Mojito F.C.
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Roma, il crollo del palazzo al Flaminio. Quinto piano, la miccia delle mura demolite
Il neo proprietario si dispera: pagato 1 milione e centomila Accuse per la ristrutturazione. L'ex inquilino: "Ho abitato per 15 anni in quell’appartamento. I lavori? Sì, anch'io so che li stavano facendo e che volevano realizzare un open space nella zona pranzo e salone"
"Sono disperato". Disperato. Non riesco a crederci, non ho più il mio appartamento. Mi hanno rovinato". Giuseppe Rigo, l’ingegnere petrolifero che il 15 dicembre ha acquistato l'immobile del quinto piano di lungotevere Flaminio 70, quando riesce finalmente a parlare con l'amministratore del suo condominio, Vincenzo Marcialis, sta vivendo momenti di pura angoscia. Un milione e centomila euro buttati al vento, almeno finché non si stabiliranno cause e responsabilità. E se le cause sono quelle che in molti in queste ore vanno ipotizzando — una ristrutturazione che non ha rispettato la struttura dell'edificio — il milione di euro in confronto sarà quasi niente.
Per tutto il giorno ieri si è cercato di capire chi fosse il misterioso inquilino del quinto piano, neanche ci si trovasse in una delle inquietanti storie di Roland Topor. Misteri, scomparse, apparizioni. Vendite ma forse no, permessi ma chi lo sa, rumori ma magari non era proprio così. In mezzo al caos della piazza, assediata dagli inquilini mezzi morti di stanchezza, dai vicini bloccati in un angoscioso stupore di fronte allo spettacolo di quello che poteva anche "essere il loro palazzo" come dice più di uno, ecco la voce dell’ex inquilino dell'abitazione maledetta. "Sono stato lì dentro per 15 anni" dice, quasi con le lacrime agli occhi, "Vederlo così è uno shock. Quando me ne sono andato? Un anno fa. E sa perché? Perché la proprietaria voleva vendere per un milione e 300mila euro. Troppo. Tanto che è riuscita a venderlo solo dopo un anno".
Scuote la testa. "Mia moglie non ha fatto che ripertermi: ma perché non hai comprato? Adesso capisco perché" ragiona. "I lavori? Sì, anch’io so che li stavano facendo: e che volevano realizzare un open space nella zona pranzo e salone". Per questo, pare, il progettista avesse deciso di abbattere i tramezzi della stanza. "Non so se la ditta li abbia effettivamente abbattuti" spiega l’amministratore Vincenzo Marcialis. "So però che abbiamo avuto molti problemi con il terrazzo del sesto piano". Della ristrutturazione parlano anche i gestori del ristorante L'ocanda giuliva, bloccato dalle transenne e dalla chiusura del gas e dell'acqua: "Negli ultimi tempi c’era un gran via vai di operai e camioncini — 'tutta gente dell'est' dice Filippo Zaccarelli — rumori e disturbi a ogni ora".
Per la situazione del terrazzo, Massimo Goffredo, un architetto che vive al civico accanto, al 15 di piazza Gentile da Fabriano, aveva presentato un esposto: i vasi enormi, che sembrava fossero colmi di terra, piante ma anche cemento, ingombro di detriti di tutti i tipi, sovraccaricavano il pavimento. "Stiamo parlando del 2013. E stiamo parlando di un peso effettivamente enorme", spiega Marcialis, "che pare si fosse assestato sui tramezzi del piano sottostante, che però non avrebbero dovuto fare portanza. Se sono queste le cause del crollo lo stabiliranno le indagini. In più la signora", conclude l’amministratore, "era stata diffidata: le avevo girato un'ordinanza dei vigili del fuoco che invece di intimare direttamente a lei, avevano chiesto al condominio, di eseguire una perizia statica per i vasi. Le avevo scritto che o toglieva i vasi o le avrei fatto causa. Lei mi rispose che li aveva tolti". Non era vero.
Della ristrutturazione e dei vasi se ne sarebbe dovuto parlare il 3 febbraio, in assemblea di condominio. Che non si terrà più. Intanto lei, l'inquilina del sesto piano, Lidia Soprani, che vive in via Guido Reni e a quanto si racconta avrebbe lasciato l’appartamento del Lungotevere Flaminio abbandonato e alla deriva, occupandosi solo di innaffiare quasi ossessivamente quelle piante, caricando così ancora di più il terrazzo, si aggira tra la folla di curiosi, vicini e sfollati disperati, dietro i nastri tirati da vigili del fuoco e vigili urbani. Passa con la faccia lunga. Si ferma un attimo. Ha un piumino viola su cui si stagliano come neve i capelli bianchi, tagliati corti. Se ne va subito, scura in volto, veloce veloce per non farsi fermare da nessuno.
Roma, il crollo del palazzo al Flaminio. Quinto piano, la miccia delle mura demolite - Repubblica.it
Il neo proprietario si dispera: pagato 1 milione e centomila Accuse per la ristrutturazione. L'ex inquilino: "Ho abitato per 15 anni in quell’appartamento. I lavori? Sì, anch'io so che li stavano facendo e che volevano realizzare un open space nella zona pranzo e salone"
"Sono disperato". Disperato. Non riesco a crederci, non ho più il mio appartamento. Mi hanno rovinato". Giuseppe Rigo, l’ingegnere petrolifero che il 15 dicembre ha acquistato l'immobile del quinto piano di lungotevere Flaminio 70, quando riesce finalmente a parlare con l'amministratore del suo condominio, Vincenzo Marcialis, sta vivendo momenti di pura angoscia. Un milione e centomila euro buttati al vento, almeno finché non si stabiliranno cause e responsabilità. E se le cause sono quelle che in molti in queste ore vanno ipotizzando — una ristrutturazione che non ha rispettato la struttura dell'edificio — il milione di euro in confronto sarà quasi niente.
Per tutto il giorno ieri si è cercato di capire chi fosse il misterioso inquilino del quinto piano, neanche ci si trovasse in una delle inquietanti storie di Roland Topor. Misteri, scomparse, apparizioni. Vendite ma forse no, permessi ma chi lo sa, rumori ma magari non era proprio così. In mezzo al caos della piazza, assediata dagli inquilini mezzi morti di stanchezza, dai vicini bloccati in un angoscioso stupore di fronte allo spettacolo di quello che poteva anche "essere il loro palazzo" come dice più di uno, ecco la voce dell’ex inquilino dell'abitazione maledetta. "Sono stato lì dentro per 15 anni" dice, quasi con le lacrime agli occhi, "Vederlo così è uno shock. Quando me ne sono andato? Un anno fa. E sa perché? Perché la proprietaria voleva vendere per un milione e 300mila euro. Troppo. Tanto che è riuscita a venderlo solo dopo un anno".
Scuote la testa. "Mia moglie non ha fatto che ripertermi: ma perché non hai comprato? Adesso capisco perché" ragiona. "I lavori? Sì, anch’io so che li stavano facendo: e che volevano realizzare un open space nella zona pranzo e salone". Per questo, pare, il progettista avesse deciso di abbattere i tramezzi della stanza. "Non so se la ditta li abbia effettivamente abbattuti" spiega l’amministratore Vincenzo Marcialis. "So però che abbiamo avuto molti problemi con il terrazzo del sesto piano". Della ristrutturazione parlano anche i gestori del ristorante L'ocanda giuliva, bloccato dalle transenne e dalla chiusura del gas e dell'acqua: "Negli ultimi tempi c’era un gran via vai di operai e camioncini — 'tutta gente dell'est' dice Filippo Zaccarelli — rumori e disturbi a ogni ora".
Per la situazione del terrazzo, Massimo Goffredo, un architetto che vive al civico accanto, al 15 di piazza Gentile da Fabriano, aveva presentato un esposto: i vasi enormi, che sembrava fossero colmi di terra, piante ma anche cemento, ingombro di detriti di tutti i tipi, sovraccaricavano il pavimento. "Stiamo parlando del 2013. E stiamo parlando di un peso effettivamente enorme", spiega Marcialis, "che pare si fosse assestato sui tramezzi del piano sottostante, che però non avrebbero dovuto fare portanza. Se sono queste le cause del crollo lo stabiliranno le indagini. In più la signora", conclude l’amministratore, "era stata diffidata: le avevo girato un'ordinanza dei vigili del fuoco che invece di intimare direttamente a lei, avevano chiesto al condominio, di eseguire una perizia statica per i vasi. Le avevo scritto che o toglieva i vasi o le avrei fatto causa. Lei mi rispose che li aveva tolti". Non era vero.
Della ristrutturazione e dei vasi se ne sarebbe dovuto parlare il 3 febbraio, in assemblea di condominio. Che non si terrà più. Intanto lei, l'inquilina del sesto piano, Lidia Soprani, che vive in via Guido Reni e a quanto si racconta avrebbe lasciato l’appartamento del Lungotevere Flaminio abbandonato e alla deriva, occupandosi solo di innaffiare quasi ossessivamente quelle piante, caricando così ancora di più il terrazzo, si aggira tra la folla di curiosi, vicini e sfollati disperati, dietro i nastri tirati da vigili del fuoco e vigili urbani. Passa con la faccia lunga. Si ferma un attimo. Ha un piumino viola su cui si stagliano come neve i capelli bianchi, tagliati corti. Se ne va subito, scura in volto, veloce veloce per non farsi fermare da nessuno.
Roma, il crollo del palazzo al Flaminio. Quinto piano, la miccia delle mura demolite - Repubblica.it