Cavalieri di Gran Croce della Repubblica Italiana.

Alè1893

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Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone.
Eccezionalmente conferito ai cavalieri di gran croce per premiare altissime benemerenze di persone eminenti, italiane e straniere. Di solito è riservato ai capi di Stato.

È la massima onorificenza concessa dalla Repubblica Italiana.



Napolitano nomina Assad cavaliere - IlGiornale.it


P.S. Piccola curiosità:
Il video fatica a caricarsi su YouTube ma, se si prova qualche volta si vede, sul sito de' Il Giornale si vede benissimo e si può ascoltare il meraviglioso illuminato discorso di Sua Maestà.

... le pictures invece contenenti nella denominazione Napolitano Assad non si caricano (file supera dimensioni etc. etc. etc.), basta ridenominarle e vengono caricate per magia! :clap: OK!

 

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Grandi amici del gheddi e poi il gheddi lo hanno seccato, grandi amici di hassad e ora è lì che deve chiedere aiuto alla russia per salvarsi il hulo, non è che portiamo...:censored: ?
 
Grandi amici del gheddi e poi il gheddi lo hanno seccato, grandi amici di hassad e ora è lì che deve chiedere aiuto alla russia per salvarsi il hulo, non è che portiamo...:censored: ?

Che i piddini possano portare una sfi.ga pazzesca non sarebbe una novità.:o
 
... ritirata per ordine dei padroni senza le medesime cerimonie ed ovviamente senza troppa pubblicità .... :bow:





Assad ancora sul trono ma senza medaglia - Panorama

Assad ancora sul trono ma senza medaglia
Roma revoca l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone concessa al dittatore appena due anni fa


di Gianandrea Gaiani
Bashar Assad non ha ancora perso il trono di Damasco sul quale lo pose il padre, suo predecessore alla guida del regime siriano, ma dovrà fare a meno della medaglia di Cavaliere di Gran Croce conferitagli nel marzo 2010 dal presidente Giorgio Napolitano in visita ufficiale (e trionfale) di ben quattro giorni a Damasco.
Certo all’epoca la guerra civile non era ancora scoppiata ma Assad era già un dittatore senza scrupoli che eliminava e faceva torturare gli oppositori, sosteneva insieme all’Iran con armi e denaro gli Hezbollah libanesi e chiudeva un occhio fin dal 2003 sul passaggio attraverso il territorio siriano dei volontari di al-Qaeda che da Libia, Cecenia, Afghanistan, Pakistan e numerosi altri Paesi islamici entravano in Iraq per attaccare i militari americani e alleati, italiani inclusi.
Dettagli evidentemente considerati insignificanti da Roma che con la visita di Napolitano siglò con Damasco intese commerciali, economiche e persino nei settori militare e della sicurezza (nonostante la Siria abbia uno dei più poderosi arsenali di armi chimiche del mondo) seconde solo a quelle intrattenute dalla Siria con la Russia. L’11 marzo 2010 Bashar ha ricevuto la massima onorificenza italiana: non la semplice medaglia di Cavaliere di Gran Croce ma la più prestigiosa Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone solitamente riservata ai capi di stato e conferita per premiare altissime benemerenze.
Oggi però la decorazione è diventata ingombrante. Non è politically correct mantenere rapporti con quel dittatore accusato anche dall’Onu di fare quello che ha sempre fatto, cioè sterminare gli oppositori. Anche se oggi è forse più giustificato a farlo rispetto al passato dal momento che i ribelli siriani non sono certo pacifici manifestanti. Anzi tra le fila degli insorti vi sono pure quei miliziani di al-Qaeda che invece di essere riconoscenti nei confronti di Assad per gli aiuti ricevuti in passato, oggi fanno saltare in aria i palazzi del governo, dell’intelligence e persino i suoi ministri.
Va bene scordarsi il passato ma l’Italia doveva anche cancellare il segno visibile dell’amicizia con Bashar rappresentata da quella onorificenza concessa dal Quirinale, simbolo imperituro più di un video su youtube di stretti rapporti bilaterali oggi divenuti imbarazzanti per Roma al punto che in Parlamento molti hanno chiesto che gli venisse ritirata.
Il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura ha dichiarato che “il governo ha revocato per indegnità l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce” e anche se ha aggiunto che formalmente Assad ha 20 giorni di tempo per replicare, De Mistura si è detto convinto che “non abbia argomenti da usare né il tempo per farlo in quanto impegnato in altre cose” considerando così la revoca “confermata”.
Assad non potrà più portare con orgoglio la decorazione italiana ma per sua fortuna non tutti i suoi amici sono volubili come gli italiani. Il presidente siriano si potrà infatti consolare sfoggiando con orgoglio l’unica altra decorazione straniera ricevuta, la medaglia dell’Orden del Libertador concessa dal presidente venezuelano Hugo Chavez il 26 giugno 2010. Gli amici veri del resto si riconoscono perché non ti abbandonano nel momento del bisogno.
 
Non mancano illustri predecessori che la dicono lunga su chi sono i meritevoli ..."della Repubblica Italiana"??? ...


L’analisi. Il Quirinale l’onorificenza a Nazarbayev e il modello della post-democrazia | Barbadillo

L’analisi. Il Quirinale l’onorificenza a Nazarbayev e il modello della post-democrazia
Pubblicato il 23 luglio 2013 da Andrea Tremaglia

Il 1997 fu senz’altro un grande anno per il cerimoniale italiano. Il Quirinale, sotto la guida di Oscar Luigi Scalfaro, distribuiva onorificenze a destra e a manca e in particolare, concedeva la più alta che il nostro Stato può concedere – il titolo di Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana (con aggiunta di Gran Cordone) – a Lennart Meri, ministro dell’allora neonata Estonia il quale, negli anni del comunismo, era stato spedito come dissidente politico in Siberia. Tornato in libertà, Meri si era dato alla scrittura e alla regia, realizzando anche una interessante serie di documentari sui pastori del centro Asia.

Scalfaro, o chi per lui, doveva essersi evidentemente appassionato di queste realizzazioni e di conseguenza del centro Asia al punto che assieme all’estone fu premiato con la più alta onoreficenza anche tale Islom Karimov, uzbeko. Karimov era all’epoca presidente del neonato Uzbekistan, lo era dal 1991 – anno di nascita dello stato ex sovietico – e, incredibilmente, lo è ancora oggi. Ininiterrottamente presidente da 22 anni, alla faccia di Renzi, di Grillo e del ricambio generazionale. Il buon Karimov, le cui virtù erano plausibilmente note a Scalfaro, nel corso degli anni seguenti si distinguerà poi per l’accusa di aver incarcerato e quindi bollito a morte (esatto: bollito a morte, come si fa con le aragoste) qualche decina di oppositori politici. Un premio veramente ben assegnato.

Non è finita qui, perché come dicevo il 1997 fu veramente un grande anno per l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana: infatti, proseguendo nel trend centroasiatico, l’onorificenza fu concessa anche a – rullo di tamburi – Nursultan Nazarbayev. “E chi è?”, urla qualche distratto dal fondo della sala: lo ringrazio della domanda. Il signor Nazbarayev era, nel 1997, il presidente del Kazakistan; lo era dal 1991 – anno di nascita dello stato ex sovietico – e, incredibilmente, lo è ancora oggi. Esattamente: è proprio quello che poco tempo fa si è fatto consegnare dallo Stato italiano la moglie e la figlia di Ablyazov, oppositore del regime kazako. Anche questo, non c’è che dire, un premio ben assegnato.

Il Cavalier Nursultan è stato fino poco fa ignoto alla gran parte degli italiani, ma non a me. L’avevo già incontrato qualche anno fa quando inciampai in un interessante saggio di tale Rein Mullerson, professore al King’s College di Londra e già osservatore per l’Onu nel centroAsia. Mullerson passava la prima parte del proprio saggio a spiegare come fosse quantomeno ingenuo ritenere di poter esportare o peggio forzare la democrazia nei paesi dell’Asia centrale (se pensate a Iraq e Afghanistan potete farvi un’idea); più avanti nel suo scritto, Mullerson proponeva quindi un’analisi sui possibili sviluppi della politica negli stati dell’area e, come esempio, prendeva proprio il Kazakistan; la repubblica anche nota col nome di Cosacchia è uno stato enorme (il più grande al mondo privo di uno sbocco sul mare) ricco di preziose risorse naturali, ma, malgrado questo, tradizionalmente povero. Il Cavalier Nursultan fin dal principio, secondo Mullerson, ci vide bene e, prendendo esempio dagli ex sovietici, comprese velocemente i vantaggi pratici del capitalismo e dell’economia di mercato; ma il Kazakistan, che da un lato ha la Russia, dall’altro confina con la Cina: e anche da loro Nazbarayev seppe prendere esempio.

Il presidente, infatti, similmente agli eredi di Mao inaugurò una politica economica di sostegno alle società kazake (tutte o quasi controllate dal Governo) che, potendo contare sul monopolio del mercato interno, hanno saputo con discreto successo affacciarsi sul mercato globale. Si scrive Kazakistan, ma si può leggere anche: Cina.

Il presidente ha l’accortezza di investire gran parte dei capitali entrati nella sua nazione in infrastrutture, ospedali, scuole e addirittura per costruire una nuova capitale, chiamata con grande fantasia Astana (che in kazako significa: capitale); il presidente/dittatore cerca insomma di aumentare, notevolmente e rapidamente, il tenore di vita dei propri concittadini/sudditi, con un tasso di crescita non sostenibile in un paese libero. Qui l’osservazione si fa spietata: può essere questo il futuro della dottrina dello Stato post-democratico? Un nuovo Leviatano, un patto con il quale i cittadini rinunciano ai propri diritti politici in favore di un governo centrale, esecutivo e autoritario, che monopolizzando il mercato interno accresce la competitività internazionale e, di conseguenza, la ricchezza pro capite? Un governo che, in cambio della propria antidemocratica stabilità, promette l’afflusso e la distribuzione di nuovi capitali? Possibile un baratto tra la libertà e il benessere materiale?

Secondo Mullerson questo è un rischio evitabile attraverso la promozione della cultura (umanista, illuminista ed europea) dei diritti umani; secondo me, viceversa, più che un’eventualità è lo scenario più ampiamente probabile.

Sì, perché come si parla della generazione dei “nativi digitali”, ragazzi nati e cresciuti nell’era del computer e di internet e dunque più abili nel loro utilizzo rispetto alle generazioni precedenti, vorrei inaugurare anche la nozione di nativi globali, riferita non più a persone, ma a Stati: paesi nati quando il mercato già diventava globale e dunque, da subito, adattati e inseriti rispetto a questo nuovo, poderoso, spietato, meccanismo economico. Parliamo del Kazakistan, parliamo della nuova Cina, parliamo di qualche episodio sudamericano e africano. Parliamo dell’India.

L’India, il paese con il quale l’Italia non è entrata in guerra per salvare i propri marò, il paese con il quale non abbiamo litigato per non riavere i nostri marò, il paese che, a detta di molti, ha reso evidente la nostra leggerezza sul nuovo scacchiere internazionale. Bei tempi, quelli in cui non litigavamo con l’India! Un’economia rampante di un miliardo e mezzo di persone, nazione dinamica e affascinante, enorme, un subcontinente; oggi, invece, non litighiamo con il Kazakistan, un paese di rispettabili storia e tradizione, ma che fino all’episodio di Shalabayeva e figlia era conosciuto dalla maggior parte degli italiani come la patria del baffuto Borat, misero giornalista che limonava con la sorella e cercava di rapire Pamela Anderson. Esatto: ci siamo fatti infinocchiare dal paese di Borat – che non è ancora Cavaliere, ma visti i tempi potrebbe anche divenirlo.

Così, mentre Nazbarayev vince onorificenze in tutto il mondo e sponsorizza ciclisti e si riporta a casa Shalabayeva e figlia (che nel migliore dei casi saranno ostaggi per il resto della loro vita), da noi il telegiornale mostra il ministro degli Interni spiegare che nessuno gli ha detto nulla, che non sapeva dell’operazione che ha portato cinquanta poliziotti a imbarcare due perseguitate politiche su un aereo per Astana, alla corte del Cavalier Nursultan (ben diversa da quella del Cavaliere Silvio); e il governissimo (che dovrebbe risollevare l’economia, sostenere l’occupazione, decidere dell’IMU, cambiare legge elettorale, riformare province e parlamento) si perde dietro l’orango di Calderoli, i processi di Berlusconi, le sfide di Renzi, la sfiducia ad Alfano, et similia; e la domanda che vorrei fare io è: se aveste dieci euro da puntare, da qui a vent’anni, sull’Italia o sul Kazakistan, su chi osereste scommettere?
 
ma quale banana! e' romano prodi l'uomo di nazarbayev a roma - Politica

1. MA QUALE BANANA KAZAKO! E' MORTADELLA PRODI L'UOMO DI NAZARBAYEV IN ITALIA 2. “PANORAMA”: “IL 23 MAGGIO, UNA SETTIMANA PRIMA DEL BLITZ NELLA CASA ROMANA DELLA MOGLIE DEL DISSIDENTE KAZAKO MUKHTAR ABLYAZOV, ROMANO PRODI PRENDEVA LA PAROLA AL PALAZZO DELL’INDIPENDENZA DI ASTANA, CAPITALE DEL KAZAKHSTAN” 3. PRODI È NELL'ELENCO DI SUPERCONSULENTI (SCHRÖDER E BLAIR) STIPENDIATI CON ASSEGNI A SEI ZERI DAL “DITTATORE” COSÌ CARO ANCHE A RE GIORGIO E A NICHI VENDOLA 4. “SI PUNTA SOLTANTO SULL’”AMICIZIA” DI BERLUSCONI, MA IN VERITÀ, MOLTI POLITICI ITALIANI, COME OSCAR LUIGI SCALFARO, LAMBERTO DINI, MARIO MONTI, SONO ANDATI IN VISITA UFFICIALE IN KAZAKHSTAN, DOVE GLI INTERESSI ECONOMICI ITALIANI SONO ENORMI”

1. ANCHE PRODI ALLA CORTE DEL RE KAZAKO, UNA SETTIMANA PRIMA DEL BLITZ A ROMA
"Panorama" in edicola domani

Il 23 maggio, una settimana prima del blitz nella casa romana della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, Romano Prodi prendeva la parola al Palazzo dell'indipendenza di Astana, capitale del Kazakhstan. Con un discorso di 10 minuti l'ex presidente del Consiglio educava il pubblico riguardo ai problemi dell'eurozona. Lo racconta Panorama sul numero in edicola da giovedì 18 luglio.
L'ex premier italiano del centrosinistra, infatti, ha un rapporto di lunga data con il presidente kazako Nursultan Nazarbayev. Si punta soltanto sull'«amicizia» di Silvio Berlusconi, ma in verità, scrive Panorama, molti politici italiani, come Oscar Luigi Scalfaro, Romano Prodi, Lamberto Dini, Mario Monti, sono andati in visita ufficiale in Kazakhstan, dove gli interessi economici italiani sono enormi.
Prodi ha continuato a frequentare il paese anche dopo aver perso la sua carica istituzionale. «Viene tre volte l'anno e mantiene ottimi rapporti con Nazarbayev» conferma una fonte kazaka di Panorama.
Nazarbayev ha riunito attorno a sé un comitato di consulenti che, oltre a Prodi, è composto dall'ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, dall'ex cancelliere austriaco Alfred Gusenbauer, dall'ex premier britannico Tony Blair, così come dal presidente emerito polacco Aleksander Kwasniewski o dal già ministro dell'Interno tedesco Otto Schilly. E i loro consigli sarebbero tutt'altro che gratuiti.
Scrive Panorama citando Der Spiegel: «Secondo il settimanale tedesco, per le prestazioni dei superconsulenti vengono pagate parcelle annuali con cifre a sei zeri. Secondo la stampa britannica, Tony Blair, l'ex premier inglese, incassa da Astana oltre 9 milioni di euro per il disturbo».
Sul nostro sito e sulla versione digitale per i tablet sono visibili i filmati degli interventi di Romano Prodi ai forum economici di Astana nel maggio 2012 e nel maggio 2013.

2. QUANDO PRODI E NAPOLITANO OMAGGIAVANO IL KAZAKISTAN
Tommaso Montesano per "Libero"
Quella missione alla guida di oltre 200 imprenditori capitanati da Luca Cordero di Montezemolo, allora presidente di Confindustria, Romano Prodi la cominciò con una battuta delle sue: «Caldi rapporti con il Kazakistan. Anche perché l'Italia stia al caldo...». È il 7 ottobre 2007 e il Professore è da un anno e mezzo tornato a Palazzo Chigi. In programma c'è la visita ufficiale, la seconda dopo quella effettuata nel 1997 al tempo del suo primo governo, al presidente Nursultan Nazarbayev.
Obiettivo: spianare il terreno alle trattative fra Eni e la kazaka Kaz- MunaiGas per Kashagan, il giacimento sul mar Caspio del nord. Non a caso ad accompagnare Prodi c'è Emma Bonino, all'epoca ministro del Commercio estero. Ovvero colei che ieri, da ministro degli Esteri, dopo aver nei giorni scorsi scaricato ogni responsabilità del forzato rimpatrio di Alma Shalabayeva sul Viminale, ha fatto sapere che convocherà alla Farnesina l'ambasciatore kazako per «ricevere adeguati chiarimenti».

CONSULENTI D'ORO
Un rapporto, quello tra il Professore e il regime di Astana, che stando all'edizione on line del settimanale tedesco Der Spiegel sarebbe proseguito anche dopo l'addio di Prodi a Palazzo Chigi. Lo scorso 13 marzo, infatti, sul sito della rivista è apparso un articolo che ricostruisce la rete di appoggi cui, nonostante le denunce delle organizzazioni dei diritti umani, in primis Amnesty International, continua a godere Nazarbayev.
«Gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schroeder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l'ex presidente polacco Aleksander Kwasniewski e l'ex ministro dell'Interno Otto Schily». Tutti esponenti, nei loro Paesi di appartenenza, «di partiti socialdemo di loro riceve ogni anno compensi a sei zeri». Ad esempio Blair, a sentire la stampa britannica, riceverebbe un salario annuale di nove milioni di euro.
Nazarbayev va giustamente orgoglioso anche delle parole con le quali Giorgio Napolitano, il 5 novembre 2009, lo ha salutato al termine della visita al Quirinale. In quell'occasione il presidente della Repubblica lodò la proposta del suo omologo kazako, che si apprestava a presiedere l'Ocse, di convocare una riunione «a livello di vertice dei capi di Stato di tutti i Paesi aderenti». Idea «eccellente», disse Napolitano, «noi la appoggiamo.
Non a caso questa proposta viene dal Kazakistan che è veramente esempio e specchio di tolleranza, di moderazione, di convivenza pacifica». Una descrizione del Paese asiatico che non coincide con quella tratteggiata da Amnesty International nell'ultimo rapporto,che accusa il Kazakistan di «uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza»; «tortura e altri maltrattamenti»; «processi iniqui» nonché l'adozione di leggi sospettate di «ridurre la libertà di parola».

GLI INVITI DI NICHI
Neanche Nichi Vendola, che pure oggi grida alla «vergogna» per il comportamento del governo sul caso Kazakistan al punto di chiedere le dimissioni di Angelino Alfano in nome dell'«igiene istituzionale », inorridiva alla prospettiva di fare affari con Astana. Nel dicembre 2011, infatti, il presidente della Regione Puglia festeggiò a Bari l'indipendenza del Kazakistan con l'allora ambasciatore Almaz Khamzayev.
Il leader di Sel corteggiò in lungo e in largo il diplomatico: «Noi siamo terra in cui gli investimenti possono essere di grande giovamento per la loro economia e noi possiamo portare nel loro territorio una parte delle nostre eccellenze imprenditoriali. L'Italia è l'interlocutore assolutamente naturale per un'area come quella del Kazakistan».
 

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Ricordiamolo così
 

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Eccezionalmente conferito ai cavalieri di gran croce per premiare altissime benemerenze di persone eminenti, italiane e straniere. Di solito è riservato ai capi di Stato.

È la massima onorificenza concessa dalla Repubblica Italiana.



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