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Salve ragazzi,
quardate cosa ho trovato, un intervento ad un convegno tecnico
di un colonnello della GdF:
a voi toglie qualche dubbio?
..a me mica tanto...
Qualcuno ha le idee più chiare delle mie,
se il bene fosse vincolato (penso di sì, sto per appurarlo..),
da privato a privato quanto si paga di imposte in tutto
e quali sono i benefici fiscali sulla locazione di un locale?
Sono io che sono "di coccio" o è la materia che è fumosa..??
AIUTOO
Ciao!!!
Cesarito
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I benefici fiscali previsti per gli immobili di interesse storico-artistico.
http://www.eosarte.it/intervento del Colonnello Patrizio Vezzoli.htm
INTERVENTO del Colonnello Patrizio VEZZOLI (col.pil t. ST)
....Tratteremo ora delle principali agevolazioni fiscali che riguardano gli immobili di interesse storico-artistico (sulla cui “circolazione” il codice URBANI detta precise disposizioni), con particolare riguardo alla determinazione del reddito ed alle opere di manutenzione, protezione o restauro.
Per effetto dell’avvenuta revisione generale delle tariffe d’estimo degli immobili urbani, la determinazione del reddito degli immobili vincolati è disciplinata dall’art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, secondo il quale: ”In ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico…è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato”.
Il particolare regime fiscale in esame è riservato agli immobili il cui interesse storico o artistico sia stato riconosciuto dal formale provvedimento di vincolo.
In merito alla classificazione catastale degli immobili di interesse storico o artistico, la giurisprudenza ha affrontato il problema del classamento di un edificio vincolato comprendente più unità adibite a varia destinazione. Nel caso di specie, il proprietario chiedeva la classificazione unitaria dell’intera costruzione in categoria A/9 (“Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici”), mentre l’Ufficio Tecnico Erariale, avendo accertato la destinazione abitativa di alcune unità e una diversa destinazione (uffici, negozi, locali di deposito) di altre, aveva attribuito la categoria A/9 solo a una parte dell’edificio.
La Cassazione ha osservato che la categoria A/9 si caratterizza per la natura intrinseca della costruzione, indipendentemente dalla sua destinazione. La classificazione in tale categoria rappresenta una sorta di equa compensazione per i vincoli e gli obblighi imposti per legge ai proprietari di beni di interesse culturale oggetto di notifica ad opera dell’Amministrazione ai sensi della legge 1089 del 1939.
Sarebbe arbitrario, secondo la sentenza della Cassazione, ritenere che la categoria A/9 sia attribuibile solo a castelli e palazzi interamente adibiti ad abitazione ovvero soltanto a quelle porzioni di essi che abbiano tale destinazione. Ne deriva che “detta categoria deve essere attribuita a ciascuna unità immobiliare, in cui l’edificio si trovi catastalmente diviso, quale che sia la destinazione che essa abbia e la natura del reddito ricavatone”.
L’applicazione dell’art. 11, secondo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, non dà luogo a contrasti interpretativi in caso di utilizzo diretto dell’immobile da parte del proprietario o del titolare di altro diritto reale.
Divergenze interpretative sussistono, invece, in merito alla tassazione del reddito prodotto dal bene vincolato nell’ipotesi in cui lo stesso sia concesso in locazione.
L’Amministrazione Finanziaria ha da sempre affermato che, in caso di locazione di immobili vincolati, valgono le ordinarie regole di determinazione del reddito, che prevedono il confronto tra canone di locazione, ridotto nella misura consentita, e rendita catastale.
La Cassazione, con costante giurisprudenza ha sostenuto il contrario.
La locuzione “in ogni caso” esprime, a detta della Suprema Corte, l’intento del legislatore di sottoporre quei particolari fabbricati all’unico criterio della rendita catastale, con il beneficio della scelta della tariffa inferiore nella zona, a prescindere dall’ammontare dell’eventuale reddito locativo.
Sulla questione relativa alla tassazione degli immobili storici locati si è pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza 346 del 28 novembre 2003 dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, c. 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sollevata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, con Ordinanza dell’11 novembre 2002, emessa il 14 ottobre 2002.
La Commissione, in particolare, aveva sollevato il dubbio di costituzionalità della norma citata “per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui, come interpretato dalla Cassazione l’imponibile, ai fini della tassazione delle imposte dirette, è sempre determinato con riferimento alla più bassa delle tariffe d’estimo della zona, a prescindere che il bene sia locato ad un canone superiore.” Secondo i giudici torinesi, tale interpretazione giurisprudenziale avrebbe comportato un’identica base imponibile sia quando l’immobile è utilizzato direttamente dal proprietario sia quando lo stesso è dato in locazione con violazione di principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva.
La Corte Costituzionale si è nuovamente pronunciata con sentenza del 3 febbraio 2005 nella quale è stato riaffermato il principio che la tassazione degli immobili storico-artistici locati sulla base della minore delle tariffe d’estimo deve avvenire sia per gli immobili ad uso abitativo che per quelli ad uso diverso.
In tal senso l’Agenzia delle Entrate con circolare del 14 marzo 2005 ha recepito le decisioni della Consulta ma ha limitato il “beneficio” al caso di locazioni ad uso abitativo.
I benefici fiscali previsti per gli immobili adibiti ad uso culturale.
Non concorrono nella determinazione del reddito delle persone fisiche e di quelle giuridiche, ai sensi dell’art. 5-bis del Dpr 29 settembre 1973, n. 601, introdotto dalla legge 512 del 1982, i redditi catastali:
Ø degli immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell’immobile;
Ø dei terreni, parchi e giardini che siano aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali di pubblico interesse.
Per poter fruire dell’agevolazione è necessario che gli interessati denuncino la mancanza di reddito all’Agenzia delle Entrate entro tre mesi dalla data in cui ha avuto inizio tale circostanza.
Per quanto attiene alla prima fattispecie (esenzione dal reddito imponibile degli immobili adibiti a musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche), si ritiene che l’elencazione contenuta nella norma non sia tassativa, ma meramente esemplificativa.
Possono, quindi, usufruire del beneficio gli immobili aventi destinazione ad un uso culturale assimilabile a quelli espressamente previsti, comprendendo ogni genere di collezione o raccolta di beni di interesse culturale.
Non e’ richiesto che la raccolta o collezione rivesta un interesse artistico o storico particolarmente importante. Pertanto, l’esenzione compete a prescindere dalla rilevanza del valore storico-artistico del museo e indipendentemente dall'imposizione o meno del vincolo ai sensi della normativa sui beni culturali. L'immobile deve essere "totalmente" adibito a sede di musei e attività assimilate.
L'esenzione compete a prescindere dalla natura del soggetto titolare del museo o della collezione: Stato, enti pubblici (territoriali e non), persone fisiche o giuridiche private, fondazioni, istituzioni anche se prive di personalità giuridica.
Si ha decadenza dalle agevolazioni, ferma restando ogni altra sanzione applicabile, per:
Ø mutamento della destinazione dell'immobile senza la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione per i beni culturali;
Ø mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili vincolati. L'Amministrazione per i beni culturali da immediata comunicazione agli Uffici tributari delle violazioni che comportano la decadenza dalle agevolazioni.
Spese di manutenzione, protezione o restauro.
L'art. 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512 ha introdotto nella disciplina delle imposte dirette una specifica disposizione che consente la deducibilità dal reddito delle spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni vincolati.
Per effetto della legge 27 luglio 1994, n. 473, la deduzione di tali spese, se effettuate da persone fisiche al di fuori dell'esercizio d'impresa, da enti non commerciali o da società ed enti commerciali non residenti, nonché da enti non commerciali non residenti, è stata trasformata in "detrazione d'imposta" del 19 per cento.
Nell'ambito del reddito d'impresa, invece, permane la previsione della integrale deducibilità dal reddito di tali spese, le quali costituiscono oneri di utilità sociale.
Sono detraibili dall'IRPEF lorda per un importo pari al 19 per cento - se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo - "le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della L. 1° giugno 1939, n. 1089, e del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1049, nella misura effettivamente rimasta a carico."
Per i soggetti tassati in base al reddito d’impresa si prevede la deducibilità integrale delle spese di protezione, manutenzione e restauro dei beni vincolati.
In definitiva, per le spese di protezione, manutenzione e restauro sostenute sui beni vincolati di interesse storico-artistico, si applicano i seguenti regimi:
• se sostenute da persone fisiche non titolari di reddito d'impresa o per immobili vincolati non relativi all'impresa, la spese sono detraibili dall'IRPEF nella misura del 19 per cento, per la parte effettivamente rimasta a carico, nell'anno di sostenimento;
• se sostenute da enti non commerciali o da società ed enti commerciali non residenti, nonché da enti non commerciali non residenti sono egualmente detraibili dall'imposta;;
• se sostenute da soggetti titolari di reddito d'impresa per immobili appartenenti al patrimonio dell'impresa ma che non hanno la natura di beni strumentali nè di beni-merce, le spese sono deducibili integralmente dal reddito IRPEF o IRPEG nell'esercizio di sostenimento, quali oneri di utilità sociale;
• se sostenute da soggetti titolari di reddito d'impresa su immobili strumentali o su beni-merce, le spese sono deducibili dal reddito d'impresa secondo le ordinarie regole di determinazione del reddito d'impresa nell'esercizio di competenza.
La detrazione è limitata alle spese effettivamente rimaste a carico del contribuente, al netto, quindi, di eventuali contributi pubblici (si fa evidentemente riferimento alla facoltà dello Stato, prevista dal T.U. beni culturali e ambientali, di sostenere in tutto o in parte le spese di cui si tratta).
Deve trattarsi di spese necessarie alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate.
La necessità delle spese può derivare:
Ø dalla legge o
Ø da apposito provvedimento amministrativo.
La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente Sovrintendenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d'intesa con il competente Ufficio del Territorio.
La norma fiscale richiede, quindi, due condizioni:
Ø la certificazione della necessità delle spese;
Ø la certificazione di congruità delle stesse.
La detrazione in questione è cumulabile con quella del 41/36 per cento per le spese di ristrutturazione prevista dall'art. 1 della legge 449/97, ma in tal caso la detrazione è ridotta at 50 per cento....