Un sogno lungo una vita (una vita dissoluta)

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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Ho ripescato dal mio HD un file del 2003, tratto dal FOL

E ve lo ripropongo perchè mi piacque molto.

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Lorenzo vi racconta, a puntate, una storia vera, la storia di un amico.

E' (molto sinteticamente) la storia dell'uomo che mi fece conoscere la borsa

Quando proprio non avete niente da fare potete anche leggerla

Un sogno lungo una vita (una vita dissoluta)

Ero un ragazzo come tanti, vivevo (e vivo) in un comune alle porte di Milano. La scuola, gli amici l’oratorio, il calcio erano il mio mondo, il mondo di un adolescente.

Ma con la scuola il feeling non era buono e così, dopo i primi 2 anni di liceo, mollai il colpo.

Non so neanche io per quale storica ragione, al mio paese risiedesse un alto concentrato di operatori di borsa. A tutti i livelli, dall’Agente di cambio al portaborse. Sta di fatto che era così. Come sta di fatto che al mio paese vivesse un uomo, che tutti si chiamava “il Cavaliere” (lo era veramente per meriti di guerra), la cui influenza si estendeva dall’area cattolica a quella social comunista senza distingui.

Cattolicissimo, il cavaliere era un uomo povero ma politicamente potente. Un favore a lui non si rifiutava mai e lui usava questa sua forza principalmente per fini di bene.
Tre giorni dopo che mio padre, che non ne poteva più di vedermi bighellonare tutto il giorno, chiese al cavaliere una mano per sistemarmi, avevo un lavoro.

Così anch’io come tanti miei amici prima e come altri che sarebbero arrivati dopo mi ritrovai a lavorare nel mondo della finanza e degli affari, assunto come ragazzo tuttofare presso un agente di cambio.

Per me, senza neanche un diploma in mano, fu il massimo.

Assunto per compiacenza, all’inizio non sapevano neanche cosa farmi fare. Al mattino, quando le contrattazioni erano aperte, restavo in ufficio a girare i pollici poi, al rientro dei colleghi dalle grida, iniziavo a dar loro un mano con le pratiche da svolgere……più che altro mettevo ordine alle carte e archiviavo, robetta da poco.

Ero comunque un ragazzo di buona volontà e col tempo dimostrai interesse e attitudine al lavoro. Quando c’era bisogno, e c’era spesso, restavo fino a tarda ora senza mai negarmi. Iniziai a studiare questo strano mondo in cui ero capitato dove giravano cifre da capogiro e dove tutti quelli che gravitavano intorno a me sembravano arricchirsi con facilità.

La cosa bella poi era ascoltare i racconti dei più anziani, le storie dei miti e delle leggende di Piazza Affari, come quella dell’Aldone, Aldo Ravelli.
Si diceva che quando lui entrava nel parterre per un attimo suoni e rumori lasciassero spazio al silenzio più assoluto. Poi parlava l’Aldone e tutti si accodavano. Si narrava che un giorno l’Aldone, incallito ribassista, entrò alle grida e disse”Vendo tutto”. Fu panico generale e la borsa crollò in pochi minuti. Poi l’Aldone spiegò che doveva andare in crociera con la moglie e preferiva andarci da liquido, e così piano piano, chiarito l’equivoco, l’indice si riprese.

O le storie del fuochista, Luigi Palermo. Lui, al contrario dell’Aldone, caldeggiava sempre i rialzi, e anche lui come l’aldone era gettonatissimo. In più alle spalle aveva il Credito Italiano e pertanto quando parlava lui, gli altri si adeguavano. Tutti, meno l’Aldone. Tra i due era guerra dichiarata.

Così, mentre i miei coetanei crescevano tra libri di scuola e fumetti, io crescevo all’ombra dei racconti dell’aldone e del fuochista. Erano loro il mio fumetto preferito

Il massimo della felicità lo raggiunsi il giorno che per la prima volta misi piedi in Piazza Affari, per portare dei documenti ad un collega. Ero diventato ufficialmente un galoppino, il ragazzo che faceva su è giù dalle grida all’ufficio.

Entrato in sala contrattazioni, un brivido mi percorse lungo la schiena. Rimasi completamente assorbito dalla scena, da quella scena che avevo visto solo in televisione o sentito raccontare dai colleghi. Era il caos più totale. Immaginai per un attimo che entrasse l’Aldone e calasse il silenzio.

Avevo 18 anni, era il 1973. Non sapevo ancora che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata per sempre.

Fu forse l’ultimo mio giorno da adolescente. Rientrai in ufficio con una sola idea nella testa: diventare uno di loro, diventare più bravo di loro, diventare ricco. I sogni si possono scegliere, ed io scelsi quello.
Negli anni che seguirono diedi il meglio di me stesso, e fu l’ultima volta che diedi qualcosa di buono.
Sveglio ero sveglio. Studiavo molto i movimenti di Piazza Affari, e cominciai a farmi delle idee mie sui possibili andamenti di alcuni titoli.

Non osavo certo parlarne con gli altri. Le tenevo per me e ne controllavo attentamente l’esito.
Buono. L’esito era spesso buono. In un mercato morto, dove a metà degli anni settanta con poche miglia di miliardi, 5 se non ricordo male, ti potevi comprare tutto il listino, io riuscivo a fare delle operazioni (ipotetiche) che davano buoni risultati.

Decisi così alla fine di sbilanciarmi e di buttare giù le mie idee ad alta voce. Mi intromettevo nelle discussioni degli altri e dicevo la mia. I “va a ca.gare”, più o meno detti scherzosamente, in genere si sprecavano, ma tanto sta che alla fine qualcuno si accorse che tanto stupido non ero, e quel qualcuno altro non era che il grande boss, che mi prese presto in simpatia, fino a prospettarmi una crescita professionale all’interno di quella piccola azienda di famiglia.

Diventai, per sua stessa ammissione, come un figlio per lui. Io ripagai. Prima presi il diploma di Ragioniere, poi superai con merito l’esame per la Procura. Diventai nel mio piccolo uno di loro, ed arrivarono anche le prime soddisfazioni economiche.
Ma insieme ai soldi arrivarono presto anche i primi guai, perché il mio cervello si spappolò completamente e partì per una tangente tutta sua.

Il tempo dell’oratorio era ormai un tempo lontano, ed al Dio che avevo pregato lì fu chiesto di farsi da parte per uno nuovo, il Dio denaro, che a differenza del primo, mi regalava soddisfazioni a quel tempo molto più tangibili e apprezzabili.

Vestivo come una copertina di Vogue, mi concedevo ogni genere di lusso, giravo con una bella automobile. Spendevo regolarmente tutto quello che guadagnavo, arrivando a fine mese sempre tirato, ma felice. Finchè non conobbi Roul.

Con lui ci si vedeva alle grida. Lavorava per un agente di cambio piemontese, ed era completamente fuori di testa, genio e sregolatezza. Fui attratto subito dalla sua forte personalità, dai suoi modi di fare decisi e sicuri, ma soprattutto dalla sua spregiudicatezza nel compiere operazioni di borsa.

Al contrario di me, prudente e regolare nel gestire i soldi sia miei che degli altri, Roul azzardava, azzardava molto. Fu lui che mi trasmise il concetto che in borsa non si investiva, ma si speculava, si azzardava e basta. La borsa è un grande casinò, mi ripeteva in continuazione.

Già, Roul azzardava, ma non solo in borsa. Lui azzardava dappertutto. Cavalli carte casinò. Dove c’era un gioco c’era lui. E presto al suo fianco ci sarei stato anch’io.
La nostra amicizia si consolidò definitivamente il giorno che Roul mi chiese di sco.pare la sua ragazza
Già proprio così. A differenza di me Roul aveva una donna e godeva nel guardare la sua ragazza farsi sco.pare dagli altri. La sua ragazza accettava di buon grado, anche perché era come lui, la dissolutezza in persona. Io accettai, stordito imbarazzato e al tempo stesso eccitato. Così eccitato che quando arrivò il giorno e fu il momento eiaculai ancora prima di metterglielo dentro.

Per Roul e la sua ragazza la cosa fini con una risata, ma per me no. Per me non fu uno scherzo, ma un vero e proprio trauma.
Non avevo mai avuto una ragazza nella mia vita, bloccato dalla timidezza, dalla convinzione di essere brutto e dal tempo, tanto tempo, esclusivamente dedicato al lavoro, (e in ufficio, tolto un paio di segretarie già avanti con l’età eravamo tutti uomini).

Non so se fossi veramente brutto o cosa. Il fisico non era male, ma la mia faccia non mi piaceva. Un naso troppo grosso, dei lineamenti estremamente marcati su un viso troppo lungo. Con le donne ero una frana, e dopo un paio di 2 picche presi ancora ragazzo, neanche ci provai più.

Forse per le reminescenze di estrazione cattolica, i rapporti mercenari non erano mai stati presi in considerazione, e pertanto le mie voglie venivano soddisfatte solo attraverso una masturbazione frequente.

Ma uscito da casa di Roul quella sera ruppi il ghiaccio. In macchina non riuscivo a pensare altro che alla figuraccia rimediata, ma non solo. Le cosce aperte di lei…le avevo sempre davanti agli occhi. Mi fermai in Corso Buenos Aires e caricai la prima che trovai.

Forse sarebbe stato meglio non farlo. Perché iniziai ad andare a put.tane sistematicamente, anche 2 volte nella stessa sera.

E pagavo pagavo profumatamente togliendomi ogni libidine di cui ne avessi voglia. Nello stesso tempo, trascinato da Roul, iniziai a giocare.

In pochi mesi la mia vita fu completamente stravolta. Nei week end e ogni qual volta fosse possibile anche di sera nei feriali, si giocava.

Si giocava a Poker e si giocava pesante. Interminabili serate trascorse a casa di Roul, tra fumo bottiglie di whiskey e bestemmie, tante bestemmie. Troppe direi oggi.

Scoprii presto di essere un perdente. E avrei capito solo molto più tardi che non ero lì per caso, e che non era solo sfortuna la mia, ma che, a quel tavolo, ero la vittima predestinata. Quanto Roul fosse compiacente in questa cosa non lo so. Certo anche lui perdeva, ma tra vincite e perdite si barcamenava, mentre i miei erano continui bagni di sangue.

E poi quando lui perdeva spesso pagava lei. Offerta con la compiacente libidine di Roul alla nostra mercè, lei non disdegnava affatto, arrivando ad accoppiarsi contemporaneamente con 2 persone sotto gli occhi di tutti..

E visto che io raramente ero uno di quelli, uscito da casa di Roul con il morale sotto i tacchi, altro non restava che infilarmi in una camera d’albergo con una tro.ia qualsiasi.

Ma non c’era solo il Poker. C’era anche il Casinò e c’era l’ippodromo di San Siro.

Il nostro week end tipico iniziava a casa di Roul con le carte al venerdì. Poi, al sabato pomeriggio, c’erano i cavalli ad aspettarci. Non ci si perdeva una corsa. Si giocava su S.Siro ma si giocava anche sugli altri campi. Era un continuo alternarsi di emozioni. Un attimo su, tre corse dopo giù. Un po’ su ed un po’ giù, ma a fine serata poi i conti non tornavano quasi mai in positivo.

Poi arrivava la febbre del sabato sera. Un cinema come tutti gli altri? No sarebbe stato troppo banale. La nostra febbre era il gioco, era ormai la nostra malattia. Ci definivamo i lebbrosi e ci compiacevamo di esserlo. M quale cinema. Giacca e cravatta, destinazione Campione d’Italia o S.Vincent. Cena e poi via a testa bassa sui tavoli.

Almeno lì, posso dire con orgoglio, qualche colpo lo facevo. Alla roulette la fortuna girava spesso dalla mia parte, ripagandomi in parte delle altre perdite. Strano ma vero, uscivo dal casinò più da vincitore che da perdente, anche se le vincite finivano quasi sempre nelle tasche di Roul e soci, di cui ero debitore.

La donna di Roul era la più lebbrosa di tutte e dilapidava a chemin de fer veri e propri patrimoni.

Il lavoro per fortuna girava dalla nostra e sul lavoro tenevo bene, operando sempre con coscienza e con rischio moderato. Il big boss era contento di me ed i premi non mancavano. Tra stipendio, premi extra e operazioni che facevo per mio conto alla fine del mese, e parlo di inizio anni 80, portavo a casa tra i 3 ed i 4 milioni. In quegli anni con venticinque milioni, ti compravi un trilocale in una palazzina nuova, tanto per dare un'idea del rapporto.

Giù alle grida ritornavo me stesso, ritornavo il ragazzo intelligente e preparato che ero. Prendevo qualche piccola scoppola, come tutti, ma mai niente di eclatante. Il lavoro era la fonte che alimentavo tutti i miei vizi, ne ero cosciente. Perso quello sarebbe stato un problema. E poi c’era lui il big boss, non potevo tradire la fiducia che aveva riposto in me.

Ma fuori da lì era un dramma. Ero entrato nel circolo vizioso del gioco. Il gioco era la mia passione, la mia vita. Non esagero quando vi dico che se a S.Vincent buttava male, si usciva e si imboccava l’autostrada per Venezia. 460 km a velocità folle per arrivare prima della chiusura del casinò.

E se non si arrivava in tempo nessun problema. Si dormiva a Venezia, a qualunque prezzo, e si aspettava l’apertura della domenica pomeriggio per ributtarci sui tavoli verdi

E non era solo il gioco comunque. Era tutto l’insieme che mi dava una carica di adrenalina altrimenti impensabile. L’alcool, il fumo, il sesso mercenario ripetuto quasi come un’ossessione anche se poi, passato l’effetto, ti sentivi spesso svuotato, stanco e schifosamente puzzolente dentro.

Quando arrivavano quei momenti, cercavo immediatamente di scacciare ogni pensiero lontano da me, chiudendo gli occhi nella speranza di risvegliarmi al mattino come se nulla fosse successo.
Ma la coscienza si sa, ha il brutto vizio di non lasciarti mai in pace. Al contrario sbuca fuori all’improvviso e inizia a martellare dove il dente duole, proprio quando tu sei psicologicamente più fragile.

“stai facendo una vita di *******” mi ripeteva in continuazione, “una vita di *******”

Io capivo che lei aveva ragione, e provavo a reagire. E soprattutto pensavo. “sul lavoro sono bravo, se voglio posso essere migliore di tanti altri. Posso veramente diventare qualcuno”. In fondo era proprio per diventare il migliore che era iniziato tutto questo. E mi chiedevo: “lo sto ancora inseguendo o no questo sogno?”
Non erano poche le volte che poi che in piena notte scoppiavo a piangere come un bambino e dicevo:” da domani basta, da domani cambio vita”.

In quelle occasioni ritornavo al “circolo” a scambiare due chiacchere con gli amici di un tempo. Ci ritornavo quando ero depresso, o quando non avevo più una lira in tasca. Già perché nel frattempo cominciava a capitare che a volte i soldi finissero prima della fine del mese.

ma Roul era più forte delle antiche amicizie e della mia coscienza.
mi diceva “La tua coscienza? fai come me. Cerca dove si nasconde e sparagli, vivrai molto meglio dopo”

E così feci. Ma forse la colpii solo di striscio, e capirete più avanti perché

La colpii solo di striscio ma la colpii, tant’è che di li a poco le cose sarebbero andate precipitando.

Una sera, più rabbioso e perdente che mai, uscito da casa di Roul puntai dritto verso la circonvallazione alla ricerca del solito rapporto mercenario. Mi imbattei in una ragazza che avevo già notato ma che però non ero mai riuscito a caricare prima. Quella sera invece era lì sul marciapiede senza il solito trenino di macchine davanti. Sembrava fosse lì ad aspettarmi.
La caricai immediatamente e la cosa mi mise di buon umore.

Cuki, così si chiamava, era argentina. Capii subito che non era come le altre, anche perché mi chiese 5.000 lire più del prezzo abituale di mercato. S’informò sul mio nome con un bel sorriso e si dimostrò subito piacevolmente allegra. Non solo, arrivati in camera si spogliò completamente **** senza chiedere nessun extra, a differenza di molte sue colleghe che una volta in camera si spogliavano a metà, e se le volevi tutte nude dovevi tirare fuori altri soldi. La cosa che mi mandava in bestia era quando trovavo quelle che si toglievano la gonna e rimanevano con i collant con il buco, e giù a pagare per farli togliere.

Cuki iniziò a baciarmi, altra cosa alquanto insolita, ed accarezzarmi proprio come in un rapporto normale tra fidanzati.
La mia eccitazione andò alle stelle. Provai una sensazione completamente nuova, non sembrava neanche un rapporto mercenario, sembrava di stare insieme alla propria ragazza, almeno io così immaginavo che fosse, non avendone mai avuta una.

Poi cuki all’improvviso mi chiese se volessi penetrarla anche nel sedere, ed io, nel sentire pronunciare quelle parole, venni immediatamente alla sola idea di farlo.

Rientrai a casa sereno. Farlo con cuki era stato davvero bello e almeno lei l’extra me lo aveva chiesto per un qualcosa di cui ne valeva la pena.

Il giorno dopo, fuori dalle grida, parlai di Cuki a Roul, ma no solo di Cuki. Gli espressi i miei dubbi sugli amici del Poker. “Non è possibile che io perda sempre e non è possibile che quei due vincano sempre, guarda Roul, qui c’è sotto qualcosa che non và, ne sono sicuro”

Ma Roul trovò la mia ipotesi alquanto fantasiosa e passò anzi al contrattattacco. “Vedi, tu sei un perdente perché non ti concentri, perché non controlli le tue emozioni, perché ti si leggono in faccia le carte” “Devi fare qualcosa per restare più lucido. Dopo un paio d’ore di gioco sei stanco e perdi di lucidità, e diventa un gioco da ragazzi spennarti.”

“guarda me invece. Io sono sempre lo stesso, sempre lucido e determinato, così alle grida come al Poker, e sono un fantasista, cosa di cui tu manchi”

“E come fai ad essere sempre così” gli chiesi

“Mi aiuto”

“E come?”

Mi prese sottobraccio e mi sussurrò nell’orecchio: “Con la neve”

la sera stessa feci la mia prima sniffata e corsi subito dopo a sco.pare Cuki

Trovai di nuovo la cosa bella ed eccitante, tante bella ed eccitante che cuki diventò presto l’unica prostituta che mi andasse di frequentare. E se non c’era lei non si scopa.va. Punto e basta.

Che cuki mi stesse entrando nel cuore era evidente, ma con le ultime briciole di orgoglio che mi rimanevano cercavo di negare a me stesso nel modo più assoluto questa possibilità.

Ma capii che non si poteva nascondere l’evidenza il giorno che sferrai all’improvviso un pugno a Roul quando lui allegramente mi disse: “sai che avevi ragione, sono stato con quella cuki che dicevi, è proprio una tro.ia incredibile”
Roul rimase sbigottito. Talmente era stata grande e inaspettata la sorpresa che non trovò neppure la forza emotiva di reagire fisicamente. Si limitò a pronunciare uno sconcertato:”ma che cazzzo fai?”

Già, che cazzzo stavo facendo? Mi ero comportato come uno che scopre che l’amico del cuore si tromba la sua ragazza. Ma Cuki non era la mia ragazza, Cuki era una prostituta, e come la dava a me, l’aveva data anche a Roul…e la dava a tutti.

Roul, di fronte al mio silenzio fece presto a fare due più due e pronunciò l’impronunciabile: “non ci posso credere…….ti sei innamorato di una putt.ana qualsiasi.”

Non avrei mai voluto sentire pronunciare quelle parole.

Con Roul finì con le mie scuse e con un abbraccio, anche perché se ne uscì con una storia che mi fece ritrovare il buonumore. Mi disse” Me se sono dovute scopa.re due prima di trovare Cuki”

“Cioè?” chiesi io.

“ Tutto quello che sapevo era dove lavorava e che fosse sudamericana, e così l’altra sera sono andato là. C’era una ragazza con accento spagnolo, e l’ho caricata. Quando in camera gli ho chiesto di sco.parla anche nel sedere mi ha detto no, allora gli ho chiesto: ma non sei Cuki?”
“No, non sono Cuki, Cuki lavora dall’altra parte, in direzione opposta”

“Comunque ormai ero lì e ho finito di scop.arla. Poi sono uscito, ho girato con la macchina e mi sono fermato dall’altra parte dove c’era un’altra putt.ana. Solo che mi suonavano dietro e l’ho caricata di tutta fretta. Parlava anche lei spagnolo e lì per lì mi sono tranquillizzato. Invece neanche lei si chiamava Cuki. Gli ho spiegato che avevo sbagliato persona e che la riportavo al posto immediatamente, ma secondo lei ormai l’avevo caricata e dovevo dargli i soldi lo stesso perché gli avevo fatto perdere un altro cliente. A quel punto, pagare per pagare, me la sono scop.ata.”

“Poi ieri sera sono stato più accorto, e finalmente ho caricato questa benedetta Cuki”

Ma se con Roul finì con una mezza risata, dentro di me non finì proprio allo stesso modo. Il fatto di essermi innamorato di una ragazza di strada non era così irrilevante. Se poi ci aggiungevo il resto, il quadro era veramente desolante. A 27 anni, queste erano le mie certezze:

nel tempo libero ero totalmente dedito al gioco d’azzardo, ed ero un perdente
sniffavo ormai regolarmente cocaina
mi ero innamorato di una ragazza di strada, anzi chiamiamola con il suo nome, di una tro.ia

Non solo, a gennaio 1982, per la prima volta, dovetti chiedere un anticipo al big boss, perché con il mio stipendio non riuscivo più a coprire il tenore di vita che stavo facendo. L’arrivo della cocaina e l’arrivo di Cuki, che oltre a pagare per le prestazioni riempivo di regali più o meno importanti, facevano ormai pendere l’ago della bilancia tra entrate ed uscite decisamente in negativo.

Ed al big boss quella richiesta di anticipo, suonò molto strana.

Non mi disse ne sì ne no, mi disse ne parliamo più tardi. A tarda ora, rimasti soli in ufficio, mi chiamò alla sua scrivania.
Davanti a lui i tabulati con le mie operazioni; quelle personali, quelle fatte per la mia famiglia e quelle fatte per i clienti. Di fronte alla mia richiesta, la prima cosa di cui istintivamente si era preoccupato, era che non avessi fatto cazzzate strane in borsa.

I casi di operatori del settore che si rovinavano erano frequenti, a tutti i livelli, ma soprattutto nei giovani, trascinati dall’ansia di arricchirsi presto e bene.
 
:mmmm:

Non so se chiederti un sunto di max 2 righe, oppure darti l'accoglienza degna :D
 
bella storia....ovviamente siamo su un forum e non posso sapere se quello che scrivi è vero o è frutto di fantasia...pero bella storia....mia sembra the wolf of wall street...la morale che mi sono fatto è che tu in questo mondo ti ci sei ritrovato, in seguito ad una tua ambizione....oggi la maggior parte della gente vuole diventare quello che tu hai descritto
 
Non è la mia storia e nemmeno quella di qualcuno che conosco.

E' una storia apparsa sul FOL decenni fa, il file Word su cui l'ho salvata è del 2003...

E' abbastanza lunga e la posterò a puntate, ma abbastanza in fretta.
 
Ho letto la prima, l'ultima riga e per errore una riga in mezzo in cui c'era scritto solo "cioè, chiesi io".
Devo dire che non è male come storia... ho letto di peggio!
 
Il fatto di vedere che i conti fossero ok in parte lo tranquillizzò. Mi fece notare che dall’inizio dell’anno avevo eseguito sul mio conto operazioni complessivamente in attivo per più di 7 milioni, ma che sul conto non c’era neanche una lira. I soldi come entravano uscivano immediatamente.

“ad ogni modo” mi disse “se hai bisogno di soldi ti do una mano, non vorrei perdere per quattro lire un ragazzo valido come te”, e mi anticipò il 50% del premio ipotetico di fine anno.

Il big boss era una persona molto discreta, e mi firmò seduta stante un assegno senza di fatto chiedermi nulla, senza chiedermi il perché mi trovassi in quella situazione.
Ma sono sicuro che qualcosa sapesse, almeno per sentito dire. Piazza Affari era una piazza a tutti gli effetti, le voci ed i pettegolezzi sulle persone correvano di bocca in bocca come nelle migliori tradizioni di paese, tant’è che, e mi ripeto, pur non chiedendomi dettagli sul perché io avessi bisogno di soldi, a modo suo iniziò a farmi un pistolotto, pur prendendola alla larga.

“Vedi” mi disse “in questo mondo non sono tutte rose e fiori, anzi. E’ un mondo difficile, dove quelle che oggi sono certezze, domani possono essere solo lacrime. Siamo costantemente in balia di eventi più grandi di noi, e se questi eventi non li cavalchiamo nella giusta direzione, il rischio è quello di essere sopraffati dagli stessi. E dopo tutto diventa più difficile.
Quando ti imbarchi su una nave che sta affondando, a volte te ne accorgi solo quando ormai l’acqua è alta. Tu sei convinto che quella nave non stia affondando e che passata la tempesta possa riprendere a galleggiare verso il porto di destinazione. Ma la tempesta a volte dura più a lungo di quanto tu avessi preventivato, fino a farti arrivare l’acqua alla gola. Mi segui?”

Annuii con il capo.

“bene, e allora sai cosa succede quando si è con l’acqua alla gola? Succede che il più delle volte, invece di mantenere la calma e cercare una via d’uscita, ci si agita, si perde il controllo della situazione, e si commettono errori, errori fatali.”

Ero confuso, ma continuavo ad annuire.

“quello che sto cercando di dirti, è che in questo mondo girano tanti soldi, e che a volte, di fronte a questa vista, perdiamo la testa. Non ci accontentiamo, ma bramiamo, bramiamo di avere e possedere ogni giorno di più, o spendiamo con noncuranza quello abbiamo, tanto ne arriveranno presto altri. Li spendiamo magari al gioco.
Perché in fondo anche la borsa è un gioco e qualcuno cresce con questa idea e la sviluppa fino a concepire che tutta la vita altro non sia che un grande gioco d’azzardo. Ma più spendiamo o più bramiamo, più siamo costretti alla ricerca affannosa di nuova liquidità. E perdiamo di lucidità, commettendo errori stupidi. Errori di cui, accecati dalla tensione del bisogno, ci accorgiamo solo quando ormai non sono più recuperabili. E siamo già uomini morti”

Ed iniziò a raccontarmi la storia di G.S, la drammatica storia di GS.

“GS era un procuratore, uno dei tanti, che lavora presso un Agente di cambio molto vicino a noi. Lo si poteva definire un uomo irreprensibile, di alte qualità morali, dedito al lavoro, alla famiglia e alla Chiesa. GS era nato e cresciuto con l’Azione Cattolica, e non si era mai allontanato da quell’ambiente, neanche da adulto, anzi ne era diventato coordinatore a livello locale. Era considerato una specie di “Sergente di Ferro” per la rigidità dei suoi metodi educativi. Le sue lezioni di catechesi, rivolte ai più giovani, erano dei veri e propri sermoni di Dio, dove purezza di spirito e moralità troneggiavano dall’alto dei cieli a ricordare alle loro anime le sofferenze delle pene dell’inferno, qualora non si fosse scelta la retta via.

Sposato con due figli viveva in un modesto appartamento di 3 locali in una cooperativa di proprietà della Democrazia Cristiana.

Noi questa cosa non l’avevamo mai capita. Avrebbe potuto permettersi un’abitazione sicuramente più lussuosa o quanto meno spaziosa. Si pensava e si scherzava, o che fosse particolarmente taccagno, un vero e proprio spilorcione, o che la Chiesa, come spesso succede, in qualche modo lo circuisse succhiandogli risorse per fantomatiche opere di bene.

Ma le cose, come potrete leggere più sotto, non stavano così, al contrario

GS, nelle sue attività alla Parrocchia della Misericordia, poteva essere considerato il braccio destro del Prevosto, il braccio laico della chiesa: Era lui che leggeva personalmente “le letture” alla messa domenicale delle 11:30, la più importante. Era lui che sceglieva le canzoni, era lui insomma che coordinava tutti gli eventi più importanti.

Godeva della fiducia incondizionata del Prevosto che, anche lui essere umano e sempre bisognoso di soldi, approfittando del suo lavoro, gli affidò i suoi risparmi personali e quelli della parrocchia.

La gestione si dimostrò buona e la voce si sparse. Raccomandati e rassicurati dal Prevosto, presto molti fedeli, per lo più vedove e comunque generalmente anziani, affidarono i loro risparmi a GS, soldi che altrimenti, come si suol dire, sarebbero rimasti a marcire sotto i materassi.

GS gestiva, con autorità di firma, conti per circa una trentina di fedeli della Parrocchia.

Ma GS purtroppo, e lo si scoprì solo quando fece crack, non era un uomo propriamente così irreprensibile

GS aveva infatti una doppia vita. E mentre alla famiglia comunicava che avrebbe fatto tardi sul lavoro, o comunicava un’ improvvisa riunione alla sede centrale milanese dell‘Azione Cattolica, GS in realtà si infilava in una sala da gioco clandestina, scialacquando il proprio patrimonio

Non solo, in quegli stessi locali, oltre ai tavoli verdi, si poteva disporre di salette privè. Ed in quelle salette non si giocava solo a Poker. In quelle salette si svolgevano vere e proprie orge di sesso mercenario. E pare che GS ne fosse frequentatore abituale.

Sta di fatto che GS fece crack, e fece crack due volte. Prima dilapidò il suo patrimonio, poi piano piano iniziò a dilapidare il patrimonio che aveva in gestione, in un susseguirsi vorticoso di perdite al gioco e operazioni sbagliate in borsa.

La bolla scoppiò il giorno che il Prevosto, nonostante fosse stato da lui ripetutamente sconsigliato, decise di dare il via ad alcune opere di ristrutturazione dei saloni dell’oratorio.

Fu a quel punto che a GS non restò che comunicare che sul conto della Chiesa non c’erano che pochi biglietti da mille..
E sui conti dei parrocchiani le cose non andavano meglio.

GS fu licenziato in tronco, ed il suo Agente di cambio ripianò una grossa parte delle perdite per mettere a tacere lo scandalo.

Lui si chiuse in se stesso e non uscì più di casa dalla vergogna. Si ammalò di cancro, pochi mesi dopo gli eventi. Cancro da stress si disse, o il castigo di Dio, dissero altri.

GS si spense così in pochi mesi, a soli 48 anni, consumandosi giorno dopo giorno.

L’ultimo di noi che lo vide, un collega a cui lui era particolarmente affezionato, ci raccontò che GS passava le sue ultime giornate completamente assente con la testa. Aveva preso a bestemmiare, e le uniche parole che pronunciava erano contro Dio.”

Il big boss terminò così la sua storia.

Io uscii dal suo ufficio con una certezza: avevo dei soldi in tasca, e non erano pochi.

Di GS non avrei mai voluto sentire la storia, e per non pensarci più mi infilai nel letto di cuki.

Grazie al big boss, disponevo di una somma che corrispondeva più o meno a sei mensilità. Una vera e propria boccata d’ossigeno, che ridava fiato alle mie finanze. Potevo tornare alla mia vita senza problemi per qualche tempo.
Stranamente però, mi fermai a riflettere. Quei soldi, se le cose non fossero andate per il verso giusto, non sarebbero durati molto tempo.

Dovevo cercare di far fruttare quel piccolo patrimonio, ai fini di dare più ampio respiro alla cassa.
Con la borsa non avrei potuto fare più di tanto, anche perché immaginavo che da quel giorno il big boss avrebbe tenuto i miei movimenti più sotto controllo, e se mi avesse scoperto investire l’intera somma in qualche operazione a rischio, sicuramente mi avrebbe richiamato a più miti consigli. Comprai comunque qualche Fiat, versando un acconto del 10%, ed il resto lo tenni in tasca.

In quel periodo con il Poker avevo rallentato un attimo, anche perché costretto dalla mancanza di liquidità e dai debiti pregressi che andavano coperti. La voglia di giocare era tanta, ma tanta era anche la paura di ritrovarmi di nuovo a zero lire in tasca.

Parlavo con Roul di queste cose, quando lo stesso ebbe un’idea che io lì per lì trovai semplicemente folle.
Ma Roul era uno che non si perdeva d’animo, e quando si intestardiva su un concetto, tanto faceva che finivi per condividerlo. E così, dopo aver ascoltato attentamente i suoi ragionamenti, alla fine mi convinsi che la cosa era fattibile, ed anche interessante.

“Perché non facciamo i Clanda a S.Siro” mi propose.

Se non sapete cos’è un Clanda ve lo dico io. Il Clanda altro non è che un allibratore clandestino, un allibratore cioè che, per invogliarti a giocare da lui, offre tipicamente quote più alte di quelle presenti al totalizzatore o presso i baracchini degli allibratori regolarmente iscritti all’albo.
Per fare il clanda devi conoscere bene il mondo delle corse, anche perché il mestiere non è esente da rischi, e la copertura finanziaria deve essere solida, perché se la sera vuoi uscire senza le ossa rotte dall’ippodromo, le vincite vanno pagate.

“Ma sei fuori?” gli risposi “Ci sono troppi rischi e se la fortuna ci volta le spalle ci bruciamo tutto in pochi minuti”

Già la fortuna. Sarebbe bastato fermarsi un attimo e pesare quella parola per capire che io alle corse non ero certo fortunato, anzi. La sfiga si accaniva contro di me regolarmente, fino all’inverosimile.
Tanto per dirvene una, un giorno arrivai a scommettere mezzo milione su un cavallo che poi morì in corsa. Si, proprio così. Era una cavallina strafavorita, con una quota molto bassa. La davano ad ¼., mezzo milione per vincere 125 mila lire, sembrava di rubare. E invece successe che in corsa, mentre era in testa, la cavalla ruppe il passo e poi cadde su se stessa azzoppandosi gravemente. Ed un cavallo da corsa zoppo, si sopprime, per evitare ulteriori sofferenze. E così successe quel giorno. Soppressa in pista.

Ma io non mi fermai a pensare, e Roul incalzò sicuro.

“pensaci bene. Tra il banco ed il giocatore, chi vince alla fine?”
“si dice che alla fine vinca sempre il banco” risposi
“e un clanda, è il banco o è il giocatore”
“un clanda è il banco naturalmente”
“e allora……………abbiamo un po’ di soldi, proviamoci. Il banco vince sempre, il banco vince sempre…….”

Anch’io mi servivo regolarmente da un clanda. Chi frequentasse l’ippodromo di s.siro negli anni 80 sicuramente se lo ricorda. Molto robusto e basso di statura, con forte accento meridionale, indossava sempre, sia estate che inverno, cappelli a falda larga. Sotto il naso facevano capo un paio di baffoni unici. Impossibile non notarlo. Ti si avvicinava con descrizione e spifferava nelle tue orecchie quote a cui non si resisteva.

Ne parlai con lui. Chiesi se avesse dato fastidio se avessi quotato anch’io.

“Nessun problema” mi rispose, “c’è posto per tutti, non venire dai miei clienti e non fare cazzzate che qui ti fanno la pelle”

Il cerchio era chiuso. Nell’ambiente degli scommettitori più accaniti ero conosciuto, masticavo pane e cavalli e pertanto pensavo di saperla lunga, qualche soldo di liquidità tra me e Roul c’era, e anche il vecchio Clanda aveva dato il suo benestare.

Eravamo pronti per iniziare, …..

La prima cosa che scoprimmo nella nostra nuova attività di clanda fu che procurarsi i clienti non era poi una cosa così semplice. I soldi sono soldi, e prima che qualcuno te li dia in mano, ce ne vuole. E nei nostri confronti la diffidenza all’inizio fu tanta, anche tra i giocatori con cui ci si vedeva abitualmente da tempo.

Ma piano piano ci ritagliammo la nostra fetta di clientela e guadagnammo la fiducia sul mercato, grazie anche ai pagamenti sempre regolari effettuati sulle scommesse vincenti.

Dopo un paio di mesi, e sabati e domeniche interamente passate all’ippodromo dalla prima all’ultima corsa potevamo tirare un primo bilancio estremamente positivo. Non ci sembrava vero neanche a noi, ma si usciva da lì con i soldi in tasca, e qualche volta i soldi non erano neanche pochi. La cosa ancora più bella era che noi non si scommetteva più, o lo si faceva raramente.

Presi dalla gestione del business, ci si preoccupava di gestire le giocate, di calcolare le entrate e le conseguenti ipotetiche uscite, al fine di non correre particolare rischi. Oltre a questo, le orecchie dovevano essere sempre tese e pronte a recepire qualsiasi rumor circolasse, proprio come alle grida, mentre gli occhi dovevano ballare in continuazione per controllare le quote degli allibratori ufficiali.

Non si giocava insomma, non ce ne era il tempo, e neanche il bisogno. Noi eravamo il banco, gli altri i polli. Il mondo si era girato, dalla nostra parte questa volta.
Riconobbi che Roul, con la sua idea, era stato geniale. Eravamo così eccitati che Roul arrivò al punto di pensare di mollare il lavoro per fare solo il mestiere di clanda, ma io lo feci desistere immediatamente. Una volta tanto mi imposi, anche perché avevo appena imbroccato una serie di movimenti vincenti con azioni della galassia fiat, di cui mi ritenevo nel mio piccolo grande esperto.

Era il mio momento magico, era come vivere in una favola. I soldi arrivavano da destra e da sinistra.
L’acquisto della coca e le serate al poker o al casinò non erano più un problema, e poi c’era sempre lei, Cuki, di cui ero ormai ufficialmente innamorato. Un amore che per certi versi si poteva definire contraccambiato.

Cuki infatti, nei mesi di crisi economica che avevano preceduto questo periodo felice, aveva accettato più di una volta di fare l’amore senza essere retribuita, fidandosi della promessa che avrei pagato più avanti.

A cuki era ormai chiaro che il mio frequentarla regolarmente non era certo un caso. Ne avevamo parlato insieme. Lei apprezzava, ed in cuor suo avrebbe anche ricambiato ma, come mi precisava sempre, non le era possibile.
“Non faccio questo lavoro per scelta, non più ormai. Se potessi scapperei dall’altra parte del mondo per ricominciare una nuova vita. Ma non posso, lui mi troverebbe e mi massacrerebbe”

Era questo il suo ritornello. Erano queste in sintesi le parole che descrivevano il suo stato d’animo.

Ma era il mio momento fortunato, e mi sentivo più forte di tutto e di tutti e non mi faceva paura niente. Tanto insistetti, che cuki alla fine accettò di passare un week end con me.

Quando lo dissi a Roul, sul momento lui si mostrò seccato, pensando al lavoro perso all’ippodromo, poi mi propose:
“Senti facciamo così, quotiamo al sabato, poi partiamo tutti insieme, anche con la mia ragazza, per Venezia. Mangiamo, dormiamo, ci facciamo la mattinata a spasso ed il pomeriggio al casinò”

L’idea mi piacque subito, Roul era sempre un grande, niente da dire.

Si partì con il morale alle stelle, dopo l’ennesimo sabato passato da clanda vincenti. L’unica sulla sue era cuki, estremamente tesa per quello che stava facendo. Quella sera infatti non si sarebbe presentata al suo solito posto sul marciapiede, e la cosa comunque la preoccupava. Ma la nostra allegria la coinvolse presto, e strinse subito amicizia anche con Deborah, la ragazza di Roul.

Deborah però ad un certo punto tirò fuori la coca, sniffò e ce ne offrì. Cuki mi guardò stranita. A lei non avevo mai confessato il vizio. Declinammo entrambi e ci fu qualche attimo di silenzio.
Guardando Deborah sniffare e conoscendola molto bene anche dentro, pensai tra me e me che tra le due la vera tro.ia era lei.

Arrivati a Venezia, si puntò dritto al ristorante e la serata corse via piacevole fino a quando Roul mi prese in disparte e mi disse:
“A Deborah piacerebbe scopare con la tua tua ragazza, o comunque fare qualcosa di carino tutti insieme”
 
Sul momento la mia reazione interiore fu totalmente negativa, anzi mi sentii quasi offeso per quella proposta.
L’idea che Roul scopa.sse cuki mi infastidiva, ma nello stesso tempo, mentre facevo questi pensieri, scoprii di essere terribilmente eccitato all’idea di vedere due donne fare l’amore tra di loro. E non solo, mi sentii anche orgoglioso del fatto che Roul avesse chiamato cuki la mia ragazza

Dopo un attimo di esitazione, alla fine risposi: “gliene parlo”

Cuki mi disse che fare l’amore con una donna non sarebbe stata un’esperienza nuova per lei, ma che comunque l’avrebbe fatto solo se faceva piacere anche a me.

A dispetto delle due prenotate, finimmo tutti e quattro in un camera sola.

Roul e Deborah erano decisamente su di giri, ma lo eravamo comunque un po’ tutti. Vino e superalcolici non erano stati certamente lesinati durante la cena.
Neanche il tempo di chiudere la porta che Roul ruppe subito il ghiaccio iniziando a palpeggiare Deborah in mezzo alle cosce.

Io partii all’attacco con cuki che rideva come una matta per quella strana situazione e continuava a ripetere sghignazzando ”stasera la do gratis a tutti”.

Si continuò così, per qualche minuto, ognuno con la sua donna. Poi Deborah si spostò verso di noi ed iniziò a palpeggiare cuki sui seni. Cuki la strinse a sé e le sparò la lingua in bocca.
Iniziarono a baciarsi con passione. Guardandole pensai che quella di Deborah più che passione fosse vera e propria foga, mentre cuki mi sembrava decisamente più posata.

Io e Roul ci tirammo indietro e le lasciammo libere di fare, entrambi eccitatissimi da quella vista.
Le ragazze non si risparmiarono, anzi.
La pressione salì così presto alle stelle, e io mi ripresi cuki. Altrettanto fece Roul e continuammo tutti e 4 di traverso sullo stesso letto, mentre le ragazze con la faccia rivolta uno contro l’altra non smettevano di limonare tra di loro.

Andai completamente in visibilio quando mi resi conto che cuki era bagnata. Era la prima volta che la sentivo così. Il fatto che cuki stesse provando piacere vero non poteva che rendermi felice ed eccitarmi ancora di più.

Ero immerso in questi pensieri quando sentii la voce di Roul che mi disse: “vieni, dai” indicandomi Deborah e spostandosi all’indietro. Guardai d’istinto Cuki e la vidi fare un cenno di assenso con la testa.

Mi spostai verso il corpo di Deborah, mentre vidi che Roul stranamente non girò verso cuki ma andò a sedersi sulla poltroncina. Non so se lo fece per rispetto verso di me o per il suo innato piacere di stare a guardare. Dentro di me pensai”meglio così”. Poi alla vista del di dietro di Deborah glielo infilai dritto senza esitazione nel secondo canale, o canale superiore se preferite.
Lei non fece una piega anzi, sembrava non aspettasse altro.

E in quel rapporto ***** con Deborah con ci fu solo il piacere della carne. Provai un piacere diverso, superiore. Il piacere del dominio e della sottomissione. Tant’è che i miei movimenti, di solito dolci e sensuali, erano invece frenetici e quasi violenti.
Era come se la stessi castigando, se le stessi facendo pagare un qualcosa di male che mi aveva fatto.
Già, perché a me in fondo Deborah non stava molto simpatica, e soprattutto mi ero messo nella testa che fosse sempre foriera di guai.

Ero praticamente al limite del contenimento del piacere ultimo quando i miei valori di adrenalina crollarono all’istante.
Sentii infatti il membro eretto di Roul spingere contro il mio deretano.

Lo allontanai voltandomi di scatto e quasi senza fiato gli dissi “cazzzo stai facendo?”
Roul mi rispose: “hai penetrato Deborah nel sedere, non dovevi farlo, e adesso io sodomizzo te”

Ma non fece in tempo a finire la frase che si mise a ridere, seguito a ruota da Deborah e Cuki che scoppiarono anche loro in una risata fragorosa.

Era uno scherzo. Gli ******* si erano messi d’accordo a mia insaputa e adesso se la ridavano alle mie spalle.

“ma andate tutti a cag.are”, gli risposi

Quello comunque era il segnale di Roul che i giochi di gruppo erano finiti, e ognuno si accomodò nelle sue stanze, dopo un ultimo appassionato bacio tra le due ragazze che sembravano quasi dispiaciute della cosa.

Neanche 24 ore dopo, la mia teoria che Deborah fosse foriera di guai, avrebbe trovato la sua piena conferma.

Smaltiti gli effetti della serata, il week end proseguì serenamente a spasso in una Venezia festosa , sotto un piacevole sole di tarda primavera.
Camminare abbracciato ad una ragazza per le calle della città, chiacchierando del più e del meno, mi fece sentire un ragazzo straordinariamente normale, un ragazzo come tanti. Una sensazione che non provavo più da tempo ormai.
Al contrario di Roul e Deborah, che non aspettavano altro che l’apertura pomeridiana del Casinò, io mi godevo la giornata come un turista qualsiasi ed il sapere di dovere andare a giocare, la trovavo una cosa più fastidiosa che piacevole.

Ma tant’è che all’apertura puntuali varcammo la soglia della perdizione.

Cuki non era mai entrata in un casinò, e rimase affascinata dall’ambiente. Ca’ Vendramin, il palazzo che lo ospitava, non lesinava certo in fatto di bellezza, con quei saloni ricchi di affreschi rinascimentali e mobili d’epoca. I nostri amici si infilarono dritti nella sala dello chemin de fer, mentre noi ci dirigemmo verso i tavoli di roulette.

Ma non avevo nessuna voglia di giocare, e mi limitavo a buttare distrattamente qua e là qualche bullone (gettone, fish, nel gergo dei giocatori). Poi si prese da bere e ci sedemmo ad un tavolo a chiacchierare, fino a che cuki non mi chiese di prendere qualche gettone per le slot machine.

Fu alzandomi dal tavolo per andare alla cassa che vidi transitare Deborah in direzione dei bagni, con uno sguardo imbruttito come non mai. “come al solito sta perdendo e và a farsi una sniffata di coca “ pensai.

Incrociai subito dopo Roul che mi disse”butta male” e proseguì per la sua strada..

Neanche una mezz’oretta dopo fummo raggiunti da tutti e due alle slot machine, e Roul mi disse:” andiamocene fuori dai, che non è giornata”

Si raggiunse piazza roma e si salì in macchina. Roul e Deborah erano di poche parole e scuri in volto. Fatti pochi chilometri Roul entro in una stazione di servizio. Si fermò, si girò verso di me e mi chiese dei soldi per fare benzina.

A me quella richiesta suonò strana perché non era nostra abitudine dividere le spese. Una volta si usava la macchina di uno, un’altra volta la macchina di un altro, e finiva così, pari e patta.

Roul scese e scesi anch’io.

“cazzzo è successo Roul?”

“Ci siamo fumati anche le ultime mille lire al tavolo. Deborah era fuori di sé e non riuscivo a fermarla, ha perso più di 7 milioni” Ma non era tutto, e Roul prese l’occasione per sputare fuori un rospo che evidentemente gli pesava.

“Guarda che Deborah s’è ballata (speso, fumato, giocato) la mia parte del fondo cassa comune per la gestione del banco”

“stai scherzando spero”

“giuro non ne sapevo niente. Li hai presi lei dal cassetto senza dirmi nulla. Io e lei abbiamo conti separati, pensavo fosse roba sua”

Ma in fin dei conti qual è il problema, pensavo tra me e me mentre mi parlava. Ce li rimette lui punto e fine.
Ma non feci in tempo a finire i miei pensieri che Roul andò oltre: “guarda che è un momentaccio, sono sparato come un chiodo, …….ho fatto una cazzzata grossa in borsa. Porta un po’ di pazienza che poi ripartiamo insieme come sempre dai”

.Pensavo che Roul fosse un pozzo senza fondo, ed invece scoprii in quel momento che aveva i miei stessi problemi, anzi era messo molto peggio di me.

Il viaggio fino a Milano proseguì nel silenzio più totale. Eravamo tutti scuri in volto, compreso cuki, che passata la festa iniziava a preoccuparsi delle possibili conseguenze di quel suo gesto libertino. Non solo, nel suo cervello passavano anche altri pensieri. evidentemente l'atmosfera funebre che aleggiava a causa del comportamento di Deborah l'aveva contagiata, tanto che mi disse:”se quello che mi hai fatto vedere in questi due giorni è quello che puoi offrire tu ad una donna, non sono così sicura che andrei a vivere un’esperienza tanto diversa da quella che sto già vivendo”

Mi si raggelo il sangue, e mi sentii più ******* di quanto non mi sentissi di solito.

E le cattive notizie erano solo all’inizio.

Arrivati a milano scaricammo cuki alla stessa fermata del tram da cui l’avevamo prelevata.
Scesi anch’io, dirigendomi verso la macchina parcheggiata poco più avanti , e ognuno di noi si mosse poi verso le proprie abitazioni.

Ero incazzzato nero, sia per cuki sia per la stupidità di Roul e Deborah. Mi dava particolarmente fastidio l’idea che la società era praticamente rotta, in quanto roul si era fumato tutta la sua quota capitale, più del suo naturalmente. Una volta tanto che le cose giravano per il verso giusto, con l’attività da clanda, avrei dovuto smettere, perché da solo comunque non me la sarei sentita.

Economicamente, per quello che mi riguardava, ero invece tranquillo. Potevo disporre della mia quota di fondo banco, quattro milioni tondi tondi, frutto del capitale iniziale e delle quote parti derivanti dalle vincite e destinate al fondo cassa, più un altro paio di milioni cash. In più avevo investito in borsa circa 5 milioni nelle solite azioni della galassia agnelli.

Quella notte comunque, pensando alle parole di cuki, non chiusi occhio.
 
Il giorno dopo Roul, giù alle grida, si mostro estremamente mortificato, ma iniziò anche a fare pressing perché l’attività di clanda continuasse. Con i miei soldi naturalmente.

“va bene tutto Roul, ma che società è se soldi ce li metto solo io?”

“è una questione temporanea, lo sai”, “dammi un po’ di tempo e rientro con la mia quota”…..”devo prendere dei soldi anch’io, stai tranquillo” e così via.

Ma i miei pensieri erano tutti per cuki e pertanto, per una volta, non ci fu verso di farmi cambiare idea.

Dopo cena mi diressi subito alla ricerca di cuki. Era presto e sapevo che non l’avrei trovata sul posto, ma volevo essere là quando lei fosse arrivata.

Ma cuki quella sera non arrivò mai, ed io rimasi fino a tarda notte seduto tutto il tempo in macchina in una vana attesa, fumando e bestemmiando in continuazione dalla rabbia e dal nervoso che si accumulava ora dopo ora.

Al tempo non esistevano certo i telefoni cellulari, ne tantomeno cuki mi aveva mai voluto dire dove abitasse. Il mio unico indirizzo era quel marciapiede. O lì, o niente

La settimana continuò così come ve l’ho appena descritta. Da una parte il pressing di Roul, a cui io continuavo a dire no, dall’altra cuki che non si trovava più, nè al solito marciapiede, né in tutta milano, perché ormai avevo iniziato a girare tutte le zone papabili. Avrei potuto disegnare a memoria la mappa delle vie della prostituzione

Il venerdì notte, dopo l’ennesimo giro a vuoto, tornai a casa in preda allo sconforto più totale e chiamai Roul.

“ok Roul si fa” “ ma sia chiaro una cosa. Se andiamo in vincita il 70% della tua parte la trattengo io a reintegro del fondo. E te la darò solo quando saremo di nuovo alla pari”

A Roul non parve vero, e ne approfittò subito per chiedermi un ulteriore favore: “sono stirato come non mai, riesci a prestarmi qualcosa per tirare fino allo stipendio?”

“ci vediamo domani per l’aperitivo” risposi.

Non potevo cerco negargli un piccolo prestito, sapevo bene cosa volesse dire essere stirati, e il giorno dopo gli allungai una mezza milionata. E si studiarono come le solito le corse del giorno e le strategie da adottare sulle scommesse.

Ci si vide così puntualmente dopo pranzo all’ippodromo e si iniziò il lavoro di routine.
Personalmente confidavo soprattutto nel fatto che calarmi dell’ambiente concitato delle scommesse potesse allontanare dai miei pensieri Cuki.

A metà programma le cose andavano bene, e potevano contare su un guadagno superiore alle 200.000 lire, quando improvvisamente vidi presentarsi in tribuna Deborah.

Deborah non veniva quasi mai all’ippodromo, e comunque sicuramente non era mai venuta da quando si faceva i clanda. Il fatto di trovarmela lì non mi piacque per niente. E poi si sa, un giocatore è superstizioso, molto superstizioso.

Deborah era su di giri e mi salutò con un bacio chiedendomi dove fosse Roul. Vedendola capii subito dove erano finiti una parte dei soldi prestati per tirare la fine del mese; in coca

“qui in giro, starà guardando le quote ufficiali della prossima corsa” gli risposi

Come Deborah si allontanò si presentò un ragazzo che avrà avuto si e no 18 anni. Lo avevo già visto altre volte in compagnia di un signore che avevo immaginato essere il padre. Un uomone con uno sguardo trucido, come fosse prennemente arrabbiato, sempre silenzioso. Grande scommettitore e credo grande perdente. Lo si notava anche perché era pieno di anelli e catene d’oro.
Da me comunque quel ragazzo non aveva mai giocato.

“a quanto mi dai toro seduto?”

Già Toro Seduto di per sé non era un gran cavallo, in più in quella corsa era stato messo a competere con cavalli di categoria superiore. Non sarebbe mai potuto arrivare primo, tant’è che ai botteghini lo davano a 14.

Al di là del cavallo la richiesta era comunque strana. Da un clanda ci vai per spuntare qualche punto in più rispetto alla quotazione ufficiale su cavalli papibili di vittoria o piazzamento. Per intenderci, se un cavallo non è il favorito della corsa, ma comunque tra i possibili vincitori, lo quotano per esempio a 3. Tu vai dal clanda per spuntare il 4, il 41/2. Ma se un cavallo è già a 14, cosa chiedere di più? Lo giochi al botteghino punto e fine, a meno che non ci sia sotto qualcosa di strano…..

“toro seduto? ma che cavallo giochi?” gli risposi anche se non erano cazzzi miei.

“non ne ho imbeccata una oggi, o la và o la spacca, la giocata della disperazione”

In quel momento pensai a suo padre, che però non vedevo in giro. Pensai che magari sarebbe potuto diventare un cliente, ed era uno che spendeva, in più perdente.

“dai te lo do a 16” come per fargli un favore e trattarlo bene.
Pensavo mi mettesse in mano pochi biglietti da mille, invece tirò fuori 200.000.

Va bene tutto, ma non ero certo di primo pelo, e la cosa mi puzzò. Cercai con lo sguardo Roul ma non lo vidi. Diedi un’occhiata al botteghino vicino a me e toro seduto era sempre a 14.

“massimo 50.000" risposi, e presi la giocata per quella quota. male che fose andata lo avrei considerato come un investimento per il futuro.

Come già detto in precedenza, all’ippodromo può succedere che all’improvviso parta un rumor. In genere sono spifferate messe in giro ad arte per creare un po’ di scompiglio e dirottare le giocate su cavalli perdenti. Può capitare, ma raramente si dimostrano fondati.
Succede a volte poi che il rumor venga messo a tacere ancora prima che si inizi la gara. Ad ogni modo ripeto, creano scompiglio.

Non feci in tempo a prendere la giocata che toro seduto era sulla bocca di tutti. Tra gli allibratori ufficiali, da 14, chi lo aveva portato a 8 chi a 7, chi addirittura rifiutava la giocata.

“*******” pensai ”guarda come mi sono fatto incu.lare 800.000 lire” ero incazzzato ed in più non riuscivo a trovare Roul.

“bene, e allora sai cosa succede quando si è con l’acqua alla gola? Succede che il più delle volte, invece di mantenere la calma e cercare una via d’uscita, ci si agita, si perde il controllo della situazione, e si commettono errori, errori fatali.”



Così come era arrivato, pochi minuti prima della partenza il rumor svanì, classificato come bufala, tant’è che anche chi aveva sospeso la raccolta delle scommesse su Toro Seduto riaprì le giocate. Le quote però rimasero prudenzialmente basse, al massimo lo si trovava a 8.

Prassi normale, tirai pertanto un sospirò di sollievo e raccolsi altre 100.000 di giocate su un paio di cavalli.

Ma ci pensò Roul a mandarmi in bestia. Si presentò con gli occhi lucidi tutto eccitato. Sicuramente si era fatto di coca, portata da deborah, per quello era sparito.

“ci siamo fatti la giornata” mi disse in modo concitato mostrandomi 400.000 lire

“dove li hai presi, che roba è?”

“un cogli.one…sai quel ragazzino che sta sempre insieme al trucido perdente….(lo chiamavamo così per via dello sguardo), su Toro Seduto. Glielo ho dato a 10”

Inizia a bestemmiare e ad incazzzarmi con Roul.

“ma che cazzzo hai fatto….ma non hai sentito che erano partiti dei rumors su toro seduto……..”
e poi la regola era che non ci si doveva mai dividere per raccogliere le scommesse, altrimenti non si avrebbe avuto la visione globale del raccolto, e quindi i conti sotto controllo.

“ma quali rumors, ma dove vuoi che vada quell’asino…..”

Non ci fu tempo per dirsi altro perché la corsa partì.

Bastarono poche centinaia di metri per capire che ci sarebbe stato da soffrire. Toro seduto infatti non si accodò a fondo corsa come previsto, ma restò esterno nel secondo gruppo tenendo bene il passo. Tipica posizione da cui si tenta poi lo scatto per il rush finale.

E quando poi vidi che proprio dietro di noi, come a curarci per prevenire una possibile fuga, in silenziosa attesa si erano piazzati il ragazzo e il trucido, capii che, 90 su 100, ci stavano per infilzare ben bene come polli allo spiedo.

Non ci fu gara. Prima dell’ultima curva toro seduto partì per un violento allungo, mentre gli altri cavalli iniziarono a non tenere più lo stesso passo. Una corsa sporca da non credere.
Toro seduto vinse facile di 2 lunghe.

Il trucido mi mise una mano sulla spalla senza proferire parola. Ci allontanammo in un angolo e pagai fino all’ultima lira.

Bene, anzi male. In una settimana il mondo mi si era rivoltato addosso. Il fondo cassa bruciato, cuki sparita e di nuovo poche centinaia di mila lire in tasca, fatto salvo il piccolo investimento azionario di cui rimanevo titolare

ma in quel week end le disgrazie non erano ancora fnite.


Talmente ero a terra che non ebbi neanche la forza di continuare la discussione con Roul, che se ne uscì subito insieme a quella tro.ia della sua ragazza.
Aspettai come un autonoma la fine delle corse, puntando piccole somme sui cavalli più disperati nella speranza di fare qualche colpetto che alleviasse le mie sofferenze.

Non avevo voglia di tornare a casa per cena, e così presi una birra ed un panino fuori dall’ippodromo e inizia a passeggiare a piedi intorno allo stadio per scaricare la tensione.
 
Uno stadio vuoto è come il mare d’inverno, e senza i cori e le urla dei tifosi mette tristezza e malinconia, ed io mi ritrovai a tornare con la mente agli anni spensierati di quando, poco più di un bambino di tanto in tanto la domenica pomeriggio mio padre mi portava a vedere la partita del Milan.

Mi rividi urlare gol ed abbracciare festosamente il mio papà. Il mio papone come lo chiamavo allora. Era tutto per me, l’esempio della mia vita, la mia sicurezza, la mia forza, il mio amore.

Poi arrivarono come per tutti gli anni tribolati dell’adolescenza e poi ancora quello che già sapete.
Ora mio padre era solo un fastidio per me, così come mia madre e quel fratello più grande così semplice e posato. Ed io ero ormai solo un fantasma per loro, tanto ci si vedeva poco fatto salvo qualche cena.

Feci comunque in modo di scacciare via immediatamente questi tristi pensieri e salii in macchina iniziando a vagare senza una meta precisa, aspettando il buio, aspettando cuki.

E cuki quella notte era tornata come sempre al suo marciapiede. Sentii il cuore salirmi in gola dalla tensione.

“va via mi disse”
“sali dai che ti devo parlare”
“con te non vengo più, vai via ti prego, fallo per tutti e due”
la guardai meglio. Con il buio non me ne ero accorto subito, ma cuki mostrava sul viso ancora segni di percosse recenti.
“dimmi cosa è successo, sali, ti pago regolarmente, non fare così……..”
“cerca di capirmii, vattene subito lo dico per te”

capivo bene di cosa stava parlando, e sapevo bene che avrei dovuto ascoltarla. Ma invece di allontanarmi, scesi addirittura dalla macchina e mi misi a discutere con lei. Ma più che discutere parlavo da solo, perché cuki non voleva ascoltare, non rispondeva più e girò poi le sue attenzioni verso altri automobilisti. Fu caricata e si allontanò.

E tutta questa scena a qualcuno evidentemente non passò inosservata

Salii in macchina come una furia per inseguirla, ma non appena toccato il volante cambiai idea, mi infilai in un parcheggio e iniziai a sniffare cocaina.

Ripartii più carico ed eccitato che mai, con un’idea ben precisa nella testa: “fan ****** anche cuki, morto un papa se ne fa un altro” e iniziò la caccia ad una nuova prostituta.

Non ci misi molto per trovarne una che quantomeno nella penombra sembrava molto carina.
Accostai, abbassai il finestrino e chiesi “quanto?”
“diesi de boca, venci l’amor”
Realizzai subito che era un transessuale brasiliano e fui morbosamente attratto dall’idea provare un’esperienza per me completamente nuova.

Lo caricai e ci appartammo in macchina in una strada secondaria.



La cosa si dimostrò più sconvolgente di quanto potessi immaginare. Era bellissimo, con un corpo da donna fantastico nel quale faceva capolineo in mezzo alle gambe un grosso membro. A me quella notte, quel mix uomo donna, sembrò il disegno della perfezione.

Il disegno del diavolo, che aveva clonato la creazione ultima di Dio, l’uomo, correggendone gli errori.

Risposi appassionatamente ai caldi baci della sua lingua, ma nonostante le sue insistenti richieste rifiutai che la mia bocca avesse qualsiasi contatto con il suo membro.

Poi lo penetrai selvaggiamente nell’unico posto dove fosse possibile.

Smaltita l’eccitazione, entrando in casa la prima cosa di cui sentii bisogno fu quella di fare una doccia. La pulizia del corpo, ma quello che avrei voluto pulire veramente era l'anima.

lo sporco, quello vero era dentro di me, e lo sapevo bene.

Presi sonno a fatica e fui svegliato nel cuore della notte da un concitato vociare accompagnato presto dal suono della sirena dei pompieri.

Mi affacciai alla finestra. Quella che stava bruciando nel parcheggio sotto la casa era una macchina. La mia macchina.
Quella che io chiamavo amorevolmente la mia gioia di vivere.

La mia gioia di vivere era stata data in pasto alla fiamme. Non avendona una vera quella macchina la consideravo la mia anima.. Le fiamme dell'inferno pensai, le stesse che toccheranno anche a me.

Non fu per niente piacevole, e non solo perché avevo perso la macchina, cosa di per se già traumatica, ma per tutte le complicazioni che seguirono.

Perché non fu certo solo ai miei che dovetti dare delle spiegazioni. Il lavoro era stato fatto in modo che risultasse chiaro ed evidente che la macchina non si era certo incendiata per autocombustione, visto che fu volutamente lasciata sul posto una tanica di benzina.

"Un regalo dell'uomo o pseudotale, lo sfruttatore di cuki", furono queste le mie conclusioni.

I carabinieri al mattino in caserma mi riempirono di domande fino all'esasperazione, ma io restai fermo sull'unica posizione che potevo tenere:"non ho la più pallida idea di chi possa essere stato, non ho fatto torti a nessuno, sono un ragazzo normale con un lavoro e una vita normale"

Già una vita normale, lasciamo perdere.
Uscendo dalla caserma mi era inoltre chiara una cosa che sul momento non avevo realizzato: che l'assicurazione in questi casi l'incendio non lo avrebbe mai rimborsato.

Non potevo certo restare senza macchina. Ne avrei dovuta comprare una per forza, liquidando le azioni, e mi sarei ritrovato di nuovo senza una lira in tasca, situazione non nuova per me, ma che arrivava in un contesto diverso perché da qualche mese ormai non ero più abituato a tirare la cinghia.

E’ così, finchè tirare la cinghia è una regola, si convive con la stessa più o meno come si convive con un gesto abitudinario, ma una volta provato il piacere di vivere senza l’ossessionante assillo della ricerca quotidiana di nuova liquidità, difficilmente si è disposti a tornare indietro.

Ed io, anche se in piccolo, avevo iniziato ad assaporare il piacere del benessere e del vivere comodi e non avevo più nessuna intenzione di rinunciare allo stesso, proprio nessuna.

Nel fare questi ragionamenti mi compiaqui con me stesso. Ero nella quasi nella *******, ma non mi stavo piangendo addosso. Al contrario, rifiutare l’idea di regredire nel tenore di vita significava di riflesso che il mio cervello si era già messo in moto per cercare una via di uscita.
E sapevo bene, molto bene, dove andare a trovarla: A Piazza Affari. Era già un po’ che avevo in mente una cosa: il grande colpo.

Era da tempo che ci stavo fantasticandoci sopra. In fin dei conti a Piazza Affari complessivamente le cose mi erano sempre andate bene. Avevo dimostrato a tutti, il mio capo in prima persona, di saperci fare. E forse perché responsabilizzato dalle gestione di soldi non miei, avevo sempre operato in un ottica di prudenza, limitando i rischi. Ed i risultati erano buoni.

Il problema per me era uno solo, che facevo operazioni con guadagni buoni, che potevano arrivare anche al 15-20 % in pochi giorni, ma investendo poco, piccole somme. Ed il il 20% di poco era sempre poco. Ma per semplice equazione se poco dava poco, tanto mi avrebbe dato tanto.

E quello stesso pomeriggio mi misi subito a lavorare su questo progetto.

Dovete sapere che in borsa venti anni fa non era come adesso, dove si paga praticamente cash.
Allora bastava coprire gli acquisti con un versamento pari al 10% del valore di acquisto poi, alla scadenza tecnica di metà mese, si sarebbero dovute regolarizzare le posizioni aperte: acquistare definitivamente le azioni, versando il saldo sul prezzo pagato alla data dell’ordine, o vendere, incassando in caso di guadagno la differenza maturata o pagando la stessa in caso di perdita.

Insomma, si poteva investire acquistando un controvalore di 500 milioni semplicemente versandone 50. E non ho detto una cifra a caso, perché quella è la cifra che decisi di investire alla fine di una serie di lunghe meditazioni. Ora si trattava solo di trovare i 50 milioni, ma avevo già un’idea su dove andare a prenderli: Sul conto dei miei appoggiato presso il nostro agente di cambio, conto di cui io disponevo di firma non congiunta e che pertanto avrei potuto manovrare a piacere. Lì c’erano quasi tutti i risparmi di una vita dei miei, 53 milioni e rotti.

Non erano pochi soldi e non erano comunque tutti perché sapevo bene che possedevano anche qualche titolo di stato, anche se poca roba. I miei erano sempre stati molto parchi nelle spese. Mai un lusso extra, mai una vacanza come si deve. Al massimo un po’ di mare in liguria, proprio come sia apprestavano a fare.
Una casa più che dignitosa, quello sì. Una piccola villetta, una volta circondata dal verde e ora quasi nascosta alla vista dai palazzi che la circondavano.

Quei soldi, più che dal lavoro erano arrivati dalla vendita di alcuni terreni. Nativi del posto, avevano avuto la fortuna di possedere dei campi, piccoli appezzamenti di terreno diventati improvvisamente oro durante gli anni 50, quando tutto l’hinterland milanese venne preso d’ assalto da orde di emigrati. Le richieste di nuove unità abitative erano altissime ed i piani regolatori molto permissivi. E i costruttori per edificare pagavano bene, molto bene.
Ad ogni modo da dove fossero arrivati non aveva nessuna importanza, l’importante è che ci fossero.

La cosa andava comunque ben studiata. Prima di tutto il timing. Ero più che conscio che un errore di valutazione temporale avrebbe avuto effetti devastanti sulla mia operatività, e con le cifre in gioco non potevo certo permettermi di agire con superficialità, anche se le azioni con cui generalmente operavo, fiat rinascente ifi montedison non erano tipicamente soggette a grosse oscillazioni giornaliere, e poi comunque era un periodo favorevole per i mercati.

la seconda crisi energetica era definitivamente alle spalle e si parlava di ripresa della crescita mondiale. Molti operatori volavano con la fantasia, prospettando un decennio da favola grazie anche all’imminente ingresso dei fondi che avrebbero dovuto dare nuovi positivi risvolti agli scambi azionari.
C’era eccitazione nell’aria e quell’eccitazione mi aveva contagiato da tempo, tanto da indurmi a pensare appunto al grande colpo. Un colpo secco e duro, che mi avrebbe poi permesso di reinvestire i guadagni su ottiche temprali a più ampio respiro.
I santoni delle grida la vedevano così piazza affari in quei mesi: impostata al rialzo sul lungo, ed io non avevo nessuna intenzione di vedere gli altri arricchirsi ed io restare al palo.

Ma il vero problema di tutta questa operazione era un altro. Il big boss non avrebbe mai dovuto sapere nulla. Ostacolo non da poco anzi, lì per lì mi sembrò praticamente insuperabile e la cosa mi rabbuiò alquanto.

Mi immaginavo già la scena, a fine giornata, contabilizzati gli ordini del giorno.
Mi immaginavo il collega presentarsi tabulati alla mano dal capo e dire: “ostia, c’è un cliente che ci ha dato dentro oggi, una mezza miliardata spalmata su 4 –5 titoli……….azz….ma è il conto di famiglia di….”
immaginavo la reazione del capo nel sentire pronunciare il mio nome. Oltre al cazziatone mi avrebbe sicuramente chiesto di chiudere subito l’operazione, e addio sogni di gloria. E forse addio anche posto di lavoro.

I miei pensieri furono interrotti dai miei. Erano di partenza per una settimana di mare, partenza che avrebbe dovuto avvenire già dal mattino, ma che era stata rimandata di qualche ora a causa degli eventi correlati all’incendio della mia vettura. Li avrebbe accompagnati mio fratello, perché l’unico mezzo di trasporto che mio padre avesse mai avuto nella sua vita era stata sempre e solo la bicicletta.

“mi raccomando” mi disse, “non darci altri dispiaceri”
“non ti preoccupare papà……….guarda che sicuramente si sono sbagliati……..ci sarà stato uno scambio di persone….o di macchina…….stai tranquillo dai”
Ribadito il ritornello della mattinata, controllai la 128 di mio fratello allontanarsi e corsi subito in camera mia a sniffare un po’ di coca prima di rimettermi al lavoro.

Ora si trattava di studiare bene come riuscire a mettere in pratica il tutto tagliando fuori la mia società da ogni possibile controllo. Ci doveva pur essere una via di uscita, cazzzo.

Fui interrotto di nuovo, questa volta dal suono del campanello della porta.

Ad aspettare, davanti al cancello, c’era la ragazza di mio fratello.

Cosa ci facesse lì non lo so, so che la cosa mi fece però piacere. Marta, questo era il suo nome, era una delle poche cose piacevoli che circolassero in quella casa, peccato solo circolasse poco. Non molto alta e paffutella, non la si poteva certo definire una bellezza, ma compensava questo suo aspetto fisico quasi anonimo con una scelta accurata dell’abbigliamento, spesso al limite del provocante e con un trucco sobrio e delicato che puntava a mettere in risalto occhi e bocca, dando un aspetto sicuramente piacevole al suo viso.

Più di questo, quello che mi piaceva di Marta era la sua innata allegria unita alla capacità di scovare anche nelle situazioni più difficili gli aspetti comici e buffi della vita.

Era una ragazza esuberante, tutto l’opposto di mio fratello, Dario, sempre tranquillo e misurato, con uno sguardo apparentemente serio che dava l’impressione di una persona perennemente rabbuiata. E quel suo stile di vita poi, così piatto per una persona poco più che trentenne.
Ma da lì a poco quel giudizio su mio fratello sarebbe stato completamento stravolto, e non solo su di lui.
 
La accolsi con un sorriso: “ciao, cosa ci fai qui?”
“ho saputo quello che ti è successo, immagino avrai il morale a terra, così se hai voglia di fare due chiacchere in compagnia”
“più che volentieri”
“sapevo di trovarti a casa, tu senza macchina non ti muovi mai vero?”
“anche e solo per comprare il giornale. Sai bene che era la mia gioia di vivere. Piuttosto, chi te lo ha detto, Dario o la voce ha già fatto il giro del paese?”
“dario, questa mattina”
“com’è che non lo hai accompagnato in Liguria?”
“Bè, in realtà questa mattina al telefono io e Dario abbiamo parlato anche di altre cose”
La vidi incupirsi. Non capivo
“mi ha scaricato”
“cioè?”
“E’ finita, basta, tra noi è finita”
“ma dai…………….”

Marta partì come un fiume in piena, vomitandomi addosso tutta la rabbia che aveva in corpo. Non la avevo mai vista così, sembrava una ragazza diversa, e dai suoi discorsi traspariva quasi odio nei confronti di mio fratello.

Le cose tra di loro non andavano più già da parecchi mesi. E la causa di tutto era Dario. Nonostante lei per amore fosse stata disposta a seguirlo nelle esperienze sessuali più stravaganti, vere e proprie umiliazioni a suo dire, lui aveva preso da tempo a tradirla per una collega, fino a decidere di lasciarla definitivamente. Una donna tra l’altro più vecchia di lui di oltre 10 anni.

Scoprii che Dario liberava nel sesso tutte le stravaganze e le fantasie che non esternava nella vita di tutti i giorni, costringendo Marta a prestazioni al limite delle pratiche sadomaso più spinte. Godeva nel dolore e nella sofferenza fisica e pretendeva che anche lei provasse le stesse emozioni.

E Marta per amore era stata al gioco, fino a quando quel gioco era diventato l’unico modo di fare l’amore che i due conoscessero. E come lei stanca della cosa cercò di allentare nel tentativo di riportare il rapporto fisico su binari più tradizionali, lui aveva iniziato ad allontanarsi, cercando altrove risposta alle sue deviazioni.

La cosa più incredibile è che Dario, finito i giochi e raggiunto il piacere, ritornava tranquillamente il Dario che conoscevamo tutti. Parlava di comprare una casa, di mettere su famiglia, di avere dei bambini, di crescere in carriera.

“ho dato i miei anni migliori ad un uomo di *******” furono le sue ultime parole, sussurrate con il groppo in gola.

Marta era seduta sul divano al mio fianco. Istintivamente le misi il braccio intorno al collo avvicinandola a me come per consolarla. Lei mi seguì nel movimento, appoggiando la sua testa sul mio petto.

Le accarezzai i capelli, mentre l’odore del suo corpo salì alle mie narici inebriando il mio cervello di un piacere nuovo. Era la prima volta che stringevo a me una ragazza che non fosse una tro.ia qualsiasi. Ripensai all’esperienza con il transessuale la notte prima e mi sentii quasi indegno di tanta fortuna.

Marta alzò la testa. Vidi i suoi occhi lucidi guardare dritto nei miei e sentii le sue labbra appoggiarsi delicatamente alla mia bocca. Chiusi gli occhi e lasciai che fosse.

Non so cosa cercasse marta da me quel pomeriggio. Non so se in quel suo modo di fare ci fosse un sentimento di rivalsa nei confronti di mio fratello, come un modo infantile di vendicarsi, o se vedesse in me ancora un pezzo di lui o se ancora cercasse da me quella dolcezza nell’atto sessuale che mio fratello gli negava ormai da tempo.

So che fu meraviglioso ed intenso. So che le sue cosce aperte apparirono ai miei occhi come la visione più bella che io potessi ricordare. So che il mio seme scorse a fiumi sopra di lei, dentro di lei.

Quando ci salutammo eravamo entrambi confusi, quasi frastornati. La piega presa dal nostro incontro non era certo prevedibile e raggiunta la pace dei sensi nei nostri cuori c’era spazio solo per il silenzio dell’imbarazzo.
Avrei voluto chiedere a Marta se ci saremmo rivisti, se pensava che quanto successo potesse ripetersi, avere un seguito, ma non trovai il coraggio per farlo, anche perché ero io il primo a non avere le idee chiare.Tutto troppo all’improvviso ed inaspettato.

Lei mi salutò con una carezza e uscì in silenzio, senza alcun accenno a noi . Mentre dalla finestra seguivo Marta allontanarsi dalla mia casa e forse dalla mia vita il mio pensierò volò verso mio fratello. Era veramente difficile per me immaginarlo nelle vesti descritte da Marta. Ci provai comunque e lo vidi farsi frustrare legato a due catene mentre gridava:”SIIIIIIIIIIIIIIIIII, SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII, così, ancora amore mio, ancora……..”.
“ma va a fan ****** pensai” e scoppiai a ridere tra me e me pensando a quella scena.

Marta girò l’angolo e io girai la testa. La vista delle lamiere carbonizzate della mia macchina fu come un pugno allo stomaco, e mi ricordò che avrei comunque dovuto pensare anche a quello. Ero troppo confuso per rimettermi al lavoro sul progetto “Piazza Affari”, così presi in mano Quattroruote e mi misi stancamente a dare un’occhiata ai prezzi del nuovo, ma soprattutto dell’usato. L’idea infatti era quella di acquistare in via momentanea un’auto a poco prezzo.

All’autovettura di categoria ci avrei pensato con calma dopo il grande colpo.

Mi addormentai sul divano con la rivista tra le mani, completamente stravolto dal quel vorticoso susseguirsi di eventi di cui mio malgrado ero stato protagonista in quel week end.

A svegliarmi ci pensò mio fratello, al rientro.

“ho una cosa per te mi disse”
“per me, cosa?” risposi con gli occhi ancora chiusi
“una lettera…….non so, me l’ha data papà”

Mi diressi istintivamente verso la mia cameretta al piano superiore e l’aprii.

Mi si raggelò il sangue. Era l’ultima cosa che avrei voluto ricevere.

Una lettera scritta di pugno da mio padre e firmata anche da mia madre. Poche semplici parole con cui i miei genitori mi esprimevano tutto il loro amore e manifestavamo al tempo tutto il loro dolore per quel figlio che si era allontanato così tanto dalle loro vite.
“non sappiamo dove stai andando”concludevano”ma sappi che potrai contare sempre sul nostro immenso amore per te , basta solo che tu lo voglia“

Pinzato sul retro un assegno di 5 milioni. “per la tua prossima macchina”

Terminai la lettura di quella lettera stizzito, perché la conseguenza prima fu che mi ritovai un inibitore psicologico piantato nel cervello. Io stavo per mettere in gioco il patrimonio di famiglia e la famiglia invece mi scriveva lettere d’amore.

“fan ****** fan ****** fan ******……..”
il tempo delle letterine a Babbo Natale e dei buoni propositi non era più il mio tempo.

Non potevo perdermi in sentimentalismi, dovevo rimanere lucido e concentrato per il grande colpo.

Stracciai la lettera e misi l’assegno nel portafoglio.

Sdraiato nel letto al buio con lo sguardo fisso verso il soffitto alla ricerca dell’spirazione giusta su come eseguire l’operazione che avevo in testa senza che nessuno nel mio ufficio ne venisse a conoscenza, non riuscivo però ad allontanare del tutto dai miei pensieri le parole di mio padre.

Maledetta lettera, nonostante i miei sforzi e la determinazione con cui perseguivo mentalmente il mio scopo, si stava rivelando sempre più un inibitore eccezionale. Mi tornarono in mente anche le parole del big boss e quella storia allucinante su GS. Un vero tormento ed il risultato fu che iniziai a prendere seriamente in considerazione la possibilità di ridimensionare il progetto iniziale.

In fin dei conti anche un colpo ben piazzato su una base di 250-300 milioni avrebbe dato dei frutti più che discreti.
“se va come penso la prima cosa che faccio è comprarmi una casa tutta per me”

Anche Roul possedeva una casa tutta sua. E’ vero che aveva 5 anni più di me, ma sta di fatto che lui ce l’aveva ed io no. E che la casa, come mi ripeteva spesso, andava considerata come un investimento obbligatorio. “Roul Roul” pensai, “almeno una giusta nella vita l’hai combinata”.

Era destino che i miei stati d’animo dovessero cambiare in continuazione quella notte, perché poco dopo passai dalla rabbia per le parole di mio padre alla pace interiore. L’aver deciso di ridimensiore l’investimento di fatto mi tranquillizzò. Mi sentii sollevato. E con la serenità arrivò anche la luce, altro che cocaina.

Tutto mi sembrò improvvisamente chiaro e facile da realizzare.

Punto primo. Avrei dovuto cercare nella mia cerchia di amici, meglio se fuori da Piazza Affari, uno disposto a farmi da prestanome, e non sarebbe stata una cosa così difficile.

Punto secondo. All’interno di Piazza Affari avrei dovuto trovare qualche collega impiegato presso un agente di cambio che non fosse il mio, disposto a far aprire un conto all’amico compiacente per poi richiuderlo velocemente dopo l’operazione. E qui avevo già in mente due persone, o Roul o Gabriele, ed il secondo era il mio preferito perché era mia intenzione lasciar fuori Roul da tutta questa faccenda.

Punto terzo. Avrei bonificato dal conto del miei al conto del prestanome la somma destinata all’investimento, somma che sarebbe stata poi dirottata immediatamente sul conto aperto dallo stesso prestanome presso l’agente di cambio.

Gabriele o chi per lui avrebbe poi eseguito le operazioni richieste dal sottoscritto, ne più ne meno. Acquisto e vendita dettati da me.

Chiusa l’operazione avrei poi fatto ritransitare il denaro per la stessa strada verso il conto di origine.

Per realizzare tutto ciò avevo circa 2 mesi e mezzo di tempo. Questo arco temporale lo avevo determinato in base ad un semplice ragionamento: che i miei ricevevano l’estratto conto trimestralmente, e l’ultimo era arrivato un paio di settimane prima.

Prima che ricevessero il prossimo, i soldi dovevano essere di nuovo sul conto. Poi giustificare quello strano movimento non sarebbe stato un problema. L’importante era farli ritornare al loro posto, magari con qualche spicciolo di interesse, così proprio non ci sarebbe stata discussione.

Avrei dovuto scegliere in timing di ingresso sul mercato in quell’arco temporale, e mi ripromisi che se non lo avessi trovato avrei rinunciato a tutta l’operazione, almeno per il trimestre in corso.
 
Ma ero convinto di saperla lunga. Quello che io e molti altri ci aspettavamo dal mercato era una borsa in salita ancora per qualche giorno, un breve e salutare storno, una brevissima lateralizzazione e poi via di nuovo a tutto gas.
“Domani sarà una giornata positiva in borsa” e mi addormentai.

Dormii poche ore, ma fu il sonno di un bambino. E vedere quel mattino Piazza Affari aprire e proseguire al rialzo consolidò ancor più le mie ipotesi.

Bisogna che mi dia una mossa, perché qui le cose stanno andando proprio come preventivato.

E mi brillarono gli occhi.

Quella mattina insolitamente Roul non si vide alle grida.
Roul era uno che si presentava sul posto anche influenzato od acciaccato, non era proprio il tipo che stava a casa così tanto per starci e trovai la cosa alquanto strana. “Meglio così” pensai.
Ero ancora incazzzato con lui per la storia dell’ippodromo ma mi ripromisi di dargli un colpo di telefono alla sera perché comunque Roul non stava certo attraversando un momento felice e al di là di tutto restava sempre un amico a cui ero profondamente legato.

C’era invece Gabriele ed era quello che contava. Gabriele godeva di buona fama, che si era guadagnato sul lavoro grazie ad alcune operazioni spericolate che era riuscito a concludere con successo. A differenza di noi però, lui bruciava la sua passione per il gioco solo all’interno di Piazza Affari. Niente carte o cavalli e al casinò ci andava di tanto in tanto, come fanno molti di noi, con gli amici, giusto per passare uan serata diversa in compagnia, ma niente di più.

Gabriele, nonostante avesse solo 35 anni, lo si poteva definire a tutti gli effetti benestante. Una bella casa, una bella macchina e molte ragazze.

Gli chiesi se avesse avuto tempo per un aperitivo dopo il lavoro e mi rispose affermativamente.
“ho un progetto in testa ed ho bisogno del tuo aiuto”
“come e quando vuoi, per te ci sono sempre”

Quelle parole mi misero di buonumore, tanto che rientrato in ufficio chiamai addirittura i miei per ringraziarli recitando la parte del figliol prodigo che non vedeva l’ora di riabbracciarli.
“patetici” pensai riattacando il telefono

I miei entusiasmi però si smorzarono presto. Dopo aver ascoltato attentamente la mia proposta, Gabriele mi rispose un secco e deciso NO. “Mi spiace, non contare su di me”
“perché, tu non corri nessun rischio ne metti in gioco capitali tuoi”
“non è quello il problema, anzi i capitali sono anche disposto a mettercerli se credo nell’operazione. I problemi sono altri”

Gabriele non aveva la mia stessa visione del mercato, che secondo lui aveva già corso troppo, e non condivideva in generale l’ottimismo che si respirava in borsa in quel periodo, ma soprattutto non gli andava di portare un cliente nuovo ed eseguire per lo stesso, pochi giorni dopo aver aperto il conto, operazioni per centinaia di milioni con il versamento del solo acconto.
Il capo lo avrebbe subito richiamato chiedendo garanzie informazioni ecc. Insomma, operazioni così non erano permesse con un cliente sconosciuto. E anche ipotizzando di fare il tutto, con tanto di esito potivo, alla fine avrebbe dovuto comunque chiudere quel conto. “Perché?” gli sarebbe stato chiesto. “come mai questi strani movimenti?”
Non ci fu verso insomma, Gabriele non accettò.

Avrei avuto altre carte da giocare, perché le amicizie non mancavano, ma tutte avevano lo stesso difetto in comune: erano dei miei compaesani. Non si poteva fare, proprio non si poteva fare.

Tornai a casa sconsolato, perché volente o nolente sarei dovuto andare a fare la proposta a lui. Al caro e vecchio Roul.

Mi lesse nel pensiero, perché non feci in tempo ad entrare in caso che mi chiamò al telefono.
Era eccitatissimo, su di giri come non mai.

“possiamo riprendere la nostra attività di clanda”fu la prima cosa che mi disse. “i soldi ci sono, anche i tuoi, quelli che ti devo”
“dove li hai presi?”
“te l’ho detto no, che sarebbe stata solo questione di tempo, che aspettavo dei soldi”
Era così allegrò che mi contagiò e poi ero di buonumore anch’io perchè pensavo ai 4 milioni, che mi sarebbero rientrati in tasca, quelli che lui aveva malamente gettato al vento all’ippodromo.
“bè, tanto te lo devo dire per forza visto che a casa mia sei di casa. L’ho venduta”
“Venduto cosa?”
“la casa”
Rimasi senza parole per un attimo
“ma se mi hai sempre detto che la casa era un investimento obbligatorio”
“lo so, ma non ne potevo più di continuare così, sempre stirato. L’idea è stata di Deborah, vendere casa e andare in affitto. Era l’unica cosa che potevamo fare per continuare a vivere comodi”

Già l’idea era stata di Deborah, peccato che la cassa fosse di proprietà di Roul.

Roul, costretto dai debiti s’era venduto anche la casa. L’aveva messa in vendità già da un paio di mesi, ma non me ne aveva mai parlato prima. Forse aveva sperato fino all’ultimo di non doverlo fare. Quel giorno non si era presentato al lavoro perché era stato dal notaio per la firma del compromesso, e si era preso una giornata di libertà. Avrebbe liberato casa nel giro di due settimane, per andare a vivere in un bilocale in affitto.

Un bellissimo quadrilocale più servizi e box in palazzina d’epoca su v.le Monza, comprata in parte con i suoi risparmi ed in parte con l’aiuto sei suoi quando ancora il suo cervello funzionava a pieni giri, era stato venduto per poco più di 40 milioni. Quasi svenduto, se non ricordo male.

“è una soluzione transitoria” aggiunse”la ruota tornerà a girare anche per me, sono molto fiducioso per il futuro”

“ a proposito di futuro, ho bisogno di parlarti, niente clanda, ho un progetto diverso e mi serve il tuo appoggio”

Parlai a Roul della mia idea e gli chiesi la possiblità di appoggiarmi alla sua agenzia. Roul non mi fece alcun tipo di problema, ma anche lui sollevò lo stesso appunto di Gabriele, quella storia del conto appoggiato a 2 persone non qualificate non andava bene, non si sarebbe potuto fare.

“senti, io non ho nessun problema con il mio capo, ho sempre pagato di tasca mia i miei errori e adesso pagherò anche l’ultimo scoperto con lui. L’operazione la faccio a nome mio. Tu preoccupati solo di fare arrivare i soldi sul mio conto”

“ i miei soldi sul tuo conto?”
“non ti fidi?, non mi dire questo ti prego”
“no…. non è che non mi fido……..” Avevo paura sì, di qualche suo colpo di testa, ma non sapevo come dirglielo, mi sembrava di tradire un’amicizia ormai consolidata nel tempo.

“va bene” dissi alla fine, “facciamo così”
“naturalmente voglio esserci anch’io”
“in che senso?”
“sarò della partita.Hai dimostrato di essere più in gamba di me ultimamente e so che mastichi pane e gruppo Fiat. Facciamo un unico grande acquisto e ci si divide guadagni o perdite in base alla percentuale di possesso.”

Non avrei voluto tirare dentro Roul, ma da una parte la cosa mi faceva anche comodo. Lui a differenza di me usava molto anche i grafici. Ed un conforto tecnico nella scelta del timing di ingresso non mi dava certo fastidio, anzi.

“Roul, fai come credi, se vuoi seguirmi seguimi, a tuo rischio e pericolo e ti ribadisco che i titoli comunque li scelgo io, sia chiaro”
“Ti ho già detto ok, non proferirò parola, sono nelle tue mani”
“insieme come sempre”
“insieme come sempre” risposi, e ci salutammo.

“min.ghia, Roul s’è fumato anche la casa” fu l’ultimo pensiero della serata.

Il giorno dopo mi presi mezza giornata di permesso, cambiai in cash l’assegno dei miei e mi recai eccitato come non mai all’automercato dell’usato di Cinisello Balsamo.

Era arrivato il momento di scegliere la mia nuova gioia di vivere, ed miei occhi caddero su un usato BMW, la mitica 2002 toring. Uscii di lì con il contratto in mano e l’acconto versato.

Sapere di avere di nuovo un’auto tutta mia mi galvanizzò ulteriormente. Mangiai una pizza in solitudine e mi incamminai a piedi verso il mio vecchio circolino. Lì avrei trovato sicuramente una persona fidata che sarebbe stata al gioco. Anche se erano compaesani, l’importante era che non lavorassero a Piazza Affari.

Iniziò a piovere ed affrettai il passo, quando arrivato in piazza un colpetto di clackson attirò la mia attenzione. Qualcuno all’interno di quella macchina faceva cenni di saluto, ma per via della pioggia e della poca luce non capivo chi fossero. Mi avvicinai
Dentro quella macchina, a salutarmi festosamente c’erano due vecchie conoscenze:
Lorenzo Garavini di Metz e “Superciuk”. Quest’ultimo alcuni di voi lo hanno già conosciuto in un altro racconto del Conte.

“perfetto” pensai, ed accolsi con piacere il loro invito a salire.

Con Lorenzo e Marco ci si conosceva da tempo, anche se ormai ci si frequentava raramente ma sempre con reciproco piacere quando questo accadeva.
Erano nati e cresciuti nel mio stesso quartiere e anche se lorenzo si era trasferito di recente a Milano le sue amicizie continuava (e continua) a coltivarle in quel piccolo ambiente.
Tutti e tre avevamo militato nella stessa società sportiva di calcio, prima giocando in categorie diverse, data la differenza d’età , e poi tutti insieme in prima squadra.
Ma soprattutto quello che contava era un’altra cosa. Erano anche loro 2 lebbrosi, due bei lebbrosi e mi avrebbero certamente capito.

Certo rispetto a me erano di categoria inferiore, tant’è che con loro avevo smesso di giocare a carte da tempo, cifre troppo basse per me. E poi quella loro maledetta abitudine di presentarsi all’ippodromo o al casinò con una cifra fissa destinata al gioco e nient’altro in tasca. Niente assegni o carte di credito nel portafoglio era la loro regola. Se fosse girata male, finiti quelli smettevano.
Una specie di primordiale stop loss.
Scoprii però nel corso della serata che si erano imbarcati con un vizio nuovo e che lo stesso gli stava costando parecchio: Il videoPoker, le cui prime macchinette stavano facendo in quegli anni la loro comparsa a Milano.

“chi non muore si rivede” mi dissero, “cazzzo ci fai da queste parti?”
“avevo vogli di fare 2 chiacchere e salutare un po’ di gente”
“stavamo per andare a comprare le sigarette, ci accompagni?
“più che volentieri”
Non comprammo solo le sigarette, ma anche del fumo e lattine di birra e ci si fermò in macchina sotto la pioggia a chiaccherare. Fu una sensazione molto piacevole. Uscire dal solito giro per ritrovare i vecchi amici era proprio quello che ci voleva per staccare un po’ dalle ansie di tutti i giorni generate da una vita che continuavo a condurre al limite della sregolatezza.
 
Sarà stata la birra, sarà stato il fumo, saranno state le canzoni di Meat Loaf che suonavano nell’autoradio di Lorenzo, sta di fatto che quella sera la mia vita diventò come un libro aperto per loro, e raccontai tutte le cose che avete letto fino ad ora.

Scoprii così, con un certo disappunto, che qualcosa era già trapelata. Ma le notizie arrivavano spesso distorte od amplficate. Scoprii di essere diventato una specie di leggenda metropolitana del gioco d’azzardo. Di me si diceva che un giorno avevo in tasca 100 milioni ed il giorno dopo ne perdevo altrettanti. Le solite esagerazioni di paese.

Raccontai loro ovviamente anche quello che avevo in mente di fare. Non gli dissi però che mi sarei ballato i soldi dei miei. Quello lo avrebbero saputo solo dopo. Gli dissi semplicemente che non potevo fare operazioni così grosse a mio nome, non mi era permesso.

Lorenzo e Marco non avevano mai giocato in borsa, anche se il primo sembrava masticarne qualcosa.
il secondo invece ne era a digiuno totale ma fu proprio lui che mi chiese:
“ma è una cosa sicura?”
“altrimenti non la farei” ero così galvanizzato che l’idea di sbagliare neanche mi sfiorava.
“ma se ti do per esempio un paio di milioni, posso partecipare anch’io anche se la cifra è bassa?”
“certo” risposi
“allora dai, fammi sapere quando ti devo dare i soldi e provo anch’io”
“dove c’è da fare il grano io ci sono sempre” e si accodò a quel punto anche Lorenzo.

Mi avrebbero dato 3 milioni Marco e quasi 6 Lorenzo, praticamente tutto quello che avevano sul loro conto corrente.

Entrambi si resero disponibili all’operazione del transito dei soldi. Uno valeva l’altro e mi accordai con Marco.
Il cerchio era praticamente chiuso ed in pochi giorni, il tempo del giro dei bonifici, tutto sarebbe stato pronto.

Ero eufurico ed eccitato tanto che nonostante fossero ormai quasi le 3 di notte chiesi loro un’ultima cortesia:
“accompagnatemi a putt.ane perché ho bisogno di sco.pare”.

La settimana filò via liscia come l’olio con la borsa che chiuse di nuovo in leggero rialzo, ed il venerdì liquidai le mie FIAT, con un utile netto superiore al 15%. Avevano corso abbastanza, tanto che era mia intenzione non fare rientrare il titolo tra quelli prescelti per l’operazione.

E poi dovevo far transitare liquidità sul conto di Roul e ci sarebbe voluto qualche giorno. Il momento buono poteva arrivare da un momento all’altro e dovevo farmi trovare pronto. Liquidai anche alcuni titoli appoggiati sul conto di famiglia per un totale di circa 20 milioni. Feci fatica, molto fatica a trattenermi e non andare oltre, ma fu quella alla fine la cifra che decisi di prendere “in prestito” dal conto dei miei.

Quella sera schizzai fuori dal lavoro prima della chiusura, dovevo correre a ritirare la mia nuova gioia di vivere.

Lei era lì, tutta bella lucida che mi aspettava, pronta per essere portata e per portarmi a fare un giro.
Pensai di chiamare Roul per andare a fare un giro insieme, ma poi all’idea che venisse anche Deborah cambiai immediatamente programma. Inoltre Roul era tutto incasinato con il trasloco, tanto che il giorno dopo mi ero ripromesso di dargli una mano.

Mi diressi verso il lago di Como: “così tiro un po’ la macchina e la provo in superstrada, mi faccio una pizza e festeggio con una bella tr.oia del posto”

Mi sembrava un programma perfetto, ma pochi chilometri dopo fui fulminato da un’idea che mi piacque subito. Mi venne in mente così, quasi per caso pensando a mio fratello, al fatto che io viaggiassi in BMW e lui in Fiat 128. E pensando a Dario per associazione di idee pensai a Marta.

“la chiamo e l’invito ad uscire. Male che vada mi dice no e nella mia vita non cambia niente, rimango spantegato così come sono” furono questi i miei pensieri.

Presi la prima uscita e cercai una cabina del telefono. Per fortuna mi rispose lei, altrimenti avrei riattaccato o comunque dato generalità false.

“che sorpresa” mi disse cordialmente
chiaccherammo un po’, poi la invitai ad uscire. Dopo una breve pausa, quasi l’avessi colta di sorpresa mi rispose: “volentieri”.

Mi ridiressi a manetta in direzione di Milano felice come una Pasqua. Ero al settimo cielo. La mia vettura scoprì subito il piacere del fuori giri e poco più di mezz’ora dopo ero sotto casa di Marta.

Citofonai e rientrai in auto ad aspettarla. Marta si presentò molto in ordine, ben truccata in viso e con un soprabito lungo. Quando però lo tolse per accomodarsi sul sedile notai subito che sotto un pullover a dolce vita indossava una gonna di panno nera molto corta, tanto che quando si sedette era così scosciata che si intravedevano le mutandine.

Si guardò un attimo intorno con cirscospezione e poi mi disse seria:

“non so se ho fatto bene ad accettare questo tuo invito” e senza neanche darmi il tempo di replica mi infilò avidamente la sua lingua in bocca”.

E non ho usato il termine “avidamente” a caso. In quel bacio di Marta notai subito che non c'era la stessa dolcezza della volta precedente. Al contrario la sua lingua spinse subito con vigore contro la mia, come a mostrare forza fisica, come a lanciare un messaggio nuovo e diverso che lì per li non riuscii a decifrare.

Ma le stranezze continuarono al ristorante. Fumava molto e nervosamente. Pensai che fosse agitata per quella situazione ad ogni modo inusuale. In fin dei conti stava sempre cenando e si apprestava ad andare a letto con il fratello di colui che aveva amato fino a poco tempo prima. Non era cosa di tutti i giorni, e non eravamo due attori di beautiful.

Mi preoccupai di evitare qualsiasi riferimento alla storia con Dario, ma non altrettanto fece lei.
Al contrario sembrò proprio cercarlo.
Marta andò sul discorso di mio fratello e ad un certo punto mi disse: "dovresti provare per capire"
"cosa vuoi dire?"
"provare, fare anche tu le stesse cose che faceva lui per capire veramente cosa vuol dire"
Mi ripetei ,confuso “cosa vuol dire cosa”
“il dolore fisico nel momento del piacere, od il piacere solo nel dolore”
“e’ finita, non ci pensare più” gli risposi preoccupato. Immaginai che stesse ancora soffrendo nel rivivere mentalmente certe situazioni
“lo faresti per me?”
“fare cosa, faccio fatica a seguirti stasera”
“provare insieme dolore e piacere, per capire cosa ho vissuto”

Ero uno che mi dovevano tenere in tre per farmi una puntura, questa cosa proprio non mi interessava, ma avevo ancora il ricordo del nostro ultimo incontro stampato in testa, ed era un ricordo bellissimo. E avevo tanto tanta voglia di fare l’amore con lei.

“parliamone a letto” gli risposi, “mi spiegherai tutto con calma. Se la cosa ti può aiutare non sarò certo io a dirti di no”
“mi può aiutare” mi rispose “e ne ho proprio bisogno”

Scelse lei il Motel, un piccolo Motel sulla Paullese a me completamente sconosciuto.
Durante quel breve tragitto sembrò tornarle il buonumore, e non solo. Accarezzava in continuazione il mio membro, passando la mano sopra i pantaloni. Poi prendeva la mia e se la passava sulle cosce, spingendola con forza al centro delle gambe.

Io ero eccitatissimo e mi resi conto che avrei fatto qualunque cosa mi avesse chiesto pur di scopar.la.

Ci buttammo sul letto senza troppe esitazioni baciandoci ed accarezzandoci con grande passione. Le parole consumate al ristorante sembravano già un lontano ricordo, quando lei all’improvviso mi disse: “guarda”

Come ogni buon motel anche quello era dotato di un televisore e di un lettore di nastri. Marta tirò fuori una cassetta dalla borsetta e mi disse: “dimmi cosa ne pensi”

Nel video iniziarono a scorrere immagini che a me sembrarono confuse, quasi da ripresa amatoriale. Uomini e donne completamente nudi in un ambiente illuminato poco e male dalle candele, che esercitavano le loro deviazioni sessuali frustandosi fino sangue ed accoppiandosi tra grida laceranti. Nella stanza si potevano intravedere strumenti simili ad antichi strumenti di tortura.

La prima cosa che mi venne istintiva fu quella di cercare mio fratello tra quelle persone.

Quella scena non mi eccitava per nulla, anzi. Marta al contrario la guardava come incantata, poi si girò all’improvviso verso di me e mi disse con sguardo quasi allucinato:”Scopa.mi, scopa.mi subito”

Era eccitatissima, e questo ridiede vigore al mio membro. Iniziammo a fare l’amore. Sentii la pressione delle unghie di Marta diventare progressivamente più forte sulla mia schiena, fino a penetrarmi profondamente la pelle. Poi si staccò, mi prese le mani e se le mise intorno al collo e mi disse: “stringi adesso”
Non capii subito
“Stringi cazzzo stringimi le mani intorno al collo”
vidi il suo viso arrossarsi e mi spaventai, feci per allentare la presa ma lei fermo le mie mani lì sul suo collo e urlò di nuovo:
“stringi stringi forte più forte, cazzzo”

aumentai la pressione fino a vederla arrossire di nuovo e poi diventare paonazza e la sentii all’improvviso lanciare un urlo di piacere.

Mi staccai da lei senza nemmeno preoccuparmi di venire, non ne avevo più voglia ed ero in confusione totale, anche perché sapevo riconoscere bene un grido di piacere spontaneo e sincero da uno simulato o comunque appena abbozzato.

E quello di Marta era stato piacere allo stato puro

Avrei voluto chiedere mille cose a Marta, ma non trovai le parole, o forse il coraggio.
Ruppe il silenzio lei: “e questo è niente”

L’abbracciai e le dissi “devi avere sofferto tanto”, ma stavo mentendo, i miei pensieri erano altri. Marta mi aveva fatto paura ed era uan ragazza completamente diversa da quella che io credevo di conoscere, e mi stava nascondendo qualcosa

Lei non rispose. Ci si rivestì e si prese la strada di casa.

Trovai mio fratello ancora sveglio guardare la TV sdraiato sul divano.
Ma non fu quello che mi sorprese, bensì le parole che pronunciò non appena misi piede in casa.

Nel passargli accanto lui mi guardò sbalordito e mi disse “sei uscito con Marta”
ma non fu una domanda la sua, bensì un’affermazione
“hai l’odore di Marta addosso “
“ma cosa dici?” ma una volta fatta notare la cosa da mio fratello, mi resi conto che effettivamente i miei vestiti erano velatamente impregnati del suo profumo. Lo stesso odore che mi era capitato di sentire qualche volta addosso a lui.

“riconoscerei quell’odore tra mille, è un profumo ideato da Marta quasi per gioco, mescolando una serie di essenze egiziane acquistate lo scorso anno. Ti si appiccica addosso come la colla” e scuotendo la testa
“mio Dio, non immaginavo potesse arrivare a tanto”

Mi misi istintivamente sulla difensiva, e la miglior difesa è sempre l’attacco:

“come va con la tua nuova donna?”
“ma di quale donna stai parlando? Non c’è nessuna nuova donna nella mia vita”
“ci credo, se da una donna pretendi le stesse cose che chiedevi a Marta, non sarà facile trovarne una, ad ogni modo credo che tu mi stia mentendo” ma in cuor mio , pur pronuciando quelle parole, non ne ero più così sicuro.

“non è che con te che ce l’ho” mi rispose dario “siediti un attimo che parliamo”

non parlavo di cose serie con mio fratello da anni ormai, ma quella notte mi sentii in dovere di accettare il suo invito, perché anch’io avevo bisogno e volevo fare chiarezza sulla vicenda.

Raccontai imbarazzato le cose che Marta mi aveva detto di lui, di quella sua perversa passione che lo portava a ricercare il piacere solo attraverso l’atto sadico. Mio fratello ascoltò in silenzio senza mai interrompermi per poi dirmi:
“E’ marta che ha dei problemi, non io” e mi raccontò la sua versione dei fatti.

Marta, sempre così aperta ed alla ricerca di nuove esperienze, era entrata a far parte di una comunità, o forse meglio dire di una setta, che predicava un’arcaica filosofia della croce dove il confronto con il dolore era la strada naturale del divinire uomo a immagine e somiglianza di Dio . Dove il dolore era la purificazione dell’anima. E in quale gesto il dolore poteva toccare le più alte vette del confronto se non con il gesto che ne sublimava il suo opposto: il piacere fisico nell’atto dell’amore.

Ero frastornato, senza parole, tanto che le uniche che riuscii a pronunciare furono
”Non riesco a crederci”
dario si alzò e tornò pochi secondi dopo con una lettera in mano:
“leggi”
era la calligrafia di Marta.

“amore mio
l’uomo pur nella contraddittorietà, tende ad evitare il confronto col dolore autentico e spinge al solo consumo edonistico, ma se guardiamo nelle pieghe nascoste della nostra anima scorgiamo una reale autentica impossibilità di godere pienamente e consapevolmente della gioia, perché è l’esperienza del dolore a farla da padrona.
E’ lui il protagonista assoluto delle vicende più significative della nostra esistenza…………

….e pertanto il dolore non può che essere il segno di Dio, dell’engramma della Croce, e solo attraverso il confronto con esso possiamo superare le precarietà della nostra esistenza…………

…….solo la coscienza dell’unità di sentimenti vissuti come opposti può prima purificare e poi liberare il nostro spirito a Dio…….

Quella lettera allucinante, scritta pochi giorni prima, era stato l’ultimo tentativo di Marta di coinvolgere Dario in questa sua mistica e folle esperienza.
Ed era l’inequivocabile conferma che era lei a mentire. Ma rimanevo comunque confuso.

“ma perché raccontarmi tutte quelle storie su di te allora?”

“non lo so, non riesco a capire neanch’io. Forse un modo infantile di vendicarsi del mio rifiuto o forse meglio ancora un modo sottile quasi diabolico di tastare il terreno, per capire se potevi essere una persona in qualche modo abbordabile ed avvicinabile al loro credo…….sto facendo delle ipotesi”
 
“ma perché proprio io?”

“non so non so, per certo posso dirti che ogni aderente alla comunità deve cercare nuovi adepti, la purificazione dell’anima passa anche attraverso la predicazione e l’evangelizzazione……..forse ha visto in te che non hai legami affettivi una preda facile………….ripeto a queste tue domande non ho risposte precise neanch’io”, “e se penso a Marta e all’amore che ci ha legato provo una grande tristezza e un grande dolore nel vederla così……ma nessun rimpianto”

e ancora

“e poi immagino quel santone spillerà soldi a tutti…….forse sapendo del tuo lavoro e delle tue possibilità economiche ….”

Ma lo interruppi subito

“lascia perdere i soldi, non è proprio il momento”
“perché, cosa hai combinato ancora?”
“niente niente, alti e bassi come tutti in questa attività”
“mi raccomando, non fare cazzzate con i soldi di mamma e papà, so bene che hanno il conto anche da te”
“figurati…..puoi controllare da solo l’ultimo estratto conto….”

Poi riportai il discorso su Marta

“ma questa gente non si può denunciare?”
“denunciare chi e cosa? Degli adulti che praticano consenzientemente pratiche spirituali assurde?”
“parlare ai genitori di Marta…….forse la possono aiutare più di te…..”

non rispose

“dario…..mi hai sentito?”
dopo un ulteriore pausa mi rispose
“ credo siano stati proprio loro a coinvolgerla……..anzi ne sono certo”

Ero di nuovo senza parole. Salutai Dario mai lui richiamò la mia attenzione di nuovo:
“ricordati sempre che sono tuo fratello…..nel mio piccolo ti ho visto crescere……puoi sempre contare su di me quando ne avrai bisogno”

Sotto la doccia mi resi conto che le ferite infertemi da Marta bruciavano.
Mi coricai stravolto da quegli eventi, ma non mi sentii per niente sicuro che non avrei rivisto più Marta.

Nei giorni che seguirono condussi una vita estremamente regolata, quasi ascetica per uno come me. Niente carte cavalli o altre cose strane. Anche Roul filò dritto come non mi ricordavo da tempo. C’era in entrambi la consapevolezza che da li a poco le nostre vite sarebbero in qualche modo cambiate, e cambiate in meglio. Inutili rincorrere altri sogni di gloria, bastava quello.

Dopo circa 10 giorni tutti i soldi erano sul conto di Roul. C’erano 15 milioni suoi, 25 miei, di cui 20 dei miei genitori, i soldi di lorenzo e di marco.

Il mercato nel frattempo aveva continuato a salire, anche se con ritmi sempre più blandi, ma comunque sufficienti per farci arrivare a pensare che avevamo perso il treno, almeno per quel trimestre. Avevamo davanti ancora 8 sedute prima della fine del mese, e noi con l’inizio del mese nuovo dovevamo essere dentro per chiudere poi tutto a metà calendario. O stornava subito o non se ne sarebbe fatto niente, a quel livelli non saremmo entrati.

E come d’incanto, come se il mercato lavorasse al nostro progetto, Piazza Affari stornò.

“uno storno salutare” si disse “non poteva continuare a correre così”. Stornò e stornò anche nei giorni successivi. In 5 sedute l’indice perse complessivamente un 7%, poi si appiattì.

Personalmente speravo in qualcosa di più, ma Roul corresse subito il mio pensiero.
“in un mercato che rimane comunque impostato al rialzo sul lungo non potevamo pretendere di più……altrimenti che mercato impostato al rialzo è….”
“si, vero anche questo, ma a questo punto anche il rimbalzo sarà modesto…ad ogni modo quel che viene viene, l’importante è che venga”

Quei tre giorni di lateralizzazione dopo lo storno per noi furono il segnale. Io e Roul eravamo in perfetta armonia.
Giovedì, primo del mese, comprammo a tutto il giorno a più riprese per non fare alzare il prezzo e notai con un certo disappunto che la lettera non si faceva fatica a trovare.
Fiat aveva corso tanto e stornato poco, sovraperformando l’indice, pertanto come già ipotizzato la tenni fuori. Dentro invece con Montedison, sulla quale da tempo circolavano rumors interessanti e che rispetto ad altri titoli aveva corso poco, dentro con quasi un 50% del capitale, poi rinascente e ifi. Erano i miei titoli, avrei potuto scrivere un libro su di loro.

Comprammo per un totale di circa 390 milioni, la cui caparra di copertura era così suddivisa
15 miei
15 di Roul
6 di Lorenzo
3 di Marco

Mi ero tenuto in tasca ancora qualcosa, pronto ad investirla il giorno dopo.
L’indice quel giorno chiuse di nuovo sui livelli di apertura, ed anche i miei titoli, nonostante fossero stati molto movimentati, non subirono variazioni di rilievo.

La cosa si ripetè il giorno dopo, indici di poco sopra la parità, ma la giornata ci regalò un segnale decisamente positivo. Gli scambi erano tutti in aumento sui titoli guida ed i prezzi tenevano bene se non addirittura in leggero rialzo. Ritenei comunque saggio evitare di incrementare. Allo stesso prezzo non avrebbe avuto nessun senso.

Lasciammo Piazza affari quel venerdì relativamente tranquilli. Anzi la giornata ci aveva indotto ad un moderato ottimismo.

Roul mi invitò a trascorrere una giornata fuori insieme a Deborah. Preferii declinare l’invito, più per superstizione che per altro
“ci si vede lunedì allora”
“ci si vede lunedì”

E arrivò anche lunedì, un lunedì che mi ricorderò a lungo.

Le contrattazioni iniziarono con un indice moderatamente impostato al rialzo.
“Bene” pensai
Gli acquisti continuarono così anche dopo la prima ora poi si fecero più radi. C’era nervosismo e confusione alle grida, e c’era incertezza, tanta incertezza. La si respirava nell’aria, la si vedeva nella faccia dei colleghi che non sapevano come orientarsi fino a quando, senza un perché, un maledetto perché, arrivò la lettera.

Bastò poco per scatenare un mezzo panico e l’indice scivolò giù, giù sempre più giù fino a toccare un meno 3%, senza riuscire più a risollevarsi. E si chiuse così.

Io e Roul ci guardammo sconsolati. A conti fatti il 5% del nostro capitale era già andato in fumo e per ironia delle sorte FIAT, esclusa dai miei acquisti, aveva tenuto benissimo, chiudendo poco sotto la parità. Al contrario Montedison era quella che aveva trascinato al ribasso il nostro portafoglio.

Eravamo come imbambolati, incapaci di prendere una qualsiasi decisione sulla strategia da adottare il giorno successivo. Alla domanda “cosa facciamo?” nessuno sapeva dare una risposta.

“potrebbe essere l’ultimo colpo di coda dello storno” buttò lì Roul
“di lunedì?……non è usuale…..non mi piace”
“allora usciamo subito e morta lì” mi disse secco Roul
“ok aspettiamo l’apertura e se butta male usciamo”

“ok, diciamo un meno 7% sul totale, poi si molla ufficiale”
“ok”

Il pensiero dei miei colleghi in ufficio si poteva sintetizzare così:” Ancora qualche giorno di turbolenza, uno due al massimo tre, e poi dovrebbe essere finita”, ma quanto potesse pesare ancora quella turbolenza nessuno poteva certo quantificarla con certezza.

Quella notte scaricai tutta la mia tensione con il primo transessuale che mi capitò a tiro.

Il martedì la borsa aprì in negativo e si portò subito sotto di quasi 2 punti, poi la lettera si calmò. Prima della chiusura spuntarono addirittura dei timidi acquisti e l’indice recuperò leggermente.
Ma noi, e lo si era deciso di comune accordo, avevavamo già sforato il tetto prestabilitò.
Eravamo sotto del 7,3%

La sera telefonai a marco e lorenzo, e ci si vide al circolo.
“siamo nelle tue mani mi dissero…..vai fino in fondo…vai fino a dove credi tu, noi non ci capiamo un cazzzo”

Mercoledì mattina sarebbe stato meglio non alzarsi, perché tanto eravamo già degli uomini morti

fu di nuovo lettera violenta fin dall’apertura e a metà seduta il nostro 10% non c’era più.
Roul mi disse: “ho parlato con Deborah della cosa, io mollo il colpo, non me la sento di rischiare oltre”

Un giocatore è superstizioso, molto superstizioso. Il solo fatto che in quella cosa fosse entrata Deborah mi annacquò completamente il cervello. Deborah, come già detto, per me era foriera di guai, solo foriera di guai. Era meglio starle lontano e andare nella direzione opposta.

Fu questa l’assurda logica della mia scelta operativa che mi portò a dire con tono secco, quasi con superbia:

“io resto, punto a recuperare qualcosa da qui a metà mese, lo storno ha i minuti contati”

Roul liquidò la sua parte e lasciò intatto il mio portafoglio. Marco e Lorenzo per lui non esistevano, erano amici miei.
Ma Dio ti guardi dagli amici, perché l’ultimo mio pensiero quel giorno andò a loro; avevo ben altri cazzzi per la testa. E roul si guardò bene dall’ eseguire operazioni da me non esplicitamente richieste.

Chiusi tutte le operazioni l’ultimo giorno disponibile, con una perdita secca del 18%

Ma la cosa più assurda e che ancora non potevo sapere è cheero praticamente riuscito a cavalcare l’ultimo significativo storno secco, cioè una caduta degli indici in pochi giorni, prima della grande corsa che avrebbe portato gli stessi ai massimi del 1987

Dopo una lunga e sofferta meditazione, tra la mia famiglia ed il big boss, scelsi quest’ultimo per confidarmi, pronto ad espiare le mie colpe.

Ma nonostante tutto dentro di me pensavo ad una cosa sola: risollevarmi, risollevarmi in fretta.

I conti erano presto fatti

Roul lasciò giù l'intera caparra. Quei soldi quei maledetti soldi che avrebbero dovuto permettergli di vivere comodo, tanto da indurlo a vendere casa, per buona parte non c'erano più.
E dovetti riconoscere che Roul fu più intelligente di me. Lui era riuscito ad uscire prima di trovarsi veramente nei guai grossi. Se mi avesse seguito non gli sarebbe rimasta più una lira in tasca, invece bene o male avrebbe avuto di che vivere.

Io persi un totale di 27 milioni. Dovevo reintegrare 15 milioni ai miei e tirarne fuori altri 12.
Disponevo di liquidità mia per 8 milioni circa. Il buco era drammatico:19milioni.

Lorenzo e Marco erano stati successivamente avvisati e avevano scelto anche loro di tenere, consigliati da me. Potevano contare pertanto una perdita complessiva rispettivamente di 10,5 e 5,4 milioni.

Mi presentai al big boss a capo chino e con il cuore in gola
"Ti aspettavo" mi disse, e senza neanche darmi il tempo di parlare mi chiese:
"quanto hai perso in tutto alla fine?"
restai di sasso
"allora..... questo storno quanto ti è costato.....15, 20, 30?"
trovai la forza di parlare: "27"
"immagino i tuoi non saranno molto felici"
"come fa a sapere che sono soldi dei miei...............come fa a sapere tutte queste cose?"
"di chi è stata l'idea, tua o di quel roul.....?"
cazzzo, sapeva tutto
"mia, sua, nostra" blateravo più che parlare
 
"ma cosa credi, fai sparire 20 milioni da uno dei conti dei miei clienti e pensi che non me ne accorgo?”
"clienti….erano soldi dei miei, potevano servire per delle spese"
"certo, per pagarti le tue putt.ane"
"non dica così"
“Lo sapevi bene che ti avrei tenuto d’occhio dopo l’anticipo che mi hai chiesto un po’ di tempo fa. Quando ho visto uscire tutti quei soldi mi sono preoccupato. Stai sempre appiccicato a quel Roul……a proposito ma è vero che ti sco.pi anche la sua ragazza?”
“cazzzate”
“meglio così, stai sempre appiccato a quel Roul dicevo. La mia famiglia fa questo lavoro da 2 generazioni, così come quella del suo capo. Ci conosciamo da sempre. Gli ho spiegato che avevo dei problemi con uno dei miei che stava sempre appiccicato a uno dei suoi……e gli ho chiesto di dare un’occhiata al conto di Roul, se vedeva movimenti strani di avvisarmi” e ancora
“cazzzo ma ti rendi conto……e non hai perso 27 milioni, hai perso molto di più”
“c’erano anche dei soldi di alcuni miei amici, ripeto 27 milioni”

“E adesso come fai a rientrare?”
“era di questo che volevo parlarle, ma a questo punto vorrei fare una domanda io”:
“perché non mi ha fermato subito……perché sapendo tutto e vedendo il mercato crollare non mi ha mai fermato?”
“perché….perché per quelli come te era un passaggio obbligato, prima o poi l’avresti fatto comunque. Tanto valeva che te lo lasciassi fare adesso, che sei ancora giovane e non hai famiglia. Ti servirà da lezione, perché nei mesi prossimi sarà dura, molto dura per te, ma vedrai……vedrai che servirà. Ne uscirai uomo”.

“come facciamo per i soldi?”il mio pensiero era solo quello
“quanto ti è rimasto di tuo tuo?
“più o meno 8 milioni……sono fuori di 19”
“bene, versa subito 8 milioni e per il resto copro tutto io, anche quelli dei tuoi amici, in modo che il mio collega possa chiudere regolarmente la sua contabilità da subito. Ma quelli lì li voglio indietro entro un paio di settimane, altrimenti anche loro saranno contabilizzati sul tuo debito”

“non si ripeterà più” dissi rasserenato e congratulandomi per aver scelto l’opzione giusta, cioè tra parlarne a mio padre ed il big boss, quest’’ultima.

Immaginai che mi avrebbe trattenuto parte dello stipendio, ma non fù proprio così

“te li tratterrò tutti dallo stipendio e premi, naturalmente”
“certo……in che percentuale mensile?”
“100%”
Rimasi di ghiaccio. “e con cosa vivo io?, mi lasci qualcosa”

“questa è la mia proposta. Se non ti va e preferisci ricevere un regolare stipendio trova i soldi.”
“dovrei chiederli ai miei, ma sono qui proprio per non farlo”
“allora accetta”
“ma dovrei chiedere comunque dei soldi ai miei per vivere”
“mi stai chiedendo troppo non credi? I tuoi non sapranno mai che ti eri giocato i loro soldi.
Gli dirai che hai sbagliato investimento, ma che hai perso solo soldi tuoi. E’ la tua famiglia ed io la conosco molto bene, ti aiuteranno”

Accettai, non avevo altra scelta, ma prima di lasciarmi il capo mi regalò un’ultima sorpresa

“consegnami il tuo badge per l’ingresso in piazza affari….niente più grida fin quando lo riterrò opportuno”

prima che lasciassi definitivamente la stanza si preoccupò bene di dirmi ancora: ”è la tua ultima chance, non ce ne sarà una prossima. Ti voglio bene come ad un figlio ed è per questo che non posso perdonare il tradimento”

Mi tenni in tasca, quasi furtivamente, 300 mila lire, e versai tutto il resto nelle casse.
Lorenzo pagò, con l’aiuto dei suoi, ma non fu facile neanche per lui perché comunque li avrebbe restituiti, più per dignità personale che per reale necessità dei genitori, con il cui padre era in perenne lotta. Per un lungo periodo la sua macchina uscì raramente dal box, non c’erano i soldi per la benzina.

La macchina di Marco invece uscì dal box per non farci più ritorno. Marco era operaio, figlio di operaio e madre casalinga. Doveva tirare fuori altri 2,4 milioni oltre a quelli persi. Quasi 3 mesi di lavoro per lui.
Non gli restò che vendere la macchina.

Ed io, mio malgrado, dovetti presentarmi a capo chino anche dai miei.

Certo non fu per niente piacevole dover raccontare loro quanto successo, ma la cosa che più mi umiliava era dovergli chiedere aiuto. A 28 anni, con un buon lavoro in mano, mi ritrovavo a dipendere in toto dal sussidio che mi avrebbero passato. E non sarebbe stata una situazione transitoria di breve durata, perché ad occhio e croce ne avevo almeno per 12 mesi.

Mio padre determinò che il sussudio dovesse essere settimanale, al fine di evitare che mi venissero strane tentazioni nel trovarmi una discreta somma in mano tutta insieme.

Discreta si fa per dire, perché la stabilì in 50 mila lire a settimana. Secondo lui con quei soldi avrei avuto di che pagarmi il settimanale del tram, le sigarette ed il panino di mezzogiorno.

“ti ci scappa anche una pizza ed un cinema con gli amici” mi disse
“si, e neanche i soldi per la benzina però” gli risposi

Aggiunse magnanimamente altre 10 mila lire, per un totale di 60 a settimana.

“ e questi soldi me li restituerai tutti, perché da quando hai iniziato a lavorare ti ho sempre lasciato gestire il tuo stipendio in autonomia, senza mai chiederti un contributo per le spese della famiglia di cui godi anche tu, come il mangiare…..e ti ho appena regalato una macchina”

Non potevo dargli torto e aggiunsi mentalmente debito al debito.

Ero con il morale a terra, ma in fin dei conti potevo ritenermi fortunato. A piazza Affari storie come la mia erano all’ordine del giorno. Per qualcuno che si arricchiva con facilità, qualcun altro si ritrovava in miseria da un momento all’altro. E non tutti gli agenti di cambio avevano la stessa sensibilità del mio. Tutti erano sempre pronti a coprire lo scandalo se il pasticcio si combinava con operazioni su conti di clienti, ma quando era il dipendente a sbagliare non sempre pietà e perdono erano i sentimenti predominanti. Anzi.

Ritirai fin da quella sera la prima paghetta di papà e mi buttai stancamente sul letto. La mia testa senza che gli fosse richiesto, partì per scelta propria alla ricerca di frammenti del mio recente passato. Cose e persone che circondavano quotidianamente la mia esitenza iniziarono a scorrere in successione ai miei occhi chiusi alla velocità di una vecchia comica.

Roul, ancora più vizioso e dissoluto di me, con quella sua donna sempre pronta ad accogliere tra le sue cosce e non solo chiunque gli fosse stato chiesto di accogliere, e sempre pronta a dilapidare al gioco i soldi di cui di volta in volta disponeva.

Cuki, sparita così dalla mia vita per volontà di altri e tutte le altre prostitute che avevo contribuito ad arricchire nelle notti trascorse alla ricerca di sesso mercenario

Marta, con le sue crisi mistiche, che del piacere aveva fatto il dolore e nel dolore provava piacere

Il mio capo, così benevolo e severo al tempo stesso, con quei suoi sermoni sulla morlità

Gli amici di roul, sempre così fortunati e vincenti a quel maledetto tavolo verde

Rividi il trucido mettermi una mano sulla spalla pronto a portarmi via gli ultimi soldi

Vidi cavalli suicidarsi in pista pur di non farmi vincere

Vidi una pallina della roulette saltellare intorno al mio numero vincente pronta a posarsi proprio lì dove io avevo giocato, prendere all’improvviso un rimbalzo strano e alzarsi in volo per sparire nel nulla, nel vuoto.

Vuoto, come era vuota la mia vita

Sentii infine per un momento qualcuno prendermi dolcemente per mano e chiedermi:
“cosa c’è che non va amore?”

Aprii gli occhi, ma non c’era nessuno al mio fianco

Scoppiai così in un pianto liberatorio.

Piangere mi fece bene, e riacquistai un po’ di calma. Non ero morto, non ero malato, avevo sempre una famiglia ed un lavoro e, se solo avessi voluto, anche degli amici normali con cui passare una serata piacevole conversando davanti ad un boccale di birra.

Questi miei nuovi pensieri, così diversi da quelli di pochi minuti prima, mi diedero nuova forza interiore. Ero caduto, ma ero vivo. Non sarebbe servito a niente trascinare stancamente la propria esistenza piangendosi addosso.Al contrario.

Nel mio portafoglio, oltre al sussidio di papà c’erano 300 mila lire che mi ero imboscato, quasi come un ladro, al momento di coprire i debiti in uffici.

Tolsi quel denaro dal portafoglio e lo nascosi.
“è tutto il mio capitale. Non so come non so quando, ma è da lì che dovrò ripartire, ed al momento giusto questi soldi dovranno esserci tutti”

E proprio da quel piccolo capitale, qualche mese dopo, avrei dato una nuova svolta alla mia vita.

L’impatto con il nuovo e forzato stile di vita fu tremendo, molto più faticoso di quanto avessi potuto immaginare.

A mancarmi era tutto, a cominciare dall’atmosfera dalle grida, da quel vociare confuso e frenetico che negli ultimi anni aveva sempre accompagnato la mia mattinata.
In ufficio mi sentivo un bambino in castigo, un recluso, e vivevo la mattina nell’ansiosa attesa del rientro dei colleghi, svolgendo lavori da ragazzo tuttofare come ai tempi in cui quella mia avventura aveva avuto inizio, senza però mai perdere d’occhio il mercato, che continuavo a seguire con attenzione.
E che mercato, tranquillo e rilassato aveva ripreso il suo bel trend al rialzo, e questa cosa mi faceva stare ancor più male. Piano piano, senza grossi strappi, come per non farsi notare, mezzo punticino alla volta l’indice continuava inesorabilmente a salire.

Ma mancavano anche le serate al casinò, i pomeriggi ai cavalli, le notti al poker. Mi resi conto in quel periodo che non sarebbe comunque mai stato facile per me voltare completamente pagina.
Tutto mi era entrato così nel sangue come una droga, e più dovevo rinunciare a quei piaceri, più li desideravo.

Sniffare cocaina era diventato un sogno ed ero in questo completamente dipendente dalla volontà di Roul. Era infatti lui che di tanto in tanto mi proponeva:
“vieni trovarmi stasera dai, che facciamo una tirata insieme, offro io”

Roul, il vecchio caro Roul. Lui al contrario di me poteva continuare imperterrito a coltivare i suoi vizi. Dalla sua aveva anche il mercato e almeno a sentir lui cavalcava sempre l’onda giusta, con piccole ma frequenti operazioni.
“Mi ci pago i vizi, soprattutto quelli di deborah che non ne imbrocca mai una al casinò” ma pur parlando di sconfitte lo faceva senza particolari preoccupazioni.

Il mio posto al tavolo del Poker era stato preso da Bruno, una conoscenza comune di provenienza dal “vivaio” di piazza affari, tanto per cambiare. Giovane bello e perdente che immaginavo esser già passato tra le cosce avide di Deborah.

Ad ogni modo Roul al venerdì mi invitava sempre a giocare
“si può giocare anche in cinque” mi diceva
“è quattro il numero perfetto…..e poi lo sai che non ho soldi”
“siamo tra amici, quando li avrai pagherai, non farti questi problemi”

Declinai quell’invito ripetutamente, fino a quando un venerdì sera in cui mi sentivo più depresso del solito accettai, anche nella speranza di fare una sniffata
“Ma si, diamoci una botta di vita, come va va, chi se ne frega” pensai nel rispondergli affermativamente

“ma se perdo pagherò quando li avrò…e potrebbero passare mesi”
“non ti preoccuppare”

Uscendo da casa mi guardai comunque bene dal mettere nel portafoglio le 300 mila lire che custodivo gelosamente in attesa neanch’io di non so cosa. Non era certo quella sera giocando a poker che avrei potuto cambiare le mie sorti. Ne ero cosciente.

Non passò infatti neanche mezz’ora dall’inizio della partita che mi sbatterono in faccia un colore contro il mio full d’assi. Sotto di 200 mila lire, una fortuna per me in quel momento.

Mi alzai imprecando e dissi:
“per me basta, andate avanti voi”

Il bilocale di Roul era talmente piccolo che si giocava in cucina, perché in sala avevano preferito non mettere un tavolo che sarebbe risultato ingombrante. Uscii da quella cucina piena di fumo e bestemmie ma non dalla casa, nella speranza di fare una sniffata prima o poi.

Deborah mi vide in piedi lì così e fece il gesto di farmi spazio sul divano davanti alla TV.

“che succede mi disse, non gira?”
“perché, a me è mai girata?”

“dai dai, sono gli alti e bassi della nostra vita, passerà anche per te”
“lascia perdere che è meglio”

“come sei nervoso, rilassati” poi con tono sarcastico, come a predermi in giro, sghignazzando:
”da quanto tempo non scop.i?”
 
Già, da quanto tempo non facevo l’amore? Da tanto da troppo. Continuavo a non avere una ragazza e non c’erano soldi per il sesso mercenario. Una vera sofferenza dell’anima e del corpo.
Una frustrazione a cui ponevo rimedio con la sola masturbazione. In casa, davanti alla TV.

Erano gli anni del boom delle prime televisoni commerciali, ed il sesso l’aveva fatto subito da padrone nella programmazione. Si potevano vedere film con vere e proprie scene hard fino a poco tempo prima inimmaginabili nel piccolo schermo.
Attendevo pazientemente che tutti andassero a letto per iniziare il rito della masturbazione, nel buio di una stanza illuminata solo dai riflessi della televisione.

Poi si avvicino al mio orecchio e mi disse:
”lo sai che roul è diventato gelosissimo di me?” e nel pronunciare quelle parole mise la sua mano sopra i miei pantaloni, all’altezza del membro”

“cosa intendi con geloso?” risposi così tanto per rispondere facendo finta di niente, ma mio malgrado ero già eccitato e lui già in erezione. Non sentivo la mano di una donna toccarmi da mesi

“è cambiato lui, improvvisamente, è geloso, quasi in modo ossessivo, non mi permette più niente, non desidera più guardarmi fare l’amore con un altro……….è ossessionato dalla paura che io lo lasci”

Ascoltavo in silenzio, godendo di quella mano che mi accarezzava.

“se ci vedesse qui, in questo momento….”

E slacciò la cerniera dei miei pantaloni infilando la sua mano sotto i miei slip. Poi iniziò a muoverlo su e giù sempre più velocemente. Raggiunsi il piacere quando lei mi infilò anche la lingua in bocca dopo aver sussurrato al mio orecchio:

“se uscisse dalla cucina adesso ci massacrerebbe di botte”

Ma rimasi ancora più di stucco quando deborah uscendo dal bagno dove era andata a lavarsi le mani pronunciò sghignazzando a voce alta:
“hei ragazzi, ho fatto una se.ga al vostro amico, poverino era mesi, non se lo scopa mai nessuno”

e giù tutti a ridere

Brunosi alzò dal tavolo e affacciandosi alla porta:
“cazzzo potevi chiamare anche me”

e giù tutti a ridere di nuovo
Mi sentii profondamente umiliato e me ne andai
Roul mi corse dietro sulle scale richiamandomi.

“dai, ma dove vai……. Ma ti incavoli per una battuta detta così per ridere?”
lo guardai in silenzio, e lui ancora serio e a voce bassa

“Deborah ha sbagliato a fare quella battuta……lo fa per fare inca.zzare me…..sono diventato geloso ultimamente, non so neanch’io perché, certe cose che facevo prima non riuscirei più a farle adesso”
Vieni su dai, ma ti pare che deborah ti fa una se.ga così…….dai sce.mo, ma perché ti sei incavolato così?”

Cazzzo Roul era serio, veramente serio......incredibile deborah.Mi fece pena lui. Avrei voluto tirarmi giù i pantaloni e fargli vedere le mie mutande, e poi forse avrebbe aperto gli occhi, ma visto che subito dopo aggiunse “dai che poi si tira un po” pensai bene di lasciar perdere

“non so, mi sono incavolato così per quella battuta sul fatto che non scopo da mesi….purtroppo è triste realtà….”

rientrai in casa di roul e mi riaccomodai sul divano, di fianco deborah, aspettando con ansia una tirata di coca.



Arrivò in quel 1983 un’estate calda, molto calda, con le temperature che si attestavano insolitamente al di sopra dei 35 gradi, fino a 40 nelle ore più calde. L’umidità rendeva la vita impossibile tanto di notte quanto di giorno.

E insieme all’estate arrivò anche la solitudine. Vidi amici e colleghi partire a turno e io sempre lì.
Non me la potevo permettere una vacanza, niente vacanze, niente di niente. Almeno i miei mi avessero lasciato un po’ solo, invece no, lì a farmi da balia. Io non avevo accettato di andare in vacanza con loro e loro scelsero di restare a casa con me.

Non so neanch’io cosa stessi cercando in cantina quel giorno. Era la settimana di ferragosto ed ero a casa solo come un cane. Dico solo perché non consideravo certo i miei come i possibili compagni con cui scambiare almeno due chiacchere.

So che mi capitò così per caso la mia vecchia canna da pesca in mano. Non la usavo da anni ed era tutta impolverata. Avevo pescato qualche volta con mio padre da giovane. Lui coltivava ancora la passione. Mi venne così all’improvviso lo schizzo di andare a pescare, tanto per ingannare il tempo. C’erano stivali e cagnotti di mio padre, c’era tutto il necessario.

Caricai tutto in macchina guardando bene di non farmi vedere da mio padre. Mi avrebbe sicuramente chiesto di venire e io non ne avevo nessuna intenzione.

Poi partii di buon umore a tutta velocità verso il Ticino, contento di aver dato un senso alla giornata.

Non sapevo ancora che in quel fiume, quel giorno, avrei incontrato l’uomo che, anche se del tutto inconsapevolmente, avrebbe cambiato il destino dei miei prossimi anni.
 
Ma non ti vergogni a postare una cosa simile in AC?

perché credi che abbiano creato amaca..
 
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