La ripetitività nell'arte

Ziigmund84

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Incidentalmente se ne sta parlando nel thread dell'Italian Sale con chiaro riferimento a Castellani: quanto pesa la ripetitività nel lavoro di un artista?
Guardando il caso del sopracitato verrebbe da dire "nulla", anche perchè al contrario i casi di artisti poliedrici che vengono massacrati dal mercato sono tanti; nel caso specifico però mi pare che la cosa sia perlomeno particolare: i "compagni di viaggio" di Castellani sono giganti che hanno fatto delle diverse forme espressive un aspetto basilare del loro lavoro, al contrario di tele estrolflesse sostanzialmente immutabili in 50 anni di carriera ce ne sono un discreto numero.
Chiedo quindi a chi ne sa più di me per quanto possibile di illuminarmi su come questa staticità a parte la riconoscibilità possa costituire un vanto; cioè, va bene la coerenza ma la ricerca pittorica dove sta? come può "un gigante" chiudere quello che ha da dire ad una pur geniale singola idea? è una ricerca sottile che mi sfugge o semplicemente è una questione di "coerenza"?
Ovviamente il discorso è esteso a tutti gli artisti, sia quelli "ripetitivi" sia quelli che invece hanno tanti (troppi?) cicli nella loro ricerca.
 
Per me un artista, se deve fare quello che conviene, una volta trovata la serie vincente continua su quella strada. Per quale motivo cambiare quando tutti ti acclamano come genio? Quando le tue quotazioni salgono di giorno in giorno?E la gente ti cerca per avere il pezzo tanto ricercato?

Tuttavia le motivazioni di chi produce arte possono essere diverse dalla pura ricerca del successo, a questo punto l'artista sente una SUA esigenza di cambiare, di andare oltre e cercare altro. Per cambiare occorre grande ambizione e motivazioni all'altezza, forse anche un pizzico di follia. Ma questo non è da tutti.
 
Per me un artista, se deve fare quello che conviene, una volta trovata la serie vincente continua su quella strada. Per quale motivo cambiare quando tutti ti acclamano come genio? Quando le tue quotazioni salgono di giorno in giorno?E la gente ti cerca per avere il pezzo tanto ricercato?

Tuttavia le motivazioni di chi produce arte possono essere diverse dalla pura ricerca del successo, a questo punto l'artista sente una SUA esigenza di cambiare, di andare oltre e cercare altro. Per cambiare occorre grande ambizione e motivazioni all'altezza, forse anche un pizzico di follia. Ma questo non è da tutti.

Scusami Sanmicheli ma quello che descrivi tu nella prima parte non è un Artista, è un artista.
 
Io penso che un artista deve crearsi un suo universo ma non rimanere fermo, deve cercare di esplorare tutto quell'universo che ha creato: praticamente deve rimanere ancorato ai suoi valori cercando di proporli sempre in una forma diversa, cambia la forma ma non il valore della sostanza.
Ovviamente non si tratta di un percorso molto semplice da seguire: ci sono artisti che rimangono fermi o che cambiano completamente percorso abbandonando i valori del loro universo.
Questi sono i due poli opposti:rimanere fermi oppure migrare.
Tra i due poli c'è l'artista esploratore.
Secondo un mio modesto parere quando un artista esplora il suo universo si mette, praticamente, in competizione con se stesso.

Alcuni esempi di artisti che hanno cambiato nella forma e non nella sostanza?
Lucio Fontana, Bonalumi, Pinelli.

I primi tre italiani che mi sono venuti in mente…ma ce ne sono ancora tanti altri.(a mio modo di vedere, giusto o sbagliato che sia)
 
Direi 3 italiani messi lì anche in ordine di importanza :D
Mi interessava anche capire secondo voi come si sposa la grandezza di un artista con la staticità della produzione: cioè Fontana mi torna, Manzoni, Boetti, i poveristi, mettiamoci anche Bonalumi che spazia abbastanza in lungo e in largo sul tema dell'estroflessione (ho citato quelli sulla bocca di tutti per semplificare, penso sia un discorso estensibile)...ma Castellani perchè rimane lì? Storicamente peraltro gli innovatori, i caposaldi nella storia dell'arte mi pare attraversino quasi sempre fasi con una produzione abbastanza variegata...poi certo la pittura propriamente intesa dà possibilità espressive nelle quali l'evoluzione è forse più evidente, però mi pare un po' debole come argomentazione a supporto.
 
Come spiega bene il filosofo francese Gilles Deleuze "tutte le identità non sono che simulate, prodotte come un effetto ottico, attraverso un gioco più profondo che è quello della differenza e della ripetizione" (Différence et répétition, Presses Universitaires de France, Paris, 1968).
Si tratta quindi di "ripetizione differente", un concetto ossimorico che possiamo assimilare alle "convergenze parallele" della politica e che troviamo in natura nei pesci del genere Dentex, che pur essendo i dentici non sono mai veramente identici. :fagiano:
 
Ogni Artista gira ossessivamente attorno a delle proprie intuizioni rischiando di ripetersi. Ogni ricerca deve essere quindi esplorata in tutti gli aspetti diversamente dalla semplice serialita'.
 
Ogni Artista gira ossessivamente attorno a delle proprie intuizioni rischiando di ripetersi. Ogni ricerca deve essere quindi esplorata in tutti gli aspetti diversamente dalla semplice serialita'.
OK! difficile dirlo meglio
Come spiega bene il filosofo francese Gilles Deleuze "tutte le identità non sono che simulate, prodotte come un effetto ottico, attraverso un gioco più profondo che è quello della differenza e della ripetizione" (Différence et répétition, Presses Universitaires de France, Paris, 1968).
Si tratta quindi di "ripetizione differente", un concetto ossimorico che possiamo assimilare alle "convergenze parallele" della politica e che troviamo in natura nei pesci del genere Dentex, che pur essendo i dentici non sono mai veramente identici. :fagiano:

:D

Deleuze prende l'argomento dalla coda, tra poco sarà l'opera che crea l'artista e non viceversa. :sborone:
Se l'intenzione dell'autore è quella di essere riconosciuto (per vendere), no comment, ci siamo capiti. Lecito, per la palanca, come diceva Sanmicheli, ma ai limiti dell'inartistico.
Ma un artista si innamora di una domanda e le sue opere ne sono la risposta. Però è noto che più si trovano risposte, più le domande aumentano. Si immagina che dovrebbe esserci equilibrio tra l'urgere del nuovo e la "soddisfazione" che l'autore trae dal vedere realizzata la risposta.
Poi esiste un conflitto tra il teorico desiderio dell'artista di cambiare e rinnovarsi e l'inerzia mentale del mercato che vorrebbe solo l'opera uguale a quella che ha apprezzato.
Infine, il problema è nuovo a metà. Per esempio Tintoretto fu accusato di ripetere sempre lo stesso personaggio (ma anche Michelangelo). Tuttavia, finché il variare dei soggetti rappresentati obbligava a soluzioni volta per volta variate, il problema non si poneva così prioritariamente. Da quando invece l'artista ha abbandonato la rappresentazione del mondo esteriore, è più esposto ai pericoli della ripetitività.
Infatti, un fattore primario della crescita umana è il confronto (la lotta, il contrasto) con il mondo esterno (gli altri, le cose ...). Nel mondo trovo il mio limite e mi definisco.
Venendo a mancare questo confronto, il rischio di solipsismo c'è. Qualcosa di simile alla psicosi regressiva, di chiusura e ritorno edipico ... mi fermo, sennò altro che Deleuze :shit:
 
Gino, artpop, una domanda: secondo voi, Fontana e Bonalumi, con i loro tagli ed estroflessioni, hanno "variato i soggetti obbligando volta per volta a soluzioni variate"?

Pongo la domanda per un motivo preciso.
Ovviamente l'accostamento è blasfemo, ma provate a capire dove voglio arrivare. Io mi interesso di giovani artisti contemporanei, quindi senza una storia alle spalle nè dal punto di vista artistico nè da quello dei risultati in asta. Ebbene, quando qualcuno di questi artisti produce una ottima serie di opere, sviluppandola e insistendo per troppo tempo, io fatico a cogliere queste sfaccettature deleuzeiane (o ginogostiane 😄), Anzio insospettisco pur ammirando quella serie. Preferisco aspettarlo ad una nuova serie, perché non mi piace che un giovane emergente si fossilizzi su un unica espressione del suo universo, sia dal punto di vista tecnico che formale, ma preferisco attenderlo a nuove sfide e risposte.
Sbaglio? In fondo anche Fontana e Bonalumi hanno iniziato a produrre relativamente giovani tagli ed estroflessioni senza preoccuparsi di cercare di abbandonarle.
 
Molteplici sono le ragioni di una certa ripetitività artistica. Si ripetono stessi soggetti e idee perché si è fatto centro e su quel centro non ci si sposta perché la domanda è concentrata su quel tipo di opere, oppure perché su una unica idea ci si immerge totalmente (più o meno come le collezioni tematiche), o anche perché si è ispirati da un certo soggetto o immagine e su quello si trova semplicemente piacere fisico o intellettuale a riprodurlo più volte, o anche volutamente si riproduce la stessa cosa perché l'idea di fondo non è l'oggetto in sé ma la sua riproduzione che necessita approcci differenti ogni volta o altro ancora.
Non è possibile stabilire in modo univoco perché un certo artista "si riproduce" nelle sue opere.Bisognerebbe parlarne con lui e farsi spiegare il motivo.Se è onesto ve lo dice.Personalmente riproduco muri e attacco cartelloni che poi strappo un po'.A prima vista sembrerebbero tutti uguali, ossia muri con cartelloni strappati, ma per me sono diversissimi tra loro in quanto rappresentano muri di diversi luoghi, in tempi diversi, dove gridano cose diverse a seconda delle scritte, dei cartelloni, delle crepe ecc ecc.Dunque nella ripetitività artistica di qualunque artista va capito il perché e non fermarsi al dato prettamente oggettivo.Ma non basta.Infatti non solo occorre fare i conti con l'autore per capirne il significato di una certa ripetitività, parlandone sinceramente con lui stesso, ma occorre anche capire perché a se stessi, a noi collezionisti, una certa ripetitività piace o non piace e come noi la interpretiamo e se capiamo realmente le intenzioni del suo autore o le filtriamo con nostri giudizi di valore più o meno giusti (a prescindere dal fatto che i giudizi di valore non sono mai giusti) Dunque nella ripetitività ci possono essere talmente tante sfumature differenti che il significato ripetitività diventa ambiguo per non dire senza senso logico se non lo rapportiamo a quanto scritto sopra e a ponderarne bene le motivazioni di fondo.
 
Quello che mi fa specie è che, escludendo Fontana che ha fatto veramente di tutto, lo stesso Bonalumi nel suo tema centrale (cioè l'estroflessione) ha indagato tanti aspetti della tematica, colori, forme, effetti ottici etc etc, non sempre ottenendo opere riuscite, ma comunque indicando una sincera volontà di ricerca.
Cosa rende Castellani un artista da mandare nell'empireo (storico e commerciale) visto che da un idea non si è smosso di 1mm?
Poi se qualcuno mi sa indicare quelle che possono essere le ragioni di ciò (come giustamente dice batterista possono essere molteplici) ve ne sono grato, visto che il mio giudizio è probabilmente una banalizzazione data dalla mancanza di conoscenza.
Peraltro condivido appieno quello che dice Johann sul valutare i giovani nella loro evoluzione più che sul picco raggiunto con una serie, è un po' come quegli scrittori che fanno uscire un gran libro e quando leggi il successivo ti chiedi se il primo l'abbiano scritto loro.
 
La grandezza di Castellani consiste proprio nell'aver creato un nuovo linguaggio, l'oggetto quadro. Al di là di tutte le interpretazioni critiche e dell'importanza storica (non è questo l'argomento), occorre notare che la ricerca di Castellani non è poi così monotona come appare a chi si limita a scorrere con lo sguardo un certo numero di tele. Nei primissimi anni i lavori sono lo studio delle potenzialità della superficie, poi negli anni 60-70 la sua attenzione è rivolta alle possibilità formali della superficie (angolari, pareti, scenografie, dittici, trittici, ecc.). Negli anni 80-90 pone grande attenzione al telaio: su un telaio strutturato nel modo quanto più semplice possibile, "inventa" soluzioni (sempre geometriche) molto complesse e parecchio differenti. Bisogna notare anche l'andamento dei chiodi, la differente densità del disegno, le altezze diverse dei chiodi stessi che creano onde di luce.
Come dicevo già in altri thread, Castellani ha prodotto molto poco, non più di 40 opere negli anni più prolifici. 1100 opere nel Catalogo Ragionato, non più di 1500 in totale, in 55 anni di lavoro! Per lui la parte di studio e di progettazione di un'opera è fondamentale. Non è vero che si limita a piantare chiodi!
La teoria della "Ripetizione differente" - che non è affatto riconducibile al saggio del filosofo francese Gilles Deleuze che parla del "citazionismo, mode rétro, retour à, cioè del fenomeno naturale e inevitabile che vuole che quando ci si è spinti troppo in una direzione, scatti una manovra al rientro, e da uno sguardo proteso verso il futuro, si ritorni a saccheggiare il passato" (vedi De Chirico) - la ripetizione differente di Castellani dicevo, è invece il metodo rigoroso di un architetto che studia la miglior soluzione per ottenere il miglior effetto di una ricerca talmente personale che può essere solo quella e solo sua.
 
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Gino, artpop, una domanda: secondo voi, Fontana e Bonalumi, con i loro tagli ed estroflessioni, hanno "variato i soggetti obbligando volta per volta a soluzioni variate"?

Pongo la domanda per un motivo preciso.
Ovviamente l'accostamento è blasfemo, ma provate a capire dove voglio arrivare. Io mi interesso di giovani artisti contemporanei, quindi senza una storia alle spalle nè dal punto di vista artistico nè da quello dei risultati in asta. Ebbene, quando qualcuno di questi artisti produce una ottima serie di opere, sviluppandola e insistendo per troppo tempo, io fatico a cogliere queste sfaccettature deleuzeiane (o ginogostiane 😄), Anzio insospettisco pur ammirando quella serie. Preferisco aspettarlo ad una nuova serie, perché non mi piace che un giovane emergente si fossilizzi su un unica espressione del suo universo, sia dal punto di vista tecnico che formale, ma preferisco attenderlo a nuove sfide e risposte.
Sbaglio? In fondo anche Fontana e Bonalumi hanno iniziato a produrre relativamente giovani tagli ed estroflessioni senza preoccuparsi di cercare di abbandonarle.

Mi spiace, ho grande stima per la tua ricerca, ma io non sono in grado di risponderti. Per me sfrucugliare tra i giovani è come comprare opzioni sulla valuta thailandese, ho capito che non ci so fare e credo anche che le variabili in campo siano moltissime, credo troppe anche per i più esperti. Quello che forse so fare è aiutare un giovane a decidere della propria strada: ma è altra cosa.

Di più: aspettarli al varco in quanto giovani mi provoca una specie di scrupolo, come quando mi servono del pescato troppo piccolo che, se lasciato in mare, avrebbe reso esemplari ben più grandi ...

Credo infatti che, nonostante tu ti interessi delle persone, alla fine oggi ci sia una attenzione esagerata verso il risultato, cioè l'opera, con la conseguenza che anche i giovani si appigliano all'effetto, anche se più o meno casuale, e non al metodo e alla ricerca interiori. Se sono parole sorpassate, mi dispiace, soprattutto per quei poveretti che ci provano. Destinati, diciamo così, ad esplodere.
Quanta disperazione!
 
Io non davo giudizi, ho fatto domande e spiegato come mi pongo nei confronti dei giovani artisti che studio.
A me piace l'idea della continua evoluzione e della sfida a se stessi: adoro chi riesce ad esprimersi con tecniche diverse (pittura, scultura, installazione, fotografia, video...) come Alex Da Corte.
Penso che un architetto eccellente sia quello che riesce a contestualizzare il suo progetto in base all'ambiente dove poi costruirà, alle aspirazioni di chi usufruirà dell'opera ecc. ecc. imprimendo comunque un suo marchio, il suo stile. Non quello che parte da quello che ha già fatto per replicarlo il più possibile in ambienti e situazioni totalmente differenti.
 
Nell'arte quando la ripetitività annoia, è solo ripetitività.
Quando non annoia è Arte.
 
Nell'arte quando la ripetitività annoia, è solo ripetitività.
Quando non annoia è Arte.


:flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower:

son d'accodo con te arcange.

:bow::bow:

per johann invece non son tanto d'accordo, come successe a me comprai
un certo periodo di un artista anche molto valido che di seguito cambio stile.
Il quadro mi piace sempre, anche se il periodo non è più richiesto.....
perciò è un rischio anche questo.

:bow:
 
:flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower::flower:

son d'accodo con te arcange.

:bow::bow:

per johann invece non son tanto d'accordo, come successe a me comprai
un certo periodo di un artista anche molto valido che di seguito cambio stile.
Il quadro mi piace sempre, anche se il periodo non è più richiesto.....
perciò è un rischio anche questo.

:bow:

;)
 
Nell'arte quando la ripetitività annoia, è solo ripetitività.
Quando non annoia è Arte.

Sì, giusto. Soprattutto dal punto di vista dello spettatore.
Che, se avvertito, sa uscire dall'angusto corridoio del "lo riconosco, è lui", ma può anche cercare nell'opera gli elementi di qualità di quel particolare pezzo, che lo distinguono dagli altri (cervello destro :p), oggi sempre meno distinguibili, in quanto le opere vengono guidate dal ragionamento (cervello sinistro).
Per lo stesso motivo per cui due libri, uno del 600 e uno odierno, possono contenere gli stessi versi, mettiamo, della Divina commedia, ma la forma grafica dei caratteri e dell'insieme sarà diversa.
Un bene? Un male?

Io so solo che le carte del 600 valgono molto di più che quelle dell'800 non tanto perché più antiche (un buon paesaggio dell'800 vale come un buon paesaggio del 600, + o -) ma proprio perché in esse il lato estetico è molto più curato rispetto all'800, che pone più attenzione alla precisione funzionale e non si cura più di "decorare".

Anche l'azione sessuale è ripetitiva, ma altro è rinnovarla di volta in volta con partecipazione umana, altro è rifarla meccanicamente mirando solo alla sua conclusione.

Infine, se ci mettiamo dal punto di vista dell'artista le cose cambiano ulteriormente. Qui dicevo solo per lo spettatore.
 
Mirone, non trovo grandi differenze francamente. Anche io me ne frego esce una serie mi piace compro una o più opere; ma questo non toglie che per poter considerare un giovane artista emergente davvero valido, io possa aspettarmi una sua evoluzione, un cambio di rotta in cui si confermi ai livelli qualitativi della serie precedente. Se a 25 anni uno non ha questo coraggio (o se prova ad evolversi ma produce schifezze), mi tengo volentieri opere della serie ben riuscita ma aumentano le mie riserve sulla sua reale consistenza artistica.
 
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