...
nel fiume di dichiarazioni rilasciate in queste ultime settimane da politici e operatori sulla tassazione delle rendite finanziarie, non c’è alcuna traccia della volontà di eliminare la stortura che da anni genera incomprensibili bizzarrie agli occhi dei tartassati risparmiatori.
Si tratta dell’incomunicabilità fra "redditi di capitale" (proventi periodici dell’investimento, come interessi e dividendi, ma anche le plusvalenze generate con i fondi comuni) e "redditi diversi" (plusvalenze derivanti da differenze positive tra prezzo di vendita e costo di acquisto di altri strumenti finanziari). Una distinzione presente nell’ambito del sistema di tassazione dei redditi di natura finanziaria, che non permette agli investitori la completa compensazione di guadagni e perdite conseguiti con i diversi strumenti finanziari.
Un handicap che, di norma, già oggi determina un prelievo effettivo molto più alto del 20% previsto sui redditi realizzati con la gran parte degli strumenti finanziari e dell’aliquota agevolata del 12,5% prevista sui titoli di Stato ed equiparati. L’aumento al 22, 25, 30 ma anche al 35% di cui abbiamo tanto sentito parlare in questi giorni, di fatto, già oggi viene pagato dagli investitori. Pagare le tasse sui guadagni realizzati, senza possibilità di compensare le perdite è infatti la regola e non l’eccezione.
I redditi di capitale non sono mai compensabili con eventuali perdite (minusvalenze) pregresse, mentre i redditi diversi lo sono, ma solo nell’arco dei quattro anni successivi a quello in cui la perdita si è determinata. Se il bond stacca cedole o le azioni dividendi, i proventi quindi vengono tassati a prescindere dell’esistenza o meno di minusvalenze nello zainetto fiscale dell’investitore.
Poi c’è l’astrusità sui fondi comuni, che rende impossibile compensare i proventi positivi (considerati redditi di capitale) con eventuali minusvalenze (redditi diversi) realizzate sui medesimi fondi. E, infine, c’è l’assurdità di non poter registrare una minusvalenza quando c’è in portafoglio un titolo che va in default e non c’è possibilità di venderlo.
Sarebbe quindi opportuno, in previsione di un innalzamento dell’aliquota sulle rendite finanziarie, abbandonare la distinzione fra redditi di capitale e redditi diversi, a favore dell’adozione di un’unica categoria di redditi finanziari, senza far più caso agli strumenti utilizzati per produrli e alla scadenza di 4 anni per compensarli.
Una rimodulazione che renderebbe più equa e semplice la tassazione dei risparmi degli italiani ...
(S)Piazza Affari - La tassazione delle rendite finanziarie è gia oltre il 20%
E poi il ricavato lo reinvestiresti in qualcosa che salirebbe o sarebbe un salto nel buio?
E se compressi obbligazioni a lunga scadenza e nel medio termine salissero i tassi?
Riusciresti a scalare le perdite dall' imponibile di rialzi su altri strumenti?
Se su un fondo investi 1000 , poi ne esci con 900, investi 900 su un altro fondo, ottieni un rialzo e arriverai ad un valore di 1000, considerando i 2 investimenti successivi saresti in pareggio ( sulla somma nominale, senza tenere conto dell' inflazione) ma con l' aggravio di tassazione voluto da Renzi il fisco ti toglierà 26.