty La Rocca, artista italiana la cui fugace ma intensa esperienza si è svolta interamente a Firenze nel decennio a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, presenta aspetti significativi non ancora messi sufficientemente in evidenza dalla critica.
La produzione proteiforme di Ketty La Rocca si mostra paradigmatica di un’operatività al femminile che trova nell’intermedialità la via della propria realizzazione. Aspetto questo che la pone in linea col lavoro di molte artiste coeve e oltre.
Tuttavia, se quest’ultime troveranno alimento e supporto nelle propulsive rivendicazione della rivolta femminista, Ketty La Rocca si muove in anticipo persino rispetto a quel movimento, precorrendone i temi cardine a partire unicamente da una profonda e, spesso, dolorosa riflessione sul proprio vissuto.
La riflessione sullo specifico femminile è per lei, ancor prima che un’esigenza artistica, un imperativo necessario alla costruzione del proprio sé. Ed è proprio questa riflessione che la porta man mano al rigetto di tutti i codici comunicativi tradizionali, per arrivare alla costituzione di un linguaggio rispettoso della propria specificità, del proprio modo di sentire e di essere; poiché – e sono parole dell’artista – “la donna è nelle mani nude, come il corpo lucido che cerca le parole (…)” .
L’autrice non esita, a tal fine, a servirsi delle pratiche più varie e delle più giovani forme di espressione che sembrano garantirle un approccio più immediato con lo spettatore: è, infatti, nella reciprocità del dialogo con l’altro e nel recupero di un’attenzione alla corporeità, ad un sentire olistico ed emozionale, subordinato in Occidente al valore del raziocinio, che Ketty La Rocca prende, gradualmente, consapevolezza di sé.
Le pratiche intermediali si fanno così per lei laboratorio alchemico in cui smontare pezzo per pezzo “gli strumenti del comunicare” canonici, per poi rifonderli in opere ibride che permettano un’interazione profonda, autentica e primigenia con il proprio simile.
È qui che si coglie l’importanza di quest’artista che, nel muoversi con attitudine nomade, aliena a qualsiasi costrutto ideologico tra i vari mezzi espressivi – tra cui si ricordano: il collage, le attività performative, le installazioni, non ultimo il video e il linguaggio televisivo – anticipa il carattere fluido e polimorfo di molte opere attuali.
Dalla Tesi di laurea di Elena Del Becaro
“Di Ketty La Rocca tutti sappiamo, in una specie di passa parola, che non ha ancora avuto l’ufficialità che merita.”
lo diceva qui:
KETTY LA ROCCA - Dettaglio articolo - Flash Art
A Vienna qualche galleria si è già mossa, però:
http://www.georgkargl.com/en/artist/ketty-la-rocca
E pure a Londra:
WILKINSON
La figura di Ketty La Rocca, artista italiana la cui fugace ma intensa esperienza si è svolta interamente a Firenze nel decennio a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, presenta aspetti significativi non ancora messi sufficientemente in evidenza dalla critica.
La produzione proteiforme di Ketty La Rocca si mostra paradigmatica di un’operatività al femminile che trova nell’intermedialità la via della propria realizzazione. Aspetto questo che la pone in linea col lavoro di molte artiste coeve e oltre.
Tuttavia, se quest’ultime troveranno alimento e supporto nelle propulsive rivendicazione della rivolta femminista, Ketty La Rocca si muove in anticipo persino rispetto a quel movimento, precorrendone i temi cardine a partire unicamente da una profonda e, spesso, dolorosa riflessione sul proprio vissuto.
La riflessione sullo specifico femminile è per lei, ancor prima che un’esigenza artistica, un imperativo necessario alla costruzione del proprio sé. Ed è proprio questa riflessione che la porta man mano al rigetto di tutti i codici comunicativi tradizionali, per arrivare alla costituzione di un linguaggio rispettoso della propria specificità, del proprio modo di sentire e di essere; poiché – e sono parole dell’artista – “la donna è nelle mani nude, come il corpo lucido che cerca le parole (…)” .
L’autrice non esita, a tal fine, a servirsi delle pratiche più varie e delle più giovani forme di espressione che sembrano garantirle un approccio più immediato con lo spettatore: è, infatti, nella reciprocità del dialogo con l’altro e nel recupero di un’attenzione alla corporeità, ad un sentire olistico ed emozionale, subordinato in Occidente al valore del raziocinio, che Ketty La Rocca prende, gradualmente, consapevolezza di sé.
Le pratiche intermediali si fanno così per lei laboratorio alchemico in cui smontare pezzo per pezzo “gli strumenti del comunicare” canonici, per poi rifonderli in opere ibride che permettano un’interazione profonda, autentica e primigenia con il proprio simile.
È qui che si coglie l’importanza di quest’artista che, nel muoversi con attitudine nomade, aliena a qualsiasi costrutto ideologico tra i vari mezzi espressivi – tra cui si ricordano: il collage, le attività performative, le installazioni, non ultimo il video e il linguaggio televisivo – anticipa il carattere fluido e polimorfo di molte opere attuali.
Dalla Tesi di laurea di Elena Del Becaro