Premesso che come investitore in arte non sono granché (so solo riconoscere la qualità in mezzo alla fuffa, ma di questo al
mercato poco o nulla cale
)
e premesso che ho una stima enorme di accipicchia, pur nella non rara differenza di vedute
non sono del tutto d'accordo con questo post - vabbè, avrei dovuto dirlo prima, forse.
Perché è verissimo che esiste mancanza di interesse ed insicurezza verso il contemporaneo. Ma non è sempre stato così. O meglio, lo è sempre stato, ma allora, piuttosto che la parola contemporaneo, occorre usarne un'altra:
l'avanguardia. Perché la gente il contemporaneo lo compra, se lo capisce, se trova confermati i propri criteri.
L'avanguardia che vince detta la Storia, proprio come avviene con le guerre, dove la Storia la fanno i vincitori. Ma ci sono molte avanguardie: alcune, poche, vincono, altre, molte, perdono. E lì il collezionista perde quasi tutto.
Dell'Ottocento noi potremmo considerare che sia Monet che Tranquillo Cremona fossero delle avanguardie. All'epoca costarono, almeno per un po', più o meno le stesse cifre. Poi gli impressionisti vinsero la guerra, Cremona no, nemmeno perse, ma rimase lì. Ora un Monet vale, credo, mille volte di più. Ed ho scelto un nome, Cremona, che bene o male è rimasto sulla scena. Ma se pensiamo a tutti quegli autori d'avanguardia anni 60 poi scomparsi dall'orizzonte, e che pure all'epoca si pagavano come quei nomi che qua tanto si citano, allora sì, possiamo dire che anche i loro collezionisti son rimasti sconfitti. Esattamente come gli acquirenti del nuovo-non-nuovo, da Cassinari e Messina - che pure ancora valgono - ad altri che non occorre citare, tipo Migneco o Brindisi.
Ma nella caduta sono coinvolti anche personaggi che certo avanguardia furono, o sembrarono, come Montanarini o Spazzapan. Allora, chi diffidò di loro ha fatto la mossa giusta? Certo. Ma allora prendere un Afro era quasi lo stesso che prendere uno Spazzapan. Occorreva un altro criterio, lo stesso per il quale anche Licini o Music, che avanguardie negli anni 60 non erano più, rappresentavano un investimento vincente. Non è certo un criterio di "contemporaneità". Pertanto io non so se la collezione dell'amico investart darà quelle soddisfazioni economiche di cui parla accipicchia. Gli auguro di sì, ma magari non succederà (e comunque l'amore per l'arte che risuona in quella casa ha già ripagato ad abundantiam per i denari spesi). Però il criterio non sarà, credo, quello indicato dal bravo accipcchia.
Al quale ricordo anche che le opere che piacquero ai padri dispiacciono ai figli, ma tornano di moda con i nipoti ... e poi chissà ...
Oggi si acquistano in giro (
certo, mi riferisco anche ai mercatini, son tornato dal viaggio con una decina abbondante di opere pagate da 5 a 20 euro che sicuramente un tempo valevano moooolto di più) opere di metà novecento, poco o mediamente costose alla loro nascita, assai pregiate negli anni 70\90, ed ora assolutamente regalate. Viceversa, si stanno strapagando dei contemporanei "figli" degli anni 60, ma, per chi avrà eredi, non so quante buone parole riceveranno in relazione ai propri eccessi.
Magari, invece, il criterio più sensato resta quello politico-sociale. Faccio un esempio esilarante
: tra 20 anni i musulmani prenderanno il potere in Italia. Sotto la bandiera dell'Islam i figurativi verranno distrutti e stop; molti astratti non verranno capiti, soprattutto gli espressionisti astratti; altri invece avranno un riconoscimento: Accardi, Licata, Boetti varranno miliardi. I Monet e i Morandi verranno svenduti a pacchi ai Giapponesi. Si
processerà Tancredi per capire da che parte stava ...
Artebrixia ha appena postato l'esempio della CIA, che ha fatto "vincere" le avanguardie Pollockiane ...