Ottimizzazione portafoglio dinamica

nik345

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Salve a tutti,

Sono nuovo del forum quindi non sono sicuro questa sia la sezione giusta per la mia domanda.

Vorrei investire una parte dei miei risparmi in ETF e sono in dubbio se semplicemente mi convenga fare un’allocazione statica (esempio: 50% in vari ETF equity, 30% bond etc.) oppure utilizzare un portafoglio dinamico: ad esempio ogni mese da un universo di ETF ottengo quali sono le allocazioni ottimali per massimizzare lo sharpe ratio e re-bilancio il portafoglio. In pratica il portafoglio dinamico prevedrebbe, ogni mese, stimare una matrice di covarianze, la media dei rendimenti e ottimizzare l’allocazione alla Markowitz.

Qualcuno, per caso, ha già fatto una simulazione di una strategia simile? Avete consigli su quale sia la frequenza ottimale per re-bilanciare il portafoglio e quale sia la lunghezza ottimale della finestra usata per stimare i parametri?

Vi ringrazio per l’aiuto
 
Salve a tutti,

Sono nuovo del forum quindi non sono sicuro questa sia la sezione giusta per la mia domanda.

Vorrei investire una parte dei miei risparmi in ETF e sono in dubbio se semplicemente mi convenga fare un’allocazione statica (esempio: 50% in vari ETF equity, 30% bond etc.) oppure utilizzare un portafoglio dinamico: ad esempio ogni mese da un universo di ETF ottengo quali sono le allocazioni ottimali per massimizzare lo sharpe ratio e re-bilancio il portafoglio. In pratica il portafoglio dinamico prevedrebbe, ogni mese, stimare una matrice di covarianze, la media dei rendimenti e ottimizzare l’allocazione alla Markowitz.

Qualcuno, per caso, ha già fatto una simulazione di una strategia simile? Avete consigli su quale sia la frequenza ottimale per re-bilanciare il portafoglio e quale sia la lunghezza ottimale della finestra usata per stimare i parametri?

Vi ringrazio per l’aiuto
In passato ho fatto qualche backtest per rispondere alle tue stesse domande. Se cerchi in rete, puoi anche trovare un sacco di letteratura a riguardo.

Sulla scelta della finestra e dei parametri, sappi che difficilmente potrai stimare in modo consistente e attendibile il rendimento atteso da usare nel tuo modello media-varianza: se ti basi sulle sole serie storiche dei prezzi, è ormai accettato che sia preferibile minimizzare una misura di rischio coerente piuttosto che cercare il miglior Sharpe. Nella pratica, quindi, puoi impostare un portafoglio a massima diversificazione (quindi un portafoglio che minimizza il concentration ratio) senza preoccuparti dei rendimenti attesi.

Per quanto riguarda la frequenza di ribilanciamento, questa incide sui costi di transazione che possono arrivare a mangiarsi tutto il premio di ribilanciamento (*) e anche il rendimento, quindi di principio andrebbe tenuta bassa confidando nella bontà delle proprie previsioni. Con le simulazioni si può determinare una frequenza ottimale, ma è un esercizio che porta via parecchio tempo: piuttosto, puoi usare un approccio diverso e vedere il ribilanciamento come un male necessario da farsi soltanto quando il ranking dei pesi ottimali degli asset cambia e/o quando i pesi ottimali variano in modo significativo rispetto a quelli effettivi. Secondo me è meglio che fissare una frequenza. Quindi tu dovrai sempre avere sott'occhio un semplice grafico a barre che affianca i pesi effettivi a quelli teorici: quando le barre sfasano molto, intervieni.

(*) Il premio di ribilanciamento è quella cosa per cui, ogni volta che vai a ribilanciare, se alcuni asset sono saliti molto li vendi e ne compri in maggiore quantità di quelli scesi di più: se gli asset non hanno un comportamento eccessivamente direzionale, questo permette di sfruttare a proprio vantaggio la volatilità.
 
Ultima modifica:
Ti ringrazio molto per la risposta e per gli spunti interessanti.

Dove parli di concentration ratio intendi semplicemente la percentuale investita in ogni asset? Come ti sembra invece l'approccio di minimizzare la varianza totale (senza considerare il rendimento) usando come constraints dei limiti massimi e minimi sulla percentuale investita in ogni asset?

Appena ho tempo proverò a fare un backtest e vedo che risultati ottengo.
 
Allora, quello che dice Cren mi pare molto ragionevole e in linea con osservazioni che feci alcuni anni fa.

1) La stima dei parametri. Possono essere valutati anche in modo molto grezzo. Più che altro, per la varianza dovresti usare qualcosa che soddisfa lo scopo che ti prefiggi.

2) La diversificazione. More is better then less, ma senza esagerare.....

3) La frequenza di ribilanciamento. Non troppo breve, perché costa e finisci per inseguire il mercato.

4) Varie & Eventuali. Io ci aggiungerei (questo è un un omaggio a PGP :) )un pizzico di valutazione di scenari. Ad esempio, in un ciclo iniziato da poco può avere senso un leggero sovrappeso sugli emergenti, mentre nel ciclo maturo ha senso un lieve sottopeso. Allo stesso modo io adesso sottopeserei (sempre lievemente) l'Europa.

Ciao
 
Senza esagerare per motivi di frammentazione capitale (commissioni troppo elevate) o per altri motivi?

:bye::bye:

Per ridurre le spese e quello che in termini pomposamente tecnici si dice "il vuotamento di 'oglioni di seguire decine di sottostanti diversi".

Esempio per capirsi: se compri 5 titoli dell'indice italiano, con i pesi che vuoi tu, ok, ci può stare. Se però passi a 10 e poi a 20 e poi a 30, alla fine ti conviene comprare un ETF sull'indice ché tanto poi il risultato è quello....

By
 
Dove parli di concentration ratio intendi semplicemente la percentuale investita in ogni asset?
No, nell'ambito dell'asset allocation il CR è definito come il rapporto tra due grandezze:
  1. la somma dei quadrati delle volatilità dei singoli asset pesate;
  2. il quadrato della somma delle volatilità dei singoli asset pesate.
Nella pratica la costruzione di questo portafoglio è del tutto simile a quella del portafoglio a minima varianza globale, con la differenza che nella minimizzazione non si usa la matrice di covarianza ma quella di correlazione. Infine si scalano tutti i pesi per la volatilità.
Come ti sembra invece l'approccio di minimizzare la varianza totale (senza considerare il rendimento) usando come constraints dei limiti massimi e minimi sulla percentuale investita in ogni asset?
E' una procedura talmente standard che da diversi anni ci fanno pure gli ETF. Non mi sembra né male né bene: l'importante è che sia in linea con quanto sei disposto a rischiare. Quelli costruiti così sono portafogli che tendono a mettere parecchio capitale su roba che storicamente si muove poco, come ad es. l'obbligazionario a breve termine. Va da sé che non ci si può aspettare un rendimento stellare.

E' importante capire che, per moltissime combinazioni di asset, alla lunga le performance di un portafoglio a minima varianza globale con pesi vincolati non si discostano poi molto da quelle di un portafoglio equipesato.

Ti assicuro che determinare i pesi ottimali - punto percentuale più e punto percentuale meno - è l'ultimo dei problemi: ribilanciare con disciplina, costanza e soprattutto in modo efficiente è la cosa più critica.
 
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