[...] Rispetto all'iper-realismo arrivatoci dagli Stati Uniti al momento giusto per rilanciare una nuova figurazione sotto-pop moribonda o piuttosto nata-morta, Elio Mariani si distinse nettamente, anzi, si distacca radicalmente, costituisce una macchina, cavaliere solitario.
In che cosa si distingue da un Estes, da un Wiesenfeld, ad esempio (al di là dei procedimenti di coloramento pittorico, secondari al livello della strutturazione del messaggio)? Nel senso della prospettiva, della impaginazione, nella definizione dello spazio, in tutto quanto crea il condizionamento affettivo del discorso a partire da elementi positivi, realistici, precisi (ecco l'umanesimo!). Insomma lo sguardo che Elio Mariani getta sul mondo sta all'opposto dello sharp focus degli iperrealisti, che fissa una volta per tutte l'immagine sul sempiterno piano americano del ritratto o dell'aneddoto, sul feticismo della foto da passaporto o della cartolina postale ingrandita alle dimensioni gigantesche di tutta la pittura made in USA.
Tra Elio Mariani e l' iper-realismo sta tutta la distanza che separa l'icona dal cliché. Ma le icone di Mariani si immergono in un'umanità talmente diretta e profonda che la loro verità ieratica non sfocia in alcuna ambiguità sacralizzante. In breve, la pittura di Mariani ci propone una iconografia defeticizzata. Ed anche quì, rispetto all'iper-realismo, il processo è rigorosamente inverso: gli americani feticizzano l'immagine-cliché superobiettivandola, per così dire. L'immagine-icona di Mariani è obbiettivamente desacralizzata dalla sua dimensione umana.
Converrebbe senz'altro porsi degli interrogativi sulla personalità dell'artista milanese, sul suo potere di di obiettivare così l'affettività umana. Tale potere si chiama prima di tutto talento, ed è un dono di natura. Un dono certamente avvelenato, un'arma a doppio taglio -timeo Danaos et dona ferentes-. Elio Mariani comunque paga anche gli interessi di questo odo dialettico tra la ragione e la passione. Questo introverso vive dal di dentro gli uragani senza fondo ed i cicloni devastatori di un istinto grezzo controllato da una ragione metodica. L'unica apertura al mondo è la sua arte. La sua opera è l'unico suo linguaggio, l'unica sua possibilità di comunicare direttamente con gli altri. Qui sta senza dubbio il segreto della commovente carica sensibile, dell'impatto, dell'autenticità dell'immagine.
Se l'iper-realismo vuol essere più vero della natura, Elio Mariani, lui, è naturalmente vero. La sfumatura è importante. In ogni tempo, al di là persino del mutamento antropologico che si rivela imminente e che sconvolgerà radicalmente il nostro modo di vivere, di pensare e di agire, gli uomini, cioè gli individui percettivi hanno avuto ed avranno bisogno di questo genere di richiamo all'ordine. All'ordine della natura, della natura stessa delle cose, di queste cose semplici necessarie sufficienti che Mariani con il suo immenso talento ci dà continuamente da vedere e rivedere.
Pierre Restany
Milano, febbraio 1973.