Jack folle
Nuovo Utente
- Registrato
- 3/1/14
- Messaggi
- 22.990
- Punti reazioni
- 463
Da «vendesi» a «Chushòu wùyè»: così un cartello in cinese ha cambiato le sorti di uno palazzo in vendita
«Le ho provate tutte ma nessuno era disposto a comprare». Sul balcone dello stabile compare la scritta in lingua orientale. «Adesso il telefono continua a squillare, ho intercettato il mercato»
Le ha provate tutte il signor Guido (nome inventato, ndr), titolare di un’azienda di Cremona. Più di cinquecento metri quadrati di appartamenti da vendere in una zona non distante dal centro: un affare da diverse migliaia di euro che da anni stenta a decollare. Ma per chiuderlo una volta per tutte, e per trasferirsi magari in un appartamento più piccolo in città, lui e la sua famiglia le hanno provate tutte: dagli annunci online alle agenzie immobiliari, fino ai volantini per farsi pubblicità.
«Non chiamava quasi nessuno – racconta il proprietario dell'immobile al Corriere della Sera –. I pochi che telefonavano chiedevano di acquistare una minima parte del complesso». I giorni di riflessione, le notti a non dormire alla ricerca di una strategia per vendere l’immobile senza correre il rischio di svalutarlo. E alla fine la soluzione: sostituire l’insegna scritta a caratteri cubitali sullo striscione appeso al balcone con un cartello in cinese. Un messaggio chiaro e sintetico. Da «vendesi» a «Chushòu wùyè» nel giro di una notte.
Il motivo? «Intercettare il mercato», spiega il proprietario. «Da anni in città e nel resto di Italia si vede che a fare gli affari che contano sono i cinesi, non più gli italiani. Quindi mi sono chiesto: perché non rivolgermi direttamente a loro?». A quel punto, dopo aver affisso il cartello in lingua orientale, il telefono ha cominciato a squillare. «Ha funzionato – racconta il cremonese, che per il momento sceglie di rimanere anonimo –. In molti stanno chiamando per chiedere informazioni, adesso ho l’imbarazzo della scelta». E scherza: «Ad ogni problema corrisponde una soluzione. In questo caso avere intuito e un po’ di creatività è bastato».
Da «vendesi» a «Chushòu wùyè»: così un cartello in cinese ha cambiato le sorti di uno palazzo in vendita - Corriere.it
«Le ho provate tutte ma nessuno era disposto a comprare». Sul balcone dello stabile compare la scritta in lingua orientale. «Adesso il telefono continua a squillare, ho intercettato il mercato»
Le ha provate tutte il signor Guido (nome inventato, ndr), titolare di un’azienda di Cremona. Più di cinquecento metri quadrati di appartamenti da vendere in una zona non distante dal centro: un affare da diverse migliaia di euro che da anni stenta a decollare. Ma per chiuderlo una volta per tutte, e per trasferirsi magari in un appartamento più piccolo in città, lui e la sua famiglia le hanno provate tutte: dagli annunci online alle agenzie immobiliari, fino ai volantini per farsi pubblicità.
«Non chiamava quasi nessuno – racconta il proprietario dell'immobile al Corriere della Sera –. I pochi che telefonavano chiedevano di acquistare una minima parte del complesso». I giorni di riflessione, le notti a non dormire alla ricerca di una strategia per vendere l’immobile senza correre il rischio di svalutarlo. E alla fine la soluzione: sostituire l’insegna scritta a caratteri cubitali sullo striscione appeso al balcone con un cartello in cinese. Un messaggio chiaro e sintetico. Da «vendesi» a «Chushòu wùyè» nel giro di una notte.
Il motivo? «Intercettare il mercato», spiega il proprietario. «Da anni in città e nel resto di Italia si vede che a fare gli affari che contano sono i cinesi, non più gli italiani. Quindi mi sono chiesto: perché non rivolgermi direttamente a loro?». A quel punto, dopo aver affisso il cartello in lingua orientale, il telefono ha cominciato a squillare. «Ha funzionato – racconta il cremonese, che per il momento sceglie di rimanere anonimo –. In molti stanno chiamando per chiedere informazioni, adesso ho l’imbarazzo della scelta». E scherza: «Ad ogni problema corrisponde una soluzione. In questo caso avere intuito e un po’ di creatività è bastato».
Da «vendesi» a «Chushòu wùyè»: così un cartello in cinese ha cambiato le sorti di uno palazzo in vendita - Corriere.it