Ti diro' che se ti stai a casa tua e' meglio anziche' andare in giro a fare casini...un ripassino intramuscolo ...
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L'ITALIANIZZAZIONE NELLE REGIONI ANNESSE.
Questa impostazione della politica verso la popolazione slava viene confermata nel momento dell'occupazione militare, in particolare nei territori annessi della Slovenia e della Dalmazia, e articolata in quattro dimensioni distinte e connesse tra loro: «L'italianizzazione forzata delle nuove province compreso l'accertamento della 'pertinenza', cioè la mappatura etnica e razziale del territorio; la snazionalizzazione, cioè la cancellazione dell'identità nazionale, l'internamento, il trasferimento e l'espulsione di una parte degli autoctoni; la fascistizzazione degli autoctoni, opera destinata soprattutto alla generazione più giovane e realizzata attraverso l'educazione e l'intervento 'totalitario' di tutti gli organi dello Stato e del partito; la colonizzazione italiana delle nuove province» (25).
Il primo provvedimento riguarda le regole per la concessione della cittadinanza. Elaborata da Bastianini introducendo il principio della
«pertinenza», la normativa prevede una casistica restrittiva (essere nati nei territori annessi da padre nativo anch'esso delle stesse regioni, avere parenti italiani sino al terzo grado, possedere beni immobili da almeno dieci anni), ma, soprattutto, riserva alle autorità la possibilità di revocare in qualunque momento l'eventuale concessione. La predisposizione di appositi registri per i «pertinenti» si risolve così in una schedatura della popolazione fatta con ampi margini di discrezionalità, tali da permettere di operare secondo la fondamentale distinzione politica tra favorevoli e contrari al regime. Non a caso non esistono dati certi sul numero di «pertinenti» censiti: la cittadinanza è essenzialmente uno strumento repressivo, da usare in negativo per escludere gli indesiderati.
Parallelamente alla mappatura etnica, procede infatti l'allontanamento degli elementi considerati ostili: Bastianini ordina nel luglio 1941
l'espulsione di tutti i funzionari pubblici jugoslavi, in novembre cancella dall'albo delle professioni avvocati, medici, veterinari, notai e farmacisti di origine slava; in Slovenia Grazioli, preoccupato dalla paralisi amministrativa che procurerebbe un'espulsione in massa, inserisce invece personale italiano nelle posizioni apicali con funzioni di «controllo».
All'epurazione politica e amministrativa si associa il tentativo di rimozione del passato slavo e asburgico, attraverso il cambiamento dei toponimi di città e piazze, la distruzione di monumenti, la cancellazione
«totalitaria» delle istituzioni del passato e il trapianto forzato delle leggi e degli organi dello Stato: «Bastianini mise al bando qualsiasi attività associativa, politica, sportiva, culturale non controllata dal P.N.F.
(Partito nazionale fascista), impose l'italiano come lingua ufficiale dell'amministrazione, dei tribunali e degli atti ecclesiastici, decretò la nazionalizzazione delle imprese e l'immediata realizzazione di opere pubbliche con fini eminentemente politici ... In Slovenia Grazioli trapiantò le principali normative d'ordinamento sociale, previdenziale e d'assistenza vigenti nel Regno» e nel dicembre «estese ai territori annessi le leggi fondamentali, dallo Statuto, alla legge sulle attribuzioni del capo del governo, alla legge sul Gran Consiglio, allo Statuto del P.N.F., a quello della Camera dei fasci e delle corporazioni» (26).
Ancora più radicale l'intervento sulla scuola, con il licenziamento dei maestri di origine slava, a meno che non parlino perfettamente l'italiano. Il progetto fascista è bene esplicitato in un discorso di Bastianini, che nell'aprile 1942 dichiara a Zara: «Noi inculchiamo nei più giovani quello che millenni di civiltà hanno dato alla nostra cultura.
Se essi volessero rinunciarvi, noi non li terremo a viva forza né a scuola né in casa, apriremo ben larghe le porte delle nostre frontiere per lasciare uscire chi non vuole essere o non si sente degno di tale privilegio» (27). Fascistizzare i «pertinenti» è il compito della scuola, imponendo ai bambini autoctoni il modello nazionale dei «figli della lupa», dei «balilla» e delle «piccole italiane». Il bilancio è tuttavia modesto: i posti lasciati liberi dai maestri slavi allontanati vengono coperti solo in parte da insegnanti mandati dall'Italia e molte scuole restano prive di docenti. Di fatto, il risultato dell'operazione è lo smantellamento del sistema scolastico jugoslavo, senza che si riesca a sostituirlo con il modello fascista.
L'insieme di questi provvedimenti dovrebbe preparare il terreno alla colonizzazione: «Accertati i pertinenti, espulsi, trasferiti o internati gli individui di altra razza, cancellate le tracce del passato, introdotti gli organi e le leggi italiani, fascistizzati i pochi autoctoni degni di ottenere la nazionalità italiana, sarebbe stata avviata la colonizzazione, che a lungo termine avrebbe portato alla migrazione interna di italiani» (28).
Si tratta di un progetto organico di italianizzazione dei territori annessi, che per oltre un anno caratterizza la politica di alti commissari e governatori e che dimostra la volontà di costruire un «nuovo ordine»
nei Balcani: «Anche se non è appropriato parlare di pulizia etnica o di purificazione razziale, il regime fascista attuò, nei confronti delle popolazioni autoctone non espulse, una snazionalizzazione totalitaria.
Con il tempo, non solo si sarebbe cancellata ogni traccia del passato recente, ma il processo di fascistizzazione avrebbe fornito ai pochi autoctoni di stirpe italiana una nuova identità, l'identità fascista» (29).
Ed è proprio questo sforzo, per reazione, a creare le premesse politico-culturali nelle quali germinerà di lì a poco la partecipazione massiccia degli «allogeni» al movimento partigiano, con un coinvolgimento trasversale rispetto alle diverse componenti sociali slovene e croate:
«Tutti quei Balilla e quelle Piccole Italiane che la scuola fascista aveva allevato con tanta cura» ha scritto lo storico triestino Carlo Schiffrer «si gettarono allo sbaraglio nella guerra partigiana ... proprio per reazione spontanea ad un sistema di coartazione spirituale, più odioso ancora del sistema di violenze materiali che lo sorreggeva» (30).