Secondo voi 1,5 milioni di Rumeni cittadini europei lo prenderanno o no il RDC?

rainbowdandy

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Per me si. E ne arriveranno a frotte dall'est.
Nel loro paese gli stipendi sono 300 euro al mese.
Inutile che Di maio e Salvini raccontino le favolette sul fatto che lo prenderanno solo gli italiani.
C'e' una costituzione e ci sono dei trattati che sono chiari a riguardo.
La piu grande comunita straniera in Italia - Il Post
 
devono lasciare l'attuale lavoro in nero
 
Per ammortizzare trattati e storie varie c’è un solo metodo, e non solo per questo tipo di welfare ma anche per altri: i” criterio degli anni di residenza. Occorre introdurre il concetto di immigrato temporaneo e permanente.

I primi, entro i quali dovrebbero rientrare gli extracomunitari con permesso di soggiorno temporaneo e i comunitari residenti da meno di 4 anni, sono considerati “non radicati permanentemente” e quindi devono avere diritto solo ad assistenza sanitaria e Naspi temporanea in caso di licenziamento. Si presume che siano ancora sufficientemente radicati nel proprio paese da potervi ritornare se qui non riescono a campare autonomamente.

I secondi, che comprendono extracomunitari con carta di soggiorno permanente e comunitari con più di 4 anni di residenza, hanno accesso completo al welfare, compreso case popolari, rdc e quant’altro. In questo modo non è che arrivi e campi a sbafo: te la devi cavare da solo per almeno 4-5 anni prima.
 
I secondi, che comprendono extracomunitari con carta di soggiorno permanente e comunitari con più di 4 anni di residenza, hanno accesso completo al welfare, compreso case popolari, rdc e quant’altro. In questo modo non è che arrivi e campi a sbafo: te la devi cavare da solo per almeno 4-5 anni prima.

bellissimo sulla carta. Peccato che è contrario ai trattati sottoscritti e alla nostra costituzione.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, come stabilito nell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea (versione risultante dal Trattato di Lisbona del 2007), ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Tale Carta prevede (diritto alla vita, alla dignità, all’integrità): << Articolo 34-Sicurezza sociale e assistenza sociale1. L’Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.2. Ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’Unione ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali. 3. Al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.>>.
La risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea dell’8 marzo 2012, evidenzia il ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa [2010/2039(INI)] e chiede agli Stati membri che si compiano progressi reali nell’ambito dell’adeguatezza dei regimi di reddito minimo; sottolinea inoltre l’esigenza di valorizzare i programmi di apprendimento permanente quali strumenti di base per combattere la povertà e l’esclusione sociale, attraverso l’incremento delle possibilità di occupazione e l’accesso alle conoscenze e al mercato del lavoro.

La Carta sociale europea, nel testo rivisitato a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata dall’Italia con Legge. 9 febbraio 1999, n. 30, prevede all’art. 30 (Diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale)

<<Per assicurare l’effettivo esercizio del diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale, le Parti s’impegnano:

a) prendere misure nell’ambito di un approccio globale e coordinato per promuovere l’effettivo accesso in particolare al lavoro, all’abitazione, alla formazione professionale, all’insegnamento, alla cultura, all’assistenza sociale e medica delle persone che si trovano o rischiano di trovarsi in situazioni di emarginazione sociale o di povertà e delle loro famiglie;
b) a riesaminare queste misure in vista del loro adattamento, se del caso. >>
Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, ha dichiarato quanto segue nel suo “Human Rights Comment”, pubblicato il 20 agosto 2015[1]. Il fatto che i migranti irregolari siano sprovvisti di documenti non significa che non debbano avere dei diritti. Ogni persona è titolare di diritti umani, indipendentemente dal suo status. È facile comprendere che il divieto di tortura si applica a tutti, ma dobbiamo anche essere coscienti dell’universalità dei diritti sociali minimi, poiché il godimento di questi ultimi è un prerequisito essenziale per la dignità umana. I 47 Stati membri del Consiglio d’Europa devono quindi rispettare i loro obblighi e proteggere i diritti sociali minimi di tutte le persone sotto la loro giurisdizione, tra cui rientrano anche i migranti in situazione irregolare. Nel caso in cui il rientro in patria o l’espulsione si rivela impossibile o particolarmente difficile, gli Stati dovrebbero trovare soluzioni per consentire all’interessato di rimanere nel paese in condizioni che contribuiscono a soddisfare le sue esigenze sociali di base e rispettare la sua dignità (vitto, alloggio, assistenza medica di emergenza e abbigliamento).

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto alle prestazioni previdenziali e sociali la tutela di cui all’art. 1 del Protocollo n. 1, addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (diritto di credito) e ritenuto in molti casi la violazione del principio di non discriminazione affermato dall’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo.

Vedi caso Koua Poirrez contro Francia, (ricorso n. 40892/98, sentenza del 30 settembre 2003), vedi caso Dhahbi c. Italia (ricorso n. 17120/09, sentenza dell’8 aprile 2014). Da ultimo vedi il caso Béláné Nagy C. Hongrie (ricorso n. 53080/13, Grande Camera sentenza 13 dicembre 2016).

Si menzionano qui di seguito alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme italiane riguardanti l’assistenza sociale degli stranieri extracomunitari, fondando tale declaratoria anche sul principio di non discriminazione affermato dall’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, da sempre affermato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo in subiecta materia.

Segnatamente la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale

della normativa che subordina l’erogazione dell’indennità di frequenza (della scuola) per il cittadino minore extracomunitario invalido alla titolarità della carta di soggiorno. (sentenza – 16/12/2011, n. 329);
della normativa che subordina l’erogazione dell’indennità di accompagnamento per il cittadino extracomunitario invalido legalmente soggiornante alla titolarità della carta di soggiorno (sentenza – 15/03/2013, n. 40);
della normativa che subordina l’erogazione della pensione di invalidità e della speciale indennità a favore di ciechi per il cittadino extracomunitario legalmente soggiornante, alla titolarità della carta di soggiorno (sentenza – 27/02/2015, n. 22).
In conclusione, alla luce delle considerazioni qui ricordate, l nostro legislatore dovrà prestare molta attenzione alla delimitazione dell’area dei beneficiari del Reddito d’Inclusione o similari normative.
 
Per inciso io sono contrario al RDC anche per gli italiani. Figuriamoci per gli stranieri o per i comunitari...
Una volta che lo dai però c'e' il serio rischio che la platea si allarghi. La magistratura italiana la conosciamo...
 
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bellissimo sulla carta. Peccato che è contrario ai trattati sottoscritti e alla nostra costituzione.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000, come stabilito nell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea (versione risultante dal Trattato di Lisbona del 2007), ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Tale Carta prevede (diritto alla vita, alla dignità, all’integrità): << Articolo 34-Sicurezza sociale e assistenza sociale1. L’Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.2. Ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’Unione ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali. 3. Al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.>>.
La risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea dell’8 marzo 2012, evidenzia il ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa [2010/2039(INI)] e chiede agli Stati membri che si compiano progressi reali nell’ambito dell’adeguatezza dei regimi di reddito minimo; sottolinea inoltre l’esigenza di valorizzare i programmi di apprendimento permanente quali strumenti di base per combattere la povertà e l’esclusione sociale, attraverso l’incremento delle possibilità di occupazione e l’accesso alle conoscenze e al mercato del lavoro.

La Carta sociale europea, nel testo rivisitato a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata dall’Italia con Legge. 9 febbraio 1999, n. 30, prevede all’art. 30 (Diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale)

<<Per assicurare l’effettivo esercizio del diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale, le Parti s’impegnano:

a) prendere misure nell’ambito di un approccio globale e coordinato per promuovere l’effettivo accesso in particolare al lavoro, all’abitazione, alla formazione professionale, all’insegnamento, alla cultura, all’assistenza sociale e medica delle persone che si trovano o rischiano di trovarsi in situazioni di emarginazione sociale o di povertà e delle loro famiglie;
b) a riesaminare queste misure in vista del loro adattamento, se del caso. >>
Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, ha dichiarato quanto segue nel suo “Human Rights Comment”, pubblicato il 20 agosto 2015[1]. Il fatto che i migranti irregolari siano sprovvisti di documenti non significa che non debbano avere dei diritti. Ogni persona è titolare di diritti umani, indipendentemente dal suo status. È facile comprendere che il divieto di tortura si applica a tutti, ma dobbiamo anche essere coscienti dell’universalità dei diritti sociali minimi, poiché il godimento di questi ultimi è un prerequisito essenziale per la dignità umana. I 47 Stati membri del Consiglio d’Europa devono quindi rispettare i loro obblighi e proteggere i diritti sociali minimi di tutte le persone sotto la loro giurisdizione, tra cui rientrano anche i migranti in situazione irregolare. Nel caso in cui il rientro in patria o l’espulsione si rivela impossibile o particolarmente difficile, gli Stati dovrebbero trovare soluzioni per consentire all’interessato di rimanere nel paese in condizioni che contribuiscono a soddisfare le sue esigenze sociali di base e rispettare la sua dignità (vitto, alloggio, assistenza medica di emergenza e abbigliamento).

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto alle prestazioni previdenziali e sociali la tutela di cui all’art. 1 del Protocollo n. 1, addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (diritto di credito) e ritenuto in molti casi la violazione del principio di non discriminazione affermato dall’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo.

Vedi caso Koua Poirrez contro Francia, (ricorso n. 40892/98, sentenza del 30 settembre 2003), vedi caso Dhahbi c. Italia (ricorso n. 17120/09, sentenza dell’8 aprile 2014). Da ultimo vedi il caso Béláné Nagy C. Hongrie (ricorso n. 53080/13, Grande Camera sentenza 13 dicembre 2016).

Si menzionano qui di seguito alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme italiane riguardanti l’assistenza sociale degli stranieri extracomunitari, fondando tale declaratoria anche sul principio di non discriminazione affermato dall’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, da sempre affermato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo in subiecta materia.

Segnatamente la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale

della normativa che subordina l’erogazione dell’indennità di frequenza (della scuola) per il cittadino minore extracomunitario invalido alla titolarità della carta di soggiorno. (sentenza – 16/12/2011, n. 329);
della normativa che subordina l’erogazione dell’indennità di accompagnamento per il cittadino extracomunitario invalido legalmente soggiornante alla titolarità della carta di soggiorno (sentenza – 15/03/2013, n. 40);
della normativa che subordina l’erogazione della pensione di invalidità e della speciale indennità a favore di ciechi per il cittadino extracomunitario legalmente soggiornante, alla titolarità della carta di soggiorno (sentenza – 27/02/2015, n. 22).
In conclusione, alla luce delle considerazioni qui ricordate, l nostro legislatore dovrà prestare molta attenzione alla delimitazione dell’area dei beneficiari del Reddito d’Inclusione o similari normative.


Allora inizio a pensare davvero che siamo i figli della serva, perché norme di spirito simile sono in vigore da anni in posti come la Danimarca, senza conseguenza alcuna. A questo punto l’unica è subordinare certe prestazioni al fatto di avere residenza regolare da almeno 5 anni in
Italia, italiani compresi. Fine della discriminazione.
 
Per inciso io sono contrario al RDC anche per gli italiani. Figuriamoci per gli stranieri o per i comunitari...
Una volta che lo dai però c'e' il serio rischio che la platea si allarghi. La magistratura italiana la conosciamo...

Se agli stranieri dai il diritto di vivere in italia, lavorare e farsi una vita, allora mi sa che gli devi concedere quello che concedi ad un italiano.
 
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