baleng ginogost
Io non dimentico. Pagheranno.
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Ormai non c'è museo d'arte moderna che non ce ne propini un po', ancor di più se ne trovano nelle expo temporanee. Ma che senso hanno le installazioni? Intendo con tale termine, e spero di non sbagliarmi visto che sinora ho fin troppo evitato di interessarmene, quelle opere che hanno la caratteristica di occupare un discreto o vasto spazio con oggetti vari posati in un modo speciale e solo quello, quindi normalmente in modo immodificabile.
Può trattarsi di sculture vere e proprie o di oggetti quasi quotidiani (la definizione in Wikipedia è: Per installazione si intende un genere di arte visiva sviluppatosi nella sua forma attuale a partire dagli anni settanta. L'installazione è un'opera d'arte in genere tridimensionale; comprende media, oggetti e forme espressive di qualsiasi tipo installati in un determinato ambiente. È imparentata a forme di arte come la scultura e la Land Art.)
Con meno precisione Wikipedia poi prosegue: Una delle caratteristiche principali per definire un'opera d'arte installativa è il fatto che essa abbia come soggetto principale il fruitore. Tutto deve essere costruito per modificare o comunque sollecitare la percezione dello spettatore che diviene parte integrante del lavoro: senza il fruitore, l'opera d'arte installativa non esiste ( perché, le altre opere d'arte sì? forse vuol dire che occorre il coinvolgimento di tutti i sensi del fruitore e non solo della vista. Correggiamo?). Altrettanto essenziale è fattore dell'ambiente nel quale l'opera è integrata, anche [ se] si possono concepire delle installazioni smontabili per rendere possibile la sistemazione in una sede non precisata.
Poiché credo a nessuno qui sia mai capitato di andare nell'appartamento o nella villa di un conoscente e trovarci una sala occupata da una o più installazioni (con scena isterica della signora: Te la vai a spolverare te quella roba là, io non ci entro neanche morta ), mi sembra evidente che questa forma d'arte soi-disant democratica in realtà si rivolga solo a pochi iperbenestanti e a molti direttori fighetti" dei musei.
Perché ciò avvenga (e se questa interpretazione sia corretta, intendiamoci) vorrei proprio capirlo. Anche se un abbozzo di spiegazioni credo di averlo.
1) nascendo negli anni 60/70, questo tipo di espressione riprende una delle spinte democraticizzanti del periodo, consistente nel voler coinvolgere anche i sensi "inferiori", e non solo la vista, entro il campo artistico. Tra l'altro aprendosi anche ad esperienze estetiche esotiche dal carattere ibrido (feticci, rappresentazioni, magie ...). Difficilmente un'arte del genere poteva avere un mercato, ma l'intellighenzia "democratica" internazionale, di per sé contraria alle "perverse" logiche dello stesso, e convinta della propria superiorità intellettuale, si ritenne in dovere e in diritto di sostenere comunque questa forma di espressione, come e più dell'opera lirica o del cinema "d'autore". Con il denaro pubblico, beninteso.
2) Fatta l'arte, sfruttiamola. Come il pubblico "beota" acquista le piatte litografie di De Chirico perché non può permettersi uno dei suoi celebratissimi quadri, così il fatto che quasi nessuno possa permettersi di tenere in casa una installazione aumenta il fascino delle stesse dal punto di vista del prestigio sociale (e aumenta anche il prestigio dei direttori fighetti di cui sopra). Magari qualcuno acquisterà la fotografia delle stesse, o un pezzo di installazione con due oggetti e una foto da appendere al muro e si sentirà parte di una élite che "capisce" e può permettersi di pagare per il nulla.
3) Infine, la grade risposta positiva da parte degli artisti (la Biennale di Venezia è divenuta una installazione a cielo aperto), oltre che con quanto sopra detto, si spiega considerando lo spropositato ego di costoro, inconsciamente certi di valere quasi nulla, e perciò portati a gonfiarsi nello spazio fino a riempire il riempibile, ad occupare tutto l'occupabile (Rana rupta et bos, rileggerla).
Nonostante mi renda conto di risultare abbastanza denigratorio (più per gli esiti del genere, però, che per le intenzioni iniziali), spero davvero che qualcuno potrà mostrarmi se e dove sbaglio, e comunque proporre una diversa e migliore interpretazione di questo fenomeno.
Può trattarsi di sculture vere e proprie o di oggetti quasi quotidiani (la definizione in Wikipedia è: Per installazione si intende un genere di arte visiva sviluppatosi nella sua forma attuale a partire dagli anni settanta. L'installazione è un'opera d'arte in genere tridimensionale; comprende media, oggetti e forme espressive di qualsiasi tipo installati in un determinato ambiente. È imparentata a forme di arte come la scultura e la Land Art.)
Con meno precisione Wikipedia poi prosegue: Una delle caratteristiche principali per definire un'opera d'arte installativa è il fatto che essa abbia come soggetto principale il fruitore. Tutto deve essere costruito per modificare o comunque sollecitare la percezione dello spettatore che diviene parte integrante del lavoro: senza il fruitore, l'opera d'arte installativa non esiste ( perché, le altre opere d'arte sì? forse vuol dire che occorre il coinvolgimento di tutti i sensi del fruitore e non solo della vista. Correggiamo?). Altrettanto essenziale è fattore dell'ambiente nel quale l'opera è integrata, anche [ se] si possono concepire delle installazioni smontabili per rendere possibile la sistemazione in una sede non precisata.
Poiché credo a nessuno qui sia mai capitato di andare nell'appartamento o nella villa di un conoscente e trovarci una sala occupata da una o più installazioni (con scena isterica della signora: Te la vai a spolverare te quella roba là, io non ci entro neanche morta ), mi sembra evidente che questa forma d'arte soi-disant democratica in realtà si rivolga solo a pochi iperbenestanti e a molti direttori fighetti" dei musei.
Perché ciò avvenga (e se questa interpretazione sia corretta, intendiamoci) vorrei proprio capirlo. Anche se un abbozzo di spiegazioni credo di averlo.
1) nascendo negli anni 60/70, questo tipo di espressione riprende una delle spinte democraticizzanti del periodo, consistente nel voler coinvolgere anche i sensi "inferiori", e non solo la vista, entro il campo artistico. Tra l'altro aprendosi anche ad esperienze estetiche esotiche dal carattere ibrido (feticci, rappresentazioni, magie ...). Difficilmente un'arte del genere poteva avere un mercato, ma l'intellighenzia "democratica" internazionale, di per sé contraria alle "perverse" logiche dello stesso, e convinta della propria superiorità intellettuale, si ritenne in dovere e in diritto di sostenere comunque questa forma di espressione, come e più dell'opera lirica o del cinema "d'autore". Con il denaro pubblico, beninteso.
2) Fatta l'arte, sfruttiamola. Come il pubblico "beota" acquista le piatte litografie di De Chirico perché non può permettersi uno dei suoi celebratissimi quadri, così il fatto che quasi nessuno possa permettersi di tenere in casa una installazione aumenta il fascino delle stesse dal punto di vista del prestigio sociale (e aumenta anche il prestigio dei direttori fighetti di cui sopra). Magari qualcuno acquisterà la fotografia delle stesse, o un pezzo di installazione con due oggetti e una foto da appendere al muro e si sentirà parte di una élite che "capisce" e può permettersi di pagare per il nulla.
3) Infine, la grade risposta positiva da parte degli artisti (la Biennale di Venezia è divenuta una installazione a cielo aperto), oltre che con quanto sopra detto, si spiega considerando lo spropositato ego di costoro, inconsciamente certi di valere quasi nulla, e perciò portati a gonfiarsi nello spazio fino a riempire il riempibile, ad occupare tutto l'occupabile (Rana rupta et bos, rileggerla).
Nonostante mi renda conto di risultare abbastanza denigratorio (più per gli esiti del genere, però, che per le intenzioni iniziali), spero davvero che qualcuno potrà mostrarmi se e dove sbaglio, e comunque proporre una diversa e migliore interpretazione di questo fenomeno.