Locale di interesse storico: imposte su acquisto e tasse su reddito da locazione?

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

cesgrec

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Salve,
avrei intenzione di acquistare privatamente (da privato a privato),
per investimento, un piccolo locale di interesse storico
nel centro storico di Roma,
attualmente locato ad una associazione culturale.
Mi hanno detto che ci dovrebbero essere delle agevolazioni
o addirittura delle esenzioni per la tassazione sul reddito da locazione
e forse anche per le imposte di compravendita...
Qualcuno sa darmi notizie, magari con la norma di riferimento,
che dovrebbe avere una decina di anni? :mmmm: :confused:

Grazie a tutti!
Cesarito
 
Il bene immobile, anche se appartenente a privati, può essere sottoposto a vincolo, poiché reputato d'interesse storico, culturale e/o artistico.
La normativa è piuttosto stringente, ultimamente modificata dal c.d. "Codice Urbani" D. Lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42


http://www.casolenostra.org/index.php?/archives/453-Codice-Urbani-aggiornato.html


Per i proprietari ci sono agevolazioni ma, sopratutto, obblighi, a prescindere dalle agevolazioni e vanno da quello di manutenere il bene d'interesse nazionale e preservalo nella sua originarietà, alle speciali procedure per i permessi, etc., leggendo ci si può fare un'idea.
Esistono delle agevolazioni.
Però, a questo punto, vorrei capire se veramente esiste un vincolo sull'immobile che vorresti acquistare, in quanto non fai nessun cenno alla prelazione prevista in favore dello stato in caso di alienazione del bene vincolato, così come prescrivono gli articoli 59 e seguenti


Articolo 59
Denuncia di trasferimento


1. Gli atti che trasferiscono, in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o la detenzione di beni culturali sono denunciati al Ministero.

2. La denuncia e' effettuata entro trenta giorni:
a) dall'alienante o dal cedente la detenzione, in caso di alienazione a titolo oneroso o gratuito o di trasferimento della detenzione;
b) dall'acquirente, in caso di trasferimento avvenuto nell'ambito di procedure di vendita forzata o fallimentare ovvero in forza di sentenza che produca gli effetti di un contratto di alienazione non concluso;
c) dall'erede o dal legatario, in caso di successione a causa di morte. Per l'erede, il termine decorre dall'accettazione dell'eredità o dalla presentazione della dichiarazione ai competenti uffici tributari; per il legatario, il termine decorre dall'apertura della successione, salva rinuncia ai sensi delle disposizioni del codice civile.

3. La denuncia e' presentata al competente soprintendente del luogo ove si trovano i beni.

4. La denuncia contiene:
a) i dati identificativi delle parti e la sottoscrizione delle medesime o dei loro rappresentanti legali;
b) i dati identificativi dei beni;
c) l'indicazione del luogo ove si trovano i beni;
d) l'indicazione della natura e delle condizioni dell'atto di trasferimento;
e) l'indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni previste dal presente Titolo.

5. Si considera non avvenuta la denuncia priva delle indicazioni previste dal comma 4 o con indicazioni incomplete o imprecise.

Sezione II
Prelazione

Articolo 60
Acquisto in via di prelazione


1. Il Ministero o, nel caso previsto dall'articolo 62, comma 3, la regione o l'altro ente pubblico territoriale interessato, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione.

2. Qualora il bene sia alienato con altri per un unico corrispettivo o sia ceduto senza previsione di un corrispettivo in denaro ovvero sia dato in permuta, il valore economico e' determinato d'ufficio dal soggetto che procede alla prelazione ai sensi del comma 1.

3. Ove l'alienante non ritenga di accettare la determinazione effettuata ai sensi del comma 2, il valore economico della cosa e' stabilito da un terzo, designato concordemente dall'alienante e dal soggetto che procede alla prelazione. Se le parti non si accordano per la nomina del terzo, ovvero per la sua sostituzione qualora il terzo nominato non voglia o non possa accettare l'incarico, la nomina e' effettuata, su richiesta di una delle parti, dal presidente del tribunale del luogo in cui e' stato concluso il contratto. Le spese relative sono anticipate dall'alienante.

4. La determinazione del terzo e' impugnabile in caso di errore o di manifesta iniquità.

5. La prelazione può essere esercitata anche quando il bene sia a qualunque titolo dato in pagamento.

Articolo 61
Condizioni della prelazione


1. La prelazione e' esercitata nel termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia prevista dall'articolo 59.

2. Nel caso in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione e' esercitata nel termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell'articolo 59, comma 4.

3. Entro i termini indicati dai commi 1 e 2 il provvedimento di prelazione e' notificato all'alienante ed all'acquirente. La proprietà passa allo Stato dalla data dell'ultima notifica.

4. In pendenza del termine prescritto dal comma 1 l'atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all'esercizio della prelazione e all'alienante e' vietato effettuare la consegna della cosa.

5. Le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato.

6. Nel caso in cui il Ministero eserciti la prelazione su parte delle cose alienate, l'acquirente ha facoltà di recedere dal contratto.

Articolo 62
Procedimento per la prelazione


1. Il soprintendente, ricevuta la denuncia di un atto soggetto a prelazione, ne dà immediata comunicazione alla regione e agli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito si trova il bene. Trattandosi di bene mobile, la regione ne dà notizia sul proprio Bollettino Ufficiale ed eventualmente mediante altri idonei mezzi di pubblicità a livello nazionale, con la descrizione dell'opera e l'indicazione del prezzo.

2. La regione e gli altri enti pubblici territoriali, nel termine di trenta giorni dalla denuncia, formulano al Ministero la proposta di prelazione, corredata dalla deliberazione dell'organo competente che predisponga, a valere sul bilancio dell'ente, la necessaria copertura finanziaria della spesa.

3. Il Ministero, qualora non intenda esercitare la prelazione, ne dà comunicazione, entro quaranta giorni dalla ricezione della denuncia, all'ente interessato. Detto ente assume il relativo impegno di spesa, adotta il provvedimento di prelazione e lo notifica all'alienante ed all'acquirente entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia medesima. La proprietà del bene passa all'ente che ha esercitato la prelazione dalla data dell'ultima notifica.

4. Nei casi di cui all'articolo 61, comma 2, i termini indicati al comma 2 ed al comma 3, primo e secondo periodo, sono, rispettivamente, di novanta, centoventi e centottanta giorni dalla denuncia tardiva o dalla data di acquisizione degli elementi costitutivi della denuncia medesima.
 
attento che in cambio delle esenzioni sei obbligato a svolgere adeguata manutenzione...
http://www.eureseau.com/articles/italy/Il_regime_fiscale.pdf


Il regime fiscale degli immobili di interesse storico ed artistico.

http://www.eureseau.com/articles/italy/Il_regime_fiscale.pdf

La nozione di immobile di interesse storico ed artistico è contenuta nell’art. 2, comma 1, lettera a), del testo unico recante disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali, approvato con D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, che, a sua volta, richiama sostanzialmente l’art. 1 della L. 1° giugno 1939, n. 1089, disciplinante in precedenza la materia in esame.
Tale disposizione, nell’individuare i beni che presentano interesse artistico,
storico, archeologico o demo-etno-antropologico, presuppone l’esistenza dei seguenti requisisti:
- l’accertata idoneità dell’immobile a soddisfare l’interesse storico od artistico;
- l’autore dell’edificio non sia vivente;
- l’ultimazione della costruzione da più di cinquant’anni.

Gli immobili che presentano i requisiti appena elencati, ed ai quali pertanto è
riconosciuto l’interesse storico ed artistico, godono di un trattamento fiscale agevolato, sia ai fini delle imposte dirette che di quelle indirette, dal momento che tali edifici sono oggetto di obbligatori interventi di manutenzione straordinaria e di conservazione, nonché di limitazioni alla loro commerciabilità e disponibilità (ad esempio: diritto di prelazione spettante allo Stato in caso di cessione di fabbricato).
Sull’imposizione diretta dei redditi derivanti da immobili ad interesse storico
ed artistico l’Amministrazione Finanziaria e la giurisprudenza si sono espressi
dando delle valutazioni e dei pareri contrastanti. L’Amministrazione Finanziaria ha sempre sostenuto che, nel caso in cui gli immobili in questione vengano
concessi in locazione a terzi, il reddito da dichiarare scaturisce dal confronto tra i canoni di locazione percepiti, diminuiti della percentuale deducibile (attualmente 15%), e la rendita catastale rivalutata; per gli immobili non locati, invece, si deve in ogni caso fare riferimento alla minore delle tariffe d’estimo della zona censuaria in cui sono collocati. Al contrario l’orientamento della Corte di Cassazione, come si evince dalle sentenze n. 2442/1999, n. 8038/2000, n. 2532/2003, e confermato dalla recente sentenza n. 346 del 24/11/2003 della Corte Costituzionale, si basa, sia per le persone fisiche che per quelle giuridiche, sulla determinazione del reddito mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato anche nel caso in cui esso fosse concesso in locazione a terzi.
In merito al trattamento fiscale degli oneri per interventi di carattere
straordinario, va precisato che ai sensi dell’art. 14 del T.U.I.R. è prevista la
detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19% delle spese sostenute dai contribuenti persone fisiche, o la totale deducibilità delle stesse ai sensi del successivo art. 100 nel caso di esercizio d’impresa. La legge dispone che la necessità di tali interventi (non obbligatori secondo precise disposizioni
normative) debba risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali ed ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato dal competente ufficio del territorio del ministero delle Finanze.
Passando all’imposizione indiretta, ai fini della determinazione della base
imponibile I.C.I., si farà riferimento alla rendita catastale calcolata in base alla
minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria in cui è collocato il fabbricato; tale valore andrà rivalutato in base al coefficiente del 5%.
Per quanto concerne le imposte sul trasferimento, le cessioni di edifici di
interesse storico ed artistico a destinazione abitativa, da parte di “soggetti I.V.A.” la cui attività esclusiva o principale riguardi l’esecuzione di opere per il recupero edilizio o la rivendita dei suddetti immobili, saranno soggette all’applicazione
dell’aliquota ordinaria del 20%, fatti salvi i casi in cui sussistano le condizioni di
cui all’ ex D.M. 02/08/1969 (abitazioni di lusso al 10%), al D.P.R. n. 131/1986
(prima casa al 4%) ed alla L. n. 408 del 02/07/1949 (fabbricati “Tupini” al 10%).
In tutti gli altri casi è dovuta l’imposta di registro al 3% sull’imponibile
rappresentato dalla rendita rivalutata dell’immobile, oltre alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale rispettivamente del 2% e del 1%.
Va precisato, infine, che alle cessioni imponibili I.V.A., si applicheranno anche
le imposte dei registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.

_______________________________________________________

:mmmm::mmmm::mmmm:

In poche parole, non ho capito:

"il reddito da dichiarare scaturisce dal confronto tra i canoni di locazione percepiti, diminuiti della percentuale deducibile (attualmente 15%), e la rendita catastale rivalutata; "

CHE VUOL DIRE CONFRONTO?
E POI, FA TESTO L'AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA O LE SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE E ADDIRITTURA COSTITUZIONALE?

e poi,

"Per quanto concerne le imposte sul trasferimento,
.....
In tutti gli altri casi è dovuta l’imposta di registro al 3% sull’imponibile
rappresentato dalla rendita rivalutata dell’immobile, oltre alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale rispettivamente del 2% e del 1%."


QUINDI NEL MIO CASO DI LOCALE DA PRIVATO A PRIVATO QUESTE SONO LE IMPOSTE (6% totale su rendita rivalutata)?

Sarebbe interessante poi sapere, e io non lo so, quali sono gli obblighi reali di manutenzione e conservazione, se ci sono ispezioni obbligatorie o cronologicamente preordinate,ecc. ecc.

Che mi dite? :cool:

Grazie
Cesarito
 
Il regime fiscale degli immobili di interesse storico ed artistico.

http://www.eureseau.com/articles/italy/Il_regime_fiscale.pdf

La nozione di immobile di interesse storico ed artistico è contenuta nell’art. 2, comma 1, lettera a), del testo unico recante disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali, approvato con D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, che, a sua volta, richiama sostanzialmente l’art. 1 della L. 1° giugno 1939, n. 1089, disciplinante in precedenza la materia in esame.
Tale disposizione, nell’individuare i beni che presentano interesse artistico,
storico, archeologico o demo-etno-antropologico, presuppone l’esistenza dei seguenti requisisti:
- l’accertata idoneità dell’immobile a soddisfare l’interesse storico od artistico;
- l’autore dell’edificio non sia vivente;
- l’ultimazione della costruzione da più di cinquant’anni.

Gli immobili che presentano i requisiti appena elencati, ed ai quali pertanto è
riconosciuto l’interesse storico ed artistico, godono di un trattamento fiscale agevolato, sia ai fini delle imposte dirette che di quelle indirette, dal momento che tali edifici sono oggetto di obbligatori interventi di manutenzione straordinaria e di conservazione, nonché di limitazioni alla loro commerciabilità e disponibilità (ad esempio: diritto di prelazione spettante allo Stato in caso di cessione di fabbricato).
Sull’imposizione diretta dei redditi derivanti da immobili ad interesse storico
ed artistico l’Amministrazione Finanziaria e la giurisprudenza si sono espressi
dando delle valutazioni e dei pareri contrastanti. L’Amministrazione Finanziaria ha sempre sostenuto che, nel caso in cui gli immobili in questione vengano
concessi in locazione a terzi, il reddito da dichiarare scaturisce dal confronto tra i canoni di locazione percepiti, diminuiti della percentuale deducibile (attualmente 15%), e la rendita catastale rivalutata; per gli immobili non locati, invece, si deve in ogni caso fare riferimento alla minore delle tariffe d’estimo della zona censuaria in cui sono collocati. Al contrario l’orientamento della Corte di Cassazione, come si evince dalle sentenze n. 2442/1999, n. 8038/2000, n. 2532/2003, e confermato dalla recente sentenza n. 346 del 24/11/2003 della Corte Costituzionale, si basa, sia per le persone fisiche che per quelle giuridiche, sulla determinazione del reddito mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato anche nel caso in cui esso fosse concesso in locazione a terzi.
In merito al trattamento fiscale degli oneri per interventi di carattere
straordinario, va precisato che ai sensi dell’art. 14 del T.U.I.R. è prevista la
detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19% delle spese sostenute dai contribuenti persone fisiche, o la totale deducibilità delle stesse ai sensi del successivo art. 100 nel caso di esercizio d’impresa. La legge dispone che la necessità di tali interventi (non obbligatori secondo precise disposizioni
normative) debba risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali ed ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato dal competente ufficio del territorio del ministero delle Finanze.
Passando all’imposizione indiretta, ai fini della determinazione della base
imponibile I.C.I., si farà riferimento alla rendita catastale calcolata in base alla
minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria in cui è collocato il fabbricato; tale valore andrà rivalutato in base al coefficiente del 5%.
Per quanto concerne le imposte sul trasferimento, le cessioni di edifici di
interesse storico ed artistico a destinazione abitativa, da parte di “soggetti I.V.A.” la cui attività esclusiva o principale riguardi l’esecuzione di opere per il recupero edilizio o la rivendita dei suddetti immobili, saranno soggette all’applicazione
dell’aliquota ordinaria del 20%, fatti salvi i casi in cui sussistano le condizioni di
cui all’ ex D.M. 02/08/1969 (abitazioni di lusso al 10%), al D.P.R. n. 131/1986
(prima casa al 4%) ed alla L. n. 408 del 02/07/1949 (fabbricati “Tupini” al 10%).
In tutti gli altri casi è dovuta l’imposta di registro al 3% sull’imponibile
rappresentato dalla rendita rivalutata dell’immobile, oltre alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale rispettivamente del 2% e del 1%.
Va precisato, infine, che alle cessioni imponibili I.V.A., si applicheranno anche
le imposte dei registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.

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:mmmm::mmmm::mmmm:

In poche parole, non ho capito:

"il reddito da dichiarare scaturisce dal confronto tra i canoni di locazione percepiti, diminuiti della percentuale deducibile (attualmente 15%), e la rendita catastale rivalutata; "

CHE VUOL DIRE CONFRONTO?
E POI, FA TESTO L'AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA O LE SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE E ADDIRITTURA COSTITUZIONALE?

e poi,

"Per quanto concerne le imposte sul trasferimento,
.....
In tutti gli altri casi è dovuta l’imposta di registro al 3% sull’imponibile
rappresentato dalla rendita rivalutata dell’immobile, oltre alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale rispettivamente del 2% e del 1%."


QUINDI NEL MIO CASO DI LOCALE DA PRIVATO A PRIVATO QUESTE SONO LE IMPOSTE (6% totale su rendita rivalutata)?

Sarebbe interessante poi sapere, e io non lo so, quali sono gli obblighi reali di manutenzione e conservazione, se ci sono ispezioni obbligatorie o cronologicamente preordinate,ecc. ecc.

Che mi dite? :cool:

Grazie
Cesarito

Cesarito, magari leggitelo il 3D, è pure cortissimo, c'é il codice Urbani, che oltretutto ha superato la norma da te citata.
 
Cesarito, magari leggitelo il 3D, è pure cortissimo, c'é il codice Urbani, che oltretutto ha superato la norma da te citata.

Certo che me lo sono letto il CORTISSIMO Codice Urbani, cioè il Testo Unico sui Beni Culturali....
Sinceramente non mi pare che tolga ogni dubbio, tant'è che:

- l'Autorità Finanziaria (Agenzia delle Entrate? ..GdF?)

- la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale (loro Sentenze che fanno giurisprudenza)

non dicono affatto le stesse cose in merito..:confused:
...qualcuno ha affrontato di recente l'argomento?
Grazie!!:cool:

Cesarito
 
...

Salve ragazzi,
quardate cosa ho trovato, un intervento ad un convegno tecnico
di un colonnello della GdF:
a voi toglie qualche dubbio?
..a me mica tanto...
Qualcuno ha le idee più chiare delle mie,
se il bene fosse vincolato (penso di sì, sto per appurarlo..),
da privato a privato quanto si paga di imposte in tutto
e quali sono i benefici fiscali sulla locazione di un locale?
Sono io che sono "di coccio" o è la materia che è fumosa..??
:wall:

AIUTOO:confused:

Ciao!!!
Cesarito

_________________________________________________


I benefici fiscali previsti per gli immobili di interesse storico-artistico.

http://www.eosarte.it/intervento del Colonnello Patrizio Vezzoli.htm
INTERVENTO del Colonnello Patrizio VEZZOLI (col.pil t. ST)

....Tratteremo ora delle principali agevolazioni fiscali che riguardano gli immobili di interesse storico-artistico (sulla cui “circolazione” il codice URBANI detta precise disposizioni), con particolare riguardo alla determinazione del reddito ed alle opere di manutenzione, protezione o restauro.

Per effetto dell’avvenuta revisione generale delle tariffe d’estimo degli immobili urbani, la determinazione del reddito degli immobili vincolati è disciplinata dall’art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, secondo il quale: ”In ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico…è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato”.

Il particolare regime fiscale in esame è riservato agli immobili il cui interesse storico o artistico sia stato riconosciuto dal formale provvedimento di vincolo.

In merito alla classificazione catastale degli immobili di interesse storico o artistico, la giurisprudenza ha affrontato il problema del classamento di un edificio vincolato comprendente più unità adibite a varia destinazione. Nel caso di specie, il proprietario chiedeva la classificazione unitaria dell’intera costruzione in categoria A/9 (“Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici”), mentre l’Ufficio Tecnico Erariale, avendo accertato la destinazione abitativa di alcune unità e una diversa destinazione (uffici, negozi, locali di deposito) di altre, aveva attribuito la categoria A/9 solo a una parte dell’edificio.

La Cassazione ha osservato che la categoria A/9 si caratterizza per la natura intrinseca della costruzione, indipendentemente dalla sua destinazione. La classificazione in tale categoria rappresenta una sorta di equa compensazione per i vincoli e gli obblighi imposti per legge ai proprietari di beni di interesse culturale oggetto di notifica ad opera dell’Amministrazione ai sensi della legge 1089 del 1939.

Sarebbe arbitrario, secondo la sentenza della Cassazione, ritenere che la categoria A/9 sia attribuibile solo a castelli e palazzi interamente adibiti ad abitazione ovvero soltanto a quelle porzioni di essi che abbiano tale destinazione. Ne deriva che “detta categoria deve essere attribuita a ciascuna unità immobiliare, in cui l’edificio si trovi catastalmente diviso, quale che sia la destinazione che essa abbia e la natura del reddito ricavatone”.

L’applicazione dell’art. 11, secondo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, non dà luogo a contrasti interpretativi in caso di utilizzo diretto dell’immobile da parte del proprietario o del titolare di altro diritto reale.

Divergenze interpretative sussistono, invece, in merito alla tassazione del reddito prodotto dal bene vincolato nell’ipotesi in cui lo stesso sia concesso in locazione.

L’Amministrazione Finanziaria ha da sempre affermato che, in caso di locazione di immobili vincolati, valgono le ordinarie regole di determinazione del reddito, che prevedono il confronto tra canone di locazione, ridotto nella misura consentita, e rendita catastale.

La Cassazione, con costante giurisprudenza ha sostenuto il contrario.

La locuzione “in ogni caso” esprime, a detta della Suprema Corte, l’intento del legislatore di sottoporre quei particolari fabbricati all’unico criterio della rendita catastale, con il beneficio della scelta della tariffa inferiore nella zona, a prescindere dall’ammontare dell’eventuale reddito locativo.

Sulla questione relativa alla tassazione degli immobili storici locati si è pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza 346 del 28 novembre 2003 dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, c. 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sollevata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, con Ordinanza dell’11 novembre 2002, emessa il 14 ottobre 2002.

La Commissione, in particolare, aveva sollevato il dubbio di costituzionalità della norma citata “per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui, come interpretato dalla Cassazione l’imponibile, ai fini della tassazione delle imposte dirette, è sempre determinato con riferimento alla più bassa delle tariffe d’estimo della zona, a prescindere che il bene sia locato ad un canone superiore.” Secondo i giudici torinesi, tale interpretazione giurisprudenziale avrebbe comportato un’identica base imponibile sia quando l’immobile è utilizzato direttamente dal proprietario sia quando lo stesso è dato in locazione con violazione di principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva.

La Corte Costituzionale si è nuovamente pronunciata con sentenza del 3 febbraio 2005 nella quale è stato riaffermato il principio che la tassazione degli immobili storico-artistici locati sulla base della minore delle tariffe d’estimo deve avvenire sia per gli immobili ad uso abitativo che per quelli ad uso diverso.

In tal senso l’Agenzia delle Entrate con circolare del 14 marzo 2005 ha recepito le decisioni della Consulta ma ha limitato il “beneficio” al caso di locazioni ad uso abitativo.
I benefici fiscali previsti per gli immobili adibiti ad uso culturale.
Non concorrono nella determinazione del reddito delle persone fisiche e di quelle giuridiche, ai sensi dell’art. 5-bis del Dpr 29 settembre 1973, n. 601, introdotto dalla legge 512 del 1982, i redditi catastali:
Ø degli immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell’immobile;

Ø dei terreni, parchi e giardini che siano aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali di pubblico interesse.

Per poter fruire dell’agevolazione è necessario che gli interessati denuncino la mancanza di reddito all’Agenzia delle Entrate entro tre mesi dalla data in cui ha avuto inizio tale circostanza.

Per quanto attiene alla prima fattispecie (esenzione dal reddito imponibile degli immobili adibiti a musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche), si ritiene che l’elencazione contenuta nella norma non sia tassativa, ma meramente esemplificativa.

Possono, quindi, usufruire del beneficio gli immobili aventi destinazione ad un uso culturale assimilabile a quelli espressamente previsti, comprendendo ogni genere di collezione o raccolta di beni di interesse culturale.

Non e’ richiesto che la raccolta o collezione rivesta un interesse artistico o storico particolarmente importante. Pertanto, l’esenzione compete a prescindere dalla rilevanza del valore storico-artistico del museo e indipendentemente dall'imposizione o meno del vincolo ai sensi della normativa sui beni culturali. L'immobile deve essere "totalmente" adibito a sede di musei e attività assimilate.

L'esenzione compete a prescindere dalla natura del soggetto titolare del museo o della collezione: Stato, enti pubblici (territoriali e non), persone fisiche o giuridiche private, fondazioni, istituzioni anche se prive di personalità giuridica.

Si ha decadenza dalle agevolazioni, ferma restando ogni altra sanzione applicabile, per:

Ø mutamento della destinazione dell'immobile senza la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione per i beni culturali;

Ø mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili vincolati. L'Amministrazione per i beni culturali da immediata comunicazione agli Uffici tributari delle violazioni che comportano la decadenza dalle agevolazioni.
Spese di manutenzione, protezione o restauro.

L'art. 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512 ha introdotto nella disciplina delle imposte dirette una specifica disposizione che consente la deducibilità dal reddito delle spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni vincolati.

Per effetto della legge 27 luglio 1994, n. 473, la deduzione di tali spese, se effettuate da persone fisiche al di fuori dell'esercizio d'impresa, da enti non commerciali o da società ed enti commerciali non residenti, nonché da enti non commerciali non residenti, è stata trasformata in "detrazione d'imposta" del 19 per cento.

Nell'ambito del reddito d'impresa, invece, permane la previsione della integrale deducibilità dal reddito di tali spese, le quali costituiscono oneri di utilità sociale.

Sono detraibili dall'IRPEF lorda per un importo pari al 19 per cento - se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo - "le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della L. 1° giugno 1939, n. 1089, e del D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1049, nella misura effettivamente rimasta a carico."

Per i soggetti tassati in base al reddito d’impresa si prevede la deducibilità integrale delle spese di protezione, manutenzione e restauro dei beni vincolati.

In definitiva, per le spese di protezione, manutenzione e restauro sostenute sui beni vincolati di interesse storico-artistico, si applicano i seguenti regimi:

• se sostenute da persone fisiche non titolari di reddito d'impresa o per immobili vincolati non relativi all'impresa, la spese sono detraibili dall'IRPEF nella misura del 19 per cento, per la parte effettivamente rimasta a carico, nell'anno di sostenimento;
• se sostenute da enti non commerciali o da società ed enti commerciali non residenti, nonché da enti non commerciali non residenti sono egualmente detraibili dall'imposta;;
• se sostenute da soggetti titolari di reddito d'impresa per immobili appartenenti al patrimonio dell'impresa ma che non hanno la natura di beni strumentali nè di beni-merce, le spese sono deducibili integralmente dal reddito IRPEF o IRPEG nell'esercizio di sostenimento, quali oneri di utilità sociale;
• se sostenute da soggetti titolari di reddito d'impresa su immobili strumentali o su beni-merce, le spese sono deducibili dal reddito d'impresa secondo le ordinarie regole di determinazione del reddito d'impresa nell'esercizio di competenza.
La detrazione è limitata alle spese effettivamente rimaste a carico del contribuente, al netto, quindi, di eventuali contributi pubblici (si fa evidentemente riferimento alla facoltà dello Stato, prevista dal T.U. beni culturali e ambientali, di sostenere in tutto o in parte le spese di cui si tratta).

Deve trattarsi di spese necessarie alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate.

La necessità delle spese può derivare:

Ø dalla legge o
Ø da apposito provvedimento amministrativo.

La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente Sovrintendenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d'intesa con il competente Ufficio del Territorio.

La norma fiscale richiede, quindi, due condizioni:

Ø la certificazione della necessità delle spese;

Ø la certificazione di congruità delle stesse.

La detrazione in questione è cumulabile con quella del 41/36 per cento per le spese di ristrutturazione prevista dall'art. 1 della legge 449/97, ma in tal caso la detrazione è ridotta at 50 per cento....
 
Ultima modifica:
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...il locale in questione è vincolato con decreto del Ministero per i Beni Culturali, ora ne sono certo.. :D
Qualcuno può togliermi i dubbi in merito alla situazione per quanto riguarda imposte e obblighi sul trasferimento di proprietà e tasse e autorizzazioni sulle locazioni e sui redditi derivanti? :mmmm::mmmm:
Quali agevolazioni e quali obblighi in concreto?
Sul Codice Urbani è tutto molto generico, mi pare.. :specchio:
Grazie per la pazienza! :)
Ciao
Cesarito
 
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