Ci riprovo
(sperando non si pieghi ancora su Tirelli, però)
Per uno come me, che ha sempre preso le distanze dalla transavanguardia ed è rimasto legato in maniera indissolubile ai canoni dell’arte povera, in Domenico Bianchi ho ritrovato il sapore di una pittura elegante con forti legami agli Artisti di Germano Celant, quelli che nel 1967 avevano un linguaggio caratterizzato per l’interesse ad un uso filosofico, quanto concreto di materiali eterogenei alla rappresentazione simbolica, dall’estetica del terrestre alla dinamica del celeste, da un’estetica del grezzo a una preoccupazione del naturale.
Ma facciamo un passo indietro.
Collocabile sull’onda lunga dell’Arte Povera, le cui premesse concepite a Roma e, guarda caso, all’Attico di Sargentini, hanno senz’altro posto le basi per alcuni ambiti creativi come quello dei sei artisti romani, a cominciare proprio dal ripristino di istanze mitiche e primarie che favoriscono quell’auraticità dell’opera come coagulo di energia creativa, contenuti ed espressione di poetica in termini decisamente introspettivi. Si trattava della Scuola di San Lorenzo.
L’incontro con alcuni dei maggiori esponenti dell’Arte Povera (in particolare con Mario e Marisa Merz, Jannis Kounellis) gli aprì nuovi orizzonti di riflessione che lo portarono ad approfondire lo studio sullo spazio e sull’importanza e la forza di materiali grezzi.
La luce divenne elemento di prima necessità, la cerca sposando la trasparenza della cera con sottili foglie di platino, palladio, rame, argento, polvere di diamante, corallo.
Fu un’avventura condivisa nata proprio tra le mura dei loft di Cerere, che si colloca sull’onda d’urto della Transavanguardia, da cui gli artisti presero immediatamente le distanze soprattutto rispetto alla pratica della citazione, rivendicando la ricerca di soluzioni nuove da un punto di vista formale, anche nell’uso di materiali eterogenei, compreso lo spazio trattato alla stregua di una delle tante materie.
Tali Artisti condivisero il clima internazionale del ritorno al disegno, alla pittura e alla manualità, che riconcilia l’arte con la tradizione, compresa quella dell’Avanguardia storica, nonché con il mercato e il sistema dopo la crisi profonda espressa dalle neoavanguardie, soprattutto da quel versante radicale e afasico che porterà alcuni artisti alla rinuncia totale della produzione estetica.
Costituendo una sorta di area di resistenza, l’atipico gruppo nascente si fece consapevolmente portatore di attenzione alla memoria e di ampliamento verso una dimensione più globale e condivisa dell’esperienza artistica.
Cera, disegno, manualità, intelligenza compositiva, caos e necessità, lentezza e riflessione, queste le caratteristiche che contraddistinguono il lavoro di Domenico Bianchi.
Su grandi superfici, l’artista, con pazienza e tensione, attraverso lunghi tempi d’esecuzione, sperimenta una particolare tecnica di pittura su cera – ripresa dall’encausto di età romana e usata nella seconda metà degli anni Cinquanta anche da Jasper Johns nelle serie Bandiera e Bersaglio – realizzando dipinti simili a intarsi rinascimentali.
Bianchi pare non adoperi adopera il pennello né gli strumenti tradizionali, ma ricorre a tecniche meno convenzionali, manipola la cera sulla tela o sulla carta come fosse colore.
Incastonando uno o più lavori in strutture modulari, Bianchi sviluppa una riflessione sulla pittura in funzione architettonica che diventerà un’altra caratteristica peculiare della sua pratica.
Lentezza, ragioni del fare, i colori (principalmente il giallo, il rosso e le loro combinazioni), i segni appena accennati che alludono a immagini biomorfe, insieme alla meticolosità ossessiva di levigare fino all’inverosimile la superficie, donano alla sua pittura un’immagine rarefatta, in cui perfino le emozioni sembrano controllate. Senza titolo tutti i suoi lavori, quasi a sottolineare come anche un nome possa turbare i silenzi, la pause e le riflessioni di un lavoro che nel tempo è diventato sempre più strutturato.
Fonti : varie ..... sto leggendo La Nuova Scuola Romana. I sei artisti di via degli Ausoni
Roberto Gramiccia
Editore: Editori Riuniti
Anno edizione: 2005