Mauro Camisani Calzolari: la Crisi dell'Europa e del debito.

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

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Analisi della crisi dell'Europa e del debito pubblico.

La crisi del debito: il passaggio dal pubblico a quello privato è avvenuto con i mastodontici piani di salvataggio che i Governi – inglese, americano e altri – hanno dovuto approntare per soccorrere le numerose banche private che hanno rischiato il default fra il 2008 e il 2009. A questo scopo, fra il 2008 e il 2010 le banche centrali hanno iniettato 500 miliardi di dollari nell’economia mondiale.
La situazione finanziaria: Gli Stati hanno cominciato a peggiorare e le entrate diminuivano e i prestiti aumentavano, secondo i meccanismi della politica di deregolamentazione che fu inaugurata negli anni ottanta dai governi Reagan e Thatcher e che per tre decenni è stata alimentata dalle lobby finanziarie internazionali. Così, il capitale è uscito dalla sfera produttiva sganciandosi dall’economia reale, i salari si sono abbassati, le barriere doganali sono state progressivamente eliminate, i prezzi hanno perso stabilità.
La Delocalizzazione: deindustrializzazione con conseguente di disoccupazione, fuga di capitali, precarizzazione del lavoro. Si è così consolidato un sistema socioeconomico caratterizzato da una profonda disuguaglianza, in cui la ricchezza è destinata alla fetta più sottile, già benestante, della popolazione mondiale.
Guerra finanziaria: Da qualche anno gli speculatori hanno iniziato a contrapposi agli Stati nazionali. Arbitri di questa contesa sono le agenzie di rating Moody's-Standard&Poorr's-Fich, le tre principali dominano il 90% del settore. Si tratta però di giudici tanto influenti quanto parziali queste agenzie non sono indipendenti, bensì strettamente legate alle banche private. Inoltre, il potere che le agenzie esercitano nei confronti degli Stati è enorme, poiché esse hanno il compito di valutare la solvibilità del loro debito.

Il meccanismo di finanziamento: Le operazioni di acquisto del debito pubblico, oggi in buona parte è posseduto dalle banche private. Queste ultime hanno infatti prestato denaro ai governi a tassi di mercato, prendendolo però a loro volta dalle banche centrali a condizioni estremamente favorevoli. In Europa, la differenza dei tassi dei prestiti fra banche private e BCE e fra banche private e stati membri è enorme: l’1% nel primo caso, il 7% nel secondo. In questo modo gli Stati diventano volontariamente debitori degli istituti privati, ponendosi in loro potere.

I regolamenti internazionali: Questi aggravano ulteriormente la situazione per gli Stati i prestiti a lungo termine sono gravati da tassi d’interesse, gli unici organismi che concedono tassi più contenuti sono FMI e BCE, ma la contropartita da pagare è pesantissima e consiste nell’applicazione di rigide misure di politica economica. In questo consiste l’austerity, che provoca però la diminuzione dei redditi, quindi la deflazione e, come conseguenza finale, il blocco della crescita economica. È la “strategia dello shock”, aumentano le tasse, diminuisce la spesa pubblica, vengono tagliati i servizi. In tutti i paesi che subiscono questa imposizione si verifica quindi un passaggio di sovranità, che dal popolo si trasferisce ai creditori privati.
La differenza dei tassi dei prestiti fra banche private e BCE e fra banche private e stati membri e alto.
Il rischio è che la base reagisca: Con rivolte popolari contro l’austerità o decise prese di posizione dei governi finalizzate al rifiuto del debito con l'inevitabile uscita dall'euro. Ciò che sta accadendo in questi mesi in Grecia non è che un’anticipazione di quanto potrebbe succedere in futuro in molti dei paesi europei, fra cui anche l’Italia.

Gli aggiustamenti di politica economica non possono più appoggiarsi alla svalutazione della moneta nazionale e devono quindi colpire i prestiti e l’occupazione. In questa tragica situazione è il patrimonio fisico del paese a rischiare di scomparire o meglio di essere svenduto; per esempio per la Grecia la contropartita per gli aiuti ricevuti è stata una robusta campagna di privatizzazioni. Diminuzione del numero dei dipendenti pubblici, tagli sociali e alla sanità, stipendi dimezzati sono le altre misure di austerità imposte. Così facendo però si rinvia solo una scadenza inevitabile, la malattia non può essere curata con le stesse cause che l’hanno generata. Nel caso della Grecia, l’unica alternativa al collasso completo è l’uscita dall’euro.

In Europa, così come nel paese ellenico, le uniche vittime della politica dell’austerità saranno le classi popolari e medie. Non ci saranno effetti risolutivi, poiché, molto semplicemente, nessun paese oggi è in grado di rimborsare il proprio debito. Salvo forse la sola Germania!!.
 
Il grande inganno dell’Euro.

Il grande inganno dell’Euro.
Mauro Camisani Calzolari.
Il grande inganno dell’Euro sta distruggendo il nostro futuro.
Le recenti crisi finanziarie hanno tolto credibilità ad una delle principali argomentazioni utilizzate a supporto della costruzione europea: con un’unica moneta forte, soprattutto i paesi più deboli, sarebbero stati al riparo da turbolenze finanziarie. I fatti attuali dimostrano che è vero l’esatto contrario: un paese si salva dagli attacchi della speculazione, non perché è protetto da un ombrello monetario, ma solamente se ha i conti pubblici in ordine e non ha un esagerato debito privato. Il caso della Danimarca e della Svezia è emblematico, sono rimasti fuori dall’Euro e nessuno si è sognato di attaccarli. Il caso Grecia e altri paesi, tra cui l’Italia, che sono nei guai, dimostra la debolezza dell’argomentazione pro Unione Monetaria. In realtà, unire sotto un unico ombrello monetario paesi con una diversa struttura economica, impedisce ai più deboli, in caso di crisi, di svalutare per salvare il tessuto produttivo e quindi, di garantire la propria sopravvivenza.
Politici e governanti, soprattutto di sinistra, cercarono di convincerci che l’adesione alla Moneta Unica fosse l’unica via per costringere il Paese a fare le riforme di cui aveva tanto bisogno per diventare più efficiente. Oggi possiamo tranquillamente affermare che abbiamo aderito all’Euro, ma le riforme non sono state fatte e l’Italia è più debole.
La sinistra pensava inoltre che l’Euro avrebbe determinato una maggiore equità sociale. Non avremmo avuto più le svalutazioni competitive e l’inflazione, fenomeni che spostavano ricchezza dal lavoro dipendente al lavoro autonomo e alle imprese. Ricorderete inoltre coloro i quali argomentavano che una diminuzione dei tassi, conseguente all’ingresso nella Moneta Unica, avrebbe avuto un effetto benefico sul debito pubblico e sui mutui, con conseguenti risparmi per le classi meno abbienti. In realtà ciò che fa risparmiare un debitore, non sono i bassi tassi d’interesse nominali, ma quelli reali, al netto dell’inflazione. L’adesione all’Euro ha determinato una discesa dei tassi nominali e dell’inflazione, con benefici trascurabili per i debitori.
A distanza di 10 anni dalla creazione Moneta Unica , risulta evidente come si sia verificata un’enorme redistribuzione della ricchezza a sfavore delle classi disagiate. Le classi imprenditoriali dei paesi meno competitivi, venendo a mancare prospettive di business sui mercati internazionali per evidenti problemi creati da un rapporto di cambio artificialmente penalizzante, hanno approfittato della situazione di confusione creata dall’applicazione improvvisa di una nuova unità monetaria, per recuperare margini di profittabilità in settori oligopolistici del mercato interno, caratterizzati da una domanda anelastica. Ecco spiegato perché sono saliti i prezzi di beni e servizi che pesano di più sul bilancio della povera gente.
Si è verificato inoltre un forte aumento degli immobili e delle locazioni. Molti di voi avranno conosciuto imprenditori i quali, consapevoli che le loro aziende avevano scarse prospettive, hanno improvvisamente scoperto la loro vocazione all’investimento immobiliare. La bolla immobiliare infatti si è verificata nei paesi con economie più deboli: Spagna, Italia, Grecia e Portogallo. Oggi costa meno comprare a Berlino che a Roma. Anche in questo caso, le categorie a minor reddito sono state le più danneggiate.
E la sinistra ancora si domanda perché perde consensi fra le fasce più deboli. La gente non fa tutte queste analisi, ma ha percepito che c’è stato un inganno.
Le imprese dinamiche hanno trovato nell’Euro ulteriori spinte alla delocalizzazione, togliendo al paese ricchezza. Perché restare in un paese che perde competitività e non può più utilizzare la svalutazione per riallinearsi alla competizione?
Ma il salato conto della Moneta Unica oggi lo stanno pagando e lo pagheranno anche i possessori di immobili e le stesse banche appartenenti ai paesi meno competitivi, anche queste ultime, che inizialmente sembravano rientrare tra i pochi soggetti avvantaggiati dall’Euro.
L’unica modo che avevamo per migliorare questo Paese era quella di riformare la spesa pubblica, investire in infrastrutture e non aderire alla Moneta Unica. Mantenere cioè la nostra libertà economica e morale. La nostra industria, costituita principalmente da imprese di contenute dimensioni, a media tecnologia, anche se per magia venissero risolti i problemi di ritardo infrastrutturale e di eccessivo assorbimento di risorse da parte del settore pubblico, avrebbe comunque bisogno di ricorrere a svalutazioni nei confronti della Germania, che ha una struttura incentrata sull’ alta tecnologia. Con l’Euro, abbiamo rinunciato alle svalutazioni buone, quelle indotte dal sistema delle imprese per riallinearsi alla competizione e non abbiamo rimosso la causa delle svalutazioni cattive, l’eccessiva spesa pubblica.
Il solo vincitore della partita è la Germania. La politica della BCE, non a caso ubicata a Francoforte, come stabilito nello Statuto a suo tempo imposto dai tedeschi, ha avuto sempre come priorità il controllo dell’inflazione, la crescita è stata subordinata alla variabile inflazione. Negli Stati Uniti la Fed ha priorità opposte. Non stupisce che il dollaro si svaluti continuamente nei confronti dell’Euro. La BCE ha applicato una politica clone della vecchia Bundesbank, quando gestiva il marco.
Come si esce da questo disastro? Le soluzioni sono in teoria due. Potremmo provare a convincere i tedeschi ad acconsentire che la BCE faccia una politica monetaria più accomodante e nell’interesse dei paesi deboli, strada difficilmente percorribile anche per le notevoli differenze culturali e di struttura economica che esistono fra i paesi europei. La seconda soluzione sarebbe quella di rimettere, prima possibile, a posto i conti pubblici e successivamente programmare un’uscita dall’Euro. Questa scelta sarebbe dolorosa nell’immediato, ma ci potrebbe garantire benessere e libertà per il futuro. L’Italia è un paese con potenzialità, con un gran numero di menti imprenditoriali capaci che, se vengono lasciate libere di esprimersi, sono in grado di primeggiare nel mondo. La visione dirigista dei burocrati dell’Unione Europea è tesa a distruggere questa creatività e il principale strumento per togliere la libertà ai popoli è unirli sotto un unico ombrello monetario.
La costruzione monetaria europea è frutto di una mentalità illiberale e antidemocratica come, del resto, è illiberale il processo di globalizzazione in corso. Ambedue i fenomeni sono guidati da un’unica regia: un ristrettissimo “gruppo di potere”, una elite finanziaria ed economica. Le decisioni sulle linea guida fondamentali sono state prese nell’ambito di consessi ristrettissimi e i popoli sono chiamati solamente a ratificare atti conseguenti ad un impianto normativo deciso da pochi. Viene pertanto a mancare un principio fondamentale a cui si ispira la democrazia: il principio di responsabilità degli amministratori della cosa pubblica, eletti dai popoli. I nostri Ministri sono oramai diventati meri esecutori di leggi e regole dettate dall’Europa e dalla globalizzazione.
Un manipolo di “illuminati” ha deciso che improvvisamente si dovesse aprire le porte a paesi, come la Cina, che hanno legislazioni sul lavoro profondamente diverse dalle nostre. Paesi dove lo Stato controlla tutte le variabili macroeconomiche, a cominciare dal tasso di cambio. E’ stata voluta una globalizzazione dove gli Stati Uniti mantengono un ruolo di signoraggio mondiale della moneta, grazie al fatto che il dollaro rimane moneta di riserva.
Una globalizzazione improntata al libero mercato avrebbe dovuto prevedere una legislazione uguale per tutti i paesi che partecipano alla competizione e tassi di cambio lasciati liberi di fluttuare in base alle regole di domanda e offerta.
Il Gruppo degli “illuminati” sta elaborando la fase 2 della globalizzazione. Per uscire dalla crisi, determinata dalle loro politiche scellerate e dirigiste, stanno proponendo di creare una “moneta unica mondiale” ed un unico Ministero dell’Economia, con gravi rischi per il nostro benessere e i fondamentali diritti di libertà e di democrazia.
Sorge spontanea la domanda, chi siano questi “illuminati”. Per chi volesse saperne di più, inizia ad essere disponibile un’ampia letteratura su questo “gruppo”, non eletto dai popoli, che mira ad accentrare il potere in un governo unico mondiale, a favorire pochi potenti Stati, un piccolo gruppo di grandissime corporation ed un ristretto numero di banche.
 
L'Euro, Europa così non va....

Mauro Camisani Calzolari. 27/02/2013

Oggi per avere voluto adottatare per l'Italia la moneta Euro ci troviamo a fare i conti di non potere uscire da questa crisi in tempi brevi e non si vede la fine che da più di 5 anni sta portando un aumento della povertà e fallimenti a catena della nostra Piccola e media industria manufatturiera, orgoglio del made in Italy.
La borsa va male, lo spread sale, la politica è in fibrillazione per l'exploit del M5 stelle, i mercati non hanno fiducia della nostra clase politica, corrotta, incapace e litigiosa....La produzione industriale e il PIL scendono, la disoccupazione e all'11,6% e nel 2014 salirà 12% secondo le previsioni della commissione europea, ecc... Tutto va male.
Allora perchè non uscire dall'Euro e abbandonare l'Europa?, riprendersi la nostra sovranità e moneta, cosi facendo si ritonerà a gestire la nostra politica economica e monetaria, senza essere legati a patti di stabilità,e all'impossibilità di stampare moneta per aiutare e fare ripartire l'economia, ciò che ha fatto è sta facendo tutt'ora la Federal Reseve Bank.
L' altra soluzione è creare due zone Euro, una per la Germania e i Paesi più forti, l'altra per i Paesi più deboli, i quali possono, adottare diverse strategia economiche per aiutare ad uscire dalla crisi, senza vincoli di Fiscal Compact, di coordinamento delle politiche economiche, finanziarie, ecc...
Il piccolo movimento di Magdi Cristiano Allam è l’unico che ha inserito nel suo programma elettorale l’uscita dall’euro “per restituire 100 miliardi alle imprese italiane”, nel suo movimento e in quello di "Grillo" ci sono economisti di esperienza, come Mauro Gallegati, una cattedra di Macroeconomia alla Politecnica delle Marche, insegnamenti alla Columbia e a Cambridge, collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz, anch'egli insieme a Paul Krugman non piace questa Europa così composta. Paul Krugman: “L’euro è campato in aria”
 
GEORGE SOROS: «U€ verso la fine, pericolo di forte ribellione»

Il finanziere ha già ridotto drasticamente tutte le esposizioni legate all’euro. Le regole dell’Eurozona hanno fatto sprofondare “i paesi sud-europei (dunque anche l’Italia), contro la loro volontà, in una lunga depressione”. Ormai sono settimane se non quasi mesi che i leader europei vogliono convincerci che il peggio è passato, che l’Europa ce la sta facendo, che la ripresa, sebbene lenta, è in corso. Questo, nonostante la carrellata di dati macroeconomici negativi che in Italia, giusto per fare un esempio, confermano soltanto le spinte recessive attive nell’economia. Altro che ripresa.
L’investiore miliardario George Soros non ci casca, anzi, lancia nuovi alert come ha fatto in passato. E conferma uno degli allarmi sicuramente più spaventosi:

“l’euro potrebbere distruggere l’Unione europea”.

Dando motivazioni di carattere politico.
I suoi timori sono tali che il finanziere ha già preso la decisione di ridurre drasticamente tutte le esposizioni legate all’euro presenti nel suo portafoglio: e questo dopo che qualche settimana fa, in occasione del World economic forum, era stato proprio lui a esprimere un cauto ottimismo sul futuro dell’Europa.

Ma ora ha fatto dietrofront, scrivendo nel suo Open Europe Blog che “esiste il pericolo reale che la soluzione (dell’Eurozona) propinata ai problemi finanziari creerà un profondo problema di natura politica”.


In una intervista rilasciata alla televisione danese Soros fa notare che le regole dell’Eurozona hanno fatto sprofondare “i paesi sud-europei (dunque anche l’Italia), contro la loro volontà…in una depressione di lunga durata”.

Le misure di austerity della Germania sono “controproducenti e non possono avere successo”. Soros ritiene così che l’Eurozona sia “destinata a una rottura dell’Unione europea”, in un contesto di tragedia di “libertà politica e di prosperità economica perdute” che durerà anni.

La ribellione: è questa la parola chiave utile per capire cosa intende Soros: a suo avviso i paesi sudeuropei a cui sono state imposte manovre di lacrime e sangue e che sono stati di fatto espropriati della loro sovranità si ribelleranno.

“L’euro sta trasformando l’Unione europea in qualcosa di molto diverso da quanto era stato concepito in origine, quando si parlava di associazione volontaria di stati uguali; invece, la finanza ha creato un sistema a due livelli, di creditori e debitori, e chi comanda sono i debitori. Ritengo dunque che la crisi politica peggiorerà”, questa la frase che Soros aveva proferito parlando a Davos, quando sembrava essere più ottimista.
 
Islanda libera e fuori dall'euro, Italia dentro e prigioniera di un incubo.

Il popolo islandese è riuscito a far dimettere un governo al completo; sono state nazionalizzate le principali banche commerciali; i cittadini hanno deciso all'unanimità di dichiarare l'insolvenza del debito che le stesse banche avevano sottoscritto con la Gran Bretagna e con l'Olanda, forti dell'inadeguatezza della loro politica finanziaria; infine, è stata creata un'assemblea popolare per riscrivere l'intera Costituzione. Il tutto in maniera pacifica. Una vera e propria Rivoluzione contro il potere che aveva condotto l'Islanda verso il recente collasso economico.
Sicuramente vi starete chiedendo perché questi eventi non siano stati resi pubblici durante gli ultimi due anni. La risposta ci conduce verso un'altra domanda, ancora più mortificante: cosa accadrebbe se il resto dei cittadini europei prendessero esempio dai "concittadini" islandesi?
Ecco brevemente la cronologia dei fatti:
2008 - A Settembre viene nazionalizzata la più importante banca dell'Islanda, la Glitnir Bank. La moneta crolla e la Borsa sospende tutte le attività: il paese viene dichiarato in bancarotta.
2009 - A Gennaio le proteste dei cittadini di fronte al Parlamento provocano le dimissioni del Primo Ministro Geir Haarde e di tutto il Governo - la Alleanza Social-Democratica (Samfylkingin) - costringendo il Paese alle elezioni anticipate. La situazione economica resta precaria. Il Parlamento propone una legge che prevede il risanamento del debito nei confronti di Gran Bretagna e Olanda, attraverso il pagamento di 3,5 MILIARDI di Euro che avrebbe gravato su ogni famiglia islandese, mensilmente, per la durata di 15 anni e con un tasso di interesse del 5,5%.
2010 - I cittadini ritornano a occupare le piazze e chiedono a gran voce di sottoporre a Referendum il provvedimento sopracitato.
2011 - A Febbraio il Presidente Olafur Grimsson pone il veto alla ratifica della legge e annuncia il Referendum consultivo popolare. Le votazioni si tengono a Marzo ed i NO al pagamento del debito stravincono con il 93% dei voti. Nel frattempo, il Governo ha disposto le inchieste per determinare giuridicamente le responsabilità civili e penali della crisi. Vengono emessi i primi mandati di arresto per diversi banchieri e membri dell'esecutivo. L'Interpol si incarica di ricercare e catturare i condannati: tutti i banchieri implicati abbandonano l'Islanda. In questo contesto di crisi, viene eletta un'Assemblea per redigere una Nuova Costituzione che possa incorporare le lezioni apprese durante la crisi e che sostituisca l'attuale Costituzione (basata sul modello di quella Danese). Per lo scopo, ci si rivolge direttamente al Popolo Sovrano: vengono eletti legalmente 25 cittadini, liberi da affiliazione politica, tra i 522 che si sono presentati alle votazioni. Gli unici due vincoli per la candidatura, a parte quello di essere liberi dalla tessera di qualsiasi partito, erano quelli di essere maggiorenni e di disporre delle firme di almeno 30 sostenitori. La nuova Assemblea Costituzionale inizia il suo lavoro in Febbraio e presenta un progetto chiamato Magna Carta nel quale confluiscono la maggiorparte delle "linee guida" prodotte in modo consensuale nel corso delle diverse assemblee popolari che hanno avuto luogo in tutto il Paese. La Magna Carta dovrà essere sottoposta all'approvazione del Parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni legislative che si terranno.
Questa è stata, in sintesi, la breve storia della Ri-evoluzione democratica islandese.

Abbiamo forse sentito parlare di tutto ciò nei mezzi di comunicazione europei?
Abbiamo ricevuto un qualsiasi commento su questi avvenimenti nei noiosissimi salotti politici televisivi o nelle tribune elettorali radiofoniche?
Abbiamo visto nella nostra beneamata Televisione anche un solo fotogramma che raccontasse qualcuno di questi momenti?
SINCERAMENTE NO.
I cittadini islandesi sono riusciti a dare una lezione di Democrazia Diretta e di Sovranità Popolare e Monetaria a tutta l'Europa, opponendosi pacificamente al Sistema ed esaltando il potere della cittadinanza di fronte agli occhi indifferenti del mondo.
Siamo davvero sicuri che non ci sia "censura" o manipolazione nei mass-media? Il minimo che possiamo fare è prendere coscienza di questa rivoluzione storia di piazza e farla diventare leggenda, divulgandola tra i nostri contatti. I "tecnologicamente avanzati" potranno fare un copia/incolla e spammare questo racconto via e-mail oppure, con un semplice click sui pulsanti di condivisione dei Social Network in fondo all'articolo, lanciare una salvifica catena di Sant'Antonio su Facebook, Twitter, Digg o GoogleBuzz. I "guru del web" si sentiranno il dovere di riportare, a modo loro, questa fantastica lezione di civiltà, montando un video su YouTube, postando un articolo ad effetto sui loro blog personali o iniziando un nuovo thread nei loro forum preferiti.
L'importante è che, finalmente, abbiamo la possibilità di bypassare la manipolazione mediatica dell'informazione ed abbattere così il castello di carte di questa politica bipartitica, sempre più servile agli interessi economici delle banche d'affari e delle corporazioni multinazionali e sempre più lontana dal nostro Bene Comune.
 
La solita filastrocca :o

Chi esordisce con titoloni: grande inganno dell'euro , ci sta distruggendo etc..

non sa di cosa parla:cool:
Un sacco di affermazioni buttate al vento senza uno straccio di argomentazioneBannato
 
pero' almeno almeno dovresti lasciar stare Soros, che e' un europeista convinto ;
per quanto riguarda Grillo , ci sono due prof. : Gallegati , che e' PRO-euro ; e Bagnai , che e' anti-euro.
Mi sa che hai scelto quello sbagliato:D
 
Fuori dall'Euro: Paul Krugman.....

Qual’è la posizione del premio Nobel per l’Economia Paul Krugman sulla cosidetta guerra delle valute? Per alcuni sarà una sorpresa…
Secondo l’economista ed editorialista del New York Times: “Le guerre valutarie quasi sicuramente rappresentano un vantaggio per l’economia mondiale”. Questo almeno è quello che è avvenuto ai tempi della crisi del Ventinove e della Grande Depressione: gli stati abbandonarono “il Gold Standard per essere liberi di perseguire politiche di espansione monetaria”.

La lezione Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna sembrano averla imparata, visto che “stanno cercando di portare avanti una politica di espansione monetaria, con la svalutazione della moneta come effetto collaterale” - quello “di cui il mondo ha bisogno”.
L’Europa rischia di perdere competitività, ma può sempre fare ciò che stanno facendo gli altri, convincendo la “Bce a intraprendere misure di espansione”.
Il timore di un euro troppo forte sta spuntando le armi dei sostenitori dell’austerità, che sia in Europa che negli Stati Uniti sembrano essere in difficoltà. Basta citare il caso di Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea e fiero paladino del rigore, ha scritto una lettera ai ministri dell’Economia in seguito alle disastrose notizie sull’economia europea, che hanno confermato l’allarme dei contestatori dell’austerity e indotto a rivedere i moltiplicatori della spesa pubblica, troppo elevati in una situazione di trappola della liquidità.
Secondo il commissario la risposta sarebbe quella di non diffondere questo genere di studi. Come dice Krugman questa gente ha già fatto troppi danni e rischia di farne ancora.
Aggiungo è ora che l'Italia esca urgentemente dall'Euro prima che gli errori siano irreversibili.... già oggi abbiamo più di 3 milioni di dissocupati, 38,7% di giovani, che non hanno un futuro... più di 76 mila aziende fallite, cosa aspettiamo ad uscire da questa maledetta moneta dell'Euro, voluta dalle Banche e Stati solo per interessi finanziari....Paolo Savona, che sotto i governi Ciampi e Prodi ha contribuito alla preparazione dell’ingresso dell’Italia nella moneta unica europea. “Se la politica europea non cambia”, spiega Savona, “abbiamo due possibilita’ di risollevarci: 20% di disoccupazione con l’euro oppure 20% di inflazione senza l’euro. Io preferisco la seconda variante”. ed io sono d'accordo!!!!
 
Qual’è la posizione del premio Nobel per l’Economia Paul Krugman sulla cosidetta guerra delle valute? Per alcuni sarà una sorpresa…
Secondo l’economista ed editorialista del New York Times: “Le guerre valutarie quasi sicuramente rappresentano un vantaggio per l’economia mondiale”. Questo almeno è quello che è avvenuto ai tempi della crisi del Ventinove e della Grande Depressione: gli stati abbandonarono “il Gold Standard per essere liberi di perseguire politiche di espansione monetaria”.

La lezione Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna sembrano averla imparata, visto che “stanno cercando di portare avanti una politica di espansione monetaria, con la svalutazione della moneta come effetto collaterale” - quello “di cui il mondo ha bisogno”.
L’Europa rischia di perdere competitività, ma può sempre fare ciò che stanno facendo gli altri, convincendo la “Bce a intraprendere misure di espansione”.
Il timore di un euro troppo forte sta spuntando le armi dei sostenitori dell’austerità, che sia in Europa che negli Stati Uniti sembrano essere in difficoltà. Basta citare il caso di Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea e fiero paladino del rigore, ha scritto una lettera ai ministri dell’Economia in seguito alle disastrose notizie sull’economia europea, che hanno confermato l’allarme dei contestatori dell’austerity e indotto a rivedere i moltiplicatori della spesa pubblica, troppo elevati in una situazione di trappola della liquidità.
Secondo il commissario la risposta sarebbe quella di non diffondere questo genere di studi. Come dice Krugman questa gente ha già fatto troppi danni e rischia di farne ancora.
Aggiungo è ora che l'Italia esca urgentemente dall'Euro prima che gli errori siano irreversibili.... già oggi abbiamo più di 3 milioni di dissocupati, 38,7% di giovani, che non hanno un futuro... più di 76 mila aziende fallite, cosa aspettiamo ad uscire da questa maledetta moneta dell'Euro, voluta dalle Banche e Stati solo per interessi finanziari....Paolo Savona, che sotto i governi Ciampi e Prodi ha contribuito alla preparazione dell’ingresso dell’Italia nella moneta unica europea. “Se la politica europea non cambia”, spiega Savona, “abbiamo due possibilita’ di risollevarci: 20% di disoccupazione con l’euro oppure 20% di inflazione senza l’euro. Io preferisco la seconda variante”. ed io sono d'accordo!!!!


maperche' cerchi di diffondere il panico , basato sul nulla?
maledetta moneta ? ma cosa stai a dire??Bannato

Gli Stati uniti con le loro politiche espansive si sono cacciati in un bel guaio; ad oggi hanno un deficit pubblico di 16 TRILIONI , che in percentuale e' piu' o meno quello del''italia , e non riuscendo a tenerlo sottocontrollo si sono autocommisariati con lo scatto dei tagli in automatico.
E tutto cio' con quali risultati?? Obama c'e' l'ha fatta per un pelo ad essere rieletto ( grazie al cielo ) perche' l'economia per 3 anni e mezzo non tirava.
La Germania in termini di disoccupazione ha fatto molto meglio : perche' non lo dici questo???:cool:
 
Perche' non lo dici che i governi , che sanno fare i governi , cioe' senza corruzione , con politiche sane hanno giovato dall'euro??

Perche' non lo dici che e' il debito pubblico , la corruzione e la malagestione della macchina statale , con un enorme carico fiscale e sprechi che affossano la competitivita' italiana??
Non le sai queste cose??
 
Perche' non lo dici che i governi , che sanno fare i governi , cioe' senza corruzione , con politiche sane hanno giovato dall'euro??

Perche' non lo dici che e' il debito pubblico , la corruzione e la malagestione della macchina statale , con un enorme carico fiscale e sprechi che affossano la competitivita' italiana??
Non le sai queste cose??

concordo in pieno!

bello dire che è colpa dell'euro...la germania...ecc...mentre altri hanno avuto l'accortezza e si sono dati da fare con buone riforme, sane politiche etc...per trovarsi in una situazione che adesso godono, l'italia e i suoi politicanti in questo decennio come buon paese terzomondista si è data alla baldoria, al baccano, al bunga-bunga, etc...e adesso vogliono propagandare con queste menzogne perchè sarebbe di facile "presa" dalla sua massa di popolazione ignorante.
mah...:rolleyes:
 
L'Euro, L'Europa voluta dai Banchieri e Governi...

concordo in pieno!

bello dire che è colpa dell'euro...la germania...ecc...mentre altri hanno avuto l'accortezza e si sono dati da fare con buone riforme, sane politiche etc...per trovarsi in una situazione che adesso godono, l'italia e i suoi politicanti in questo decennio come buon paese terzomondista si è data alla baldoria, al baccano, al bunga-bunga, etc...e adesso vogliono propagandare con queste menzogne perchè sarebbe di facile "presa" dalla sua massa di popolazione ignorante.
mah...:rolleyes:

Ancora oggi c'è ci crede che “questa crisi è nostra responsabilità”, che ci meritiamo le tasse perché abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità, che ci meritiamo un governo di tecnici perché siamo corrotti e inaffidabili, che non capaci di stare alla pari degli altri paesi europei.
Queste sono storie raccontate da chi ha interessi di parte: Banche e Governi.
E' vero che abbiamo forse una classe politica più corrotta, che abbiamo molti imprenditori disonesti che non pagano le tasse, che il sud vive alle spalle dello stato. Il resto è propaganda, specialmente quelle sull'origine della crisi. La crisi in Europa è arrivata sull'onda della crisi immobiliare statunitense del 2007-2008, ma ha una sola causa: la moneta unica.
La causa della crisa attuale è dovuta al fatto che non abbiamo più una nostra moneta sovrana, ma abbiamo una moneta data in prestito da una banca privata posseduta da banche private. Quindi gli stati non hanno più la possibilità di usufruire dei vantaggi di una loro moneta sovrana, (stampare la propria moneta) ma sono costretti a prenderla in prestito pagando un interesse. La banca centrale europea fornisce denaro in prestito alle banche private che lo prestano a interessi superiori agli stati. Ok?
Mi spiego: chi ha voluto l'euro e perché?
L'euro è stato proposto dai grandi capitali, dalle grandi banche, fondi finanziari, multinazionali, grandi istituzioni (FMI, Banca mondiale, ecc..). Gli stessi per intenderci che hanno “spinto” e manipolato per ottenere la globalizzazione, cioè la libera circolazione delle merci e dei capitali. Costoro desideravano un sistema a cambi fissi che salvaguardasse i loro capitali dalla svalutazione delle monete, dopo la fine del regime di Breton Woods con l'abolizione della convertibilità del dollaro in oro.
La creazione di un'Europa unita a livello monetario, ma senza un governo politico (stati Uniti d'Europa), questo comporta che i paesi meno competitivi a livello economico e con una più alta inflazione non possono più svalutare la moneta per recuperare competitività. Non essendoci dei meccanismi di compensazione e non avendo più una moneta propria, questi paesi non possono fare altro che scaricare sull'economia interna i loro debiti. Questo significa aumentare le tasse, svalutare i salari, tagliare i servizi pubblici, limitare l'inflazione attaccando i consumi, tutto questo va a vantaggio dei capitali e a svantaggio dei cittadini. Di tutti, anche quelli tedeschi, che per unificare il Paese si sono trovati con un debito pubblico alle stelle, e una crisi economica, ha portato il governo Schröderad a introdurre manovre fiscali ed economiche impopolari.
Come fanno gli stati a finanziarzi?
Dalle tasse, ma se hanno bisogno di liquidità, per esempio per rilanciare le infrastrutture e altro, la moneta la prendono vendendo titoli di stato alle banche. Il problema è che una parte importante dei titoli di stato sono nelle mani delle banche internazionali e che solo pochi i soggetti istituzionali possono partecipare alle aste dei titoli di stato, questo fa sì che la finanza decida di fatto gli interessi dei titoli di stato agendo sullo spread, per esempio vendendo titoli che hanno o che non hanno (detto allo scoperto) per ridurne il valore sul mercato. Quindi gli stati devono sottostare alle leggi dei maercati, dei grandi capitali.
Che sono coloro che hanno voluto l'euro per guadagnare di più alle spalle dei cittadini e che mirano a saccheggiare gli stati dei beni pubblici e ad appropriarsi della sovranità degli stati.
Perché nella situazione ora descritta, uno stato europeo che non ha soldi, per mantenere i (trattati) è costretto a scelte fiscali e finanziarie dettate dall'Europa, cioè dagli stati più forti e dai grandi capitali. Questo significa aumentare le tasse, svalutare i salari, tagliare i servizi pubblici, ma anche svendere beni pubblici e servizi pubblici. Dico svendere perché è quello che accade in momenti di crisi e recessione.
Inoltre uno stato senza soldi non può fare politica economica o sociale. Non può quindi rilanciare la propria economia, con il risultato di entrare in recessione e di impoverire il tessuto sociale con tutte le conseguenze che possiamo immaginare. Questo finché da questa gara tra gli stati europei non esce un vincitore, cioè finché gli stati non saranno costretti a cedere la loro sovranità politica agli organismi europei per creare un governo centrale europeo sotto l'influenza dello stato più forte, un esempio, la Germania.
L'Europa così realizzata è un regime oligarchico nelle mani di un burocrazia al servizio degli interessi delle classi dominanti.

Come si può evitare tutto questo, uscendo dall'euro.
Loro lo sanno e stanno facendo di tutto per evitare che ciò accada. Attraverso i media continuano a ripetere che non si può uscire dall'euro, che non c'è un'alternativa, che uscire sarebbe un disastro, che l'Europa si deve fare ad ogni costo, non si capisce bene perché. Hanno creato il mito dell'Europa unita senza fare niente di concreto, per esempio gli stati uniti d'Europa, con una banca centrale un governo unico politico.
In realtà uscire dall'euro è il modo più veloce e indolore per i popoli europei per finire questa guerra economico-finanziaria e con essa la crisi. Dicono che le conseguenze saranno terribili, che ci sarà la svalutazione e l'inflazione. Certo che la moneta sarà svalutata, ma molto meno di quello che dicono e ci renderà più competitivi economicamente, mentre non ci sarà un'impennata dell'inflazione, perché non c'è correlazione tra svalutazione e inflazione, e quel lieve aumento di inflazione sarà un vantaggio perché eroderà il debito pubblico e privato.
L'euro non è irreversibile e uscire dall'euro non sarà una tragedia.
Il solo fatto che continuino a ripeterci il contrario, attraverso tutti i media e ogni giorno, non è che una conferma. Sanno bene che basterebbe l'uscita di uno solo dei paesi europei per fare cadere questa Europa. le banche questo lo temomo.
E' tempo che la popolazione europea si svegli da questo sogno, anche in fretta, se non vuole assaggiare il peggio.
 
Ancora oggi c'è ci crede che “questa crisi è nostra responsabilità”, che ci meritiamo le tasse perché abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità, che ci meritiamo un governo di tecnici perché siamo corrotti e inaffidabili, che non capaci di stare alla pari degli altri paesi europei.
Queste sono storie raccontate da chi ha interessi di parte: Banche e Governi.
E' vero che abbiamo forse una classe politica più corrotta, che abbiamo molti imprenditori disonesti che non pagano le tasse, che il sud vive alle spalle dello stato. Il resto è propaganda, specialmente quelle sull'origine della crisi. La crisi in Europa è arrivata sull'onda della crisi immobiliare statunitense del 2007-2008, ma ha una sola causa: la moneta unica.
La causa della crisa attuale è dovuta al fatto che non abbiamo più una nostra moneta sovrana, ma abbiamo una moneta data in prestito da una banca privata posseduta da banche private. Quindi gli stati non hanno più la possibilità di usufruire dei vantaggi di una loro moneta sovrana, (stampare la propria moneta) ma sono costretti a prenderla in prestito pagando un interesse. La banca centrale europea fornisce denaro in prestito alle banche private che lo prestano a interessi superiori agli stati. Ok?
Mi spiego: chi ha voluto l'euro e perché?
L'euro è stato proposto dai grandi capitali, dalle grandi banche, fondi finanziari, multinazionali, grandi istituzioni (FMI, Banca mondiale, ecc..). Gli stessi per intenderci che hanno “spinto” e manipolato per ottenere la globalizzazione, cioè la libera circolazione delle merci e dei capitali. Costoro desideravano un sistema a cambi fissi che salvaguardasse i loro capitali dalla svalutazione delle monete, dopo la fine del regime di Breton Woods con l'abolizione della convertibilità del dollaro in oro.
La creazione di un'Europa unita a livello monetario, ma senza un governo politico (stati Uniti d'Europa), questo comporta che i paesi meno competitivi a livello economico e con una più alta inflazione non possono più svalutare la moneta per recuperare competitività. Non essendoci dei meccanismi di compensazione e non avendo più una moneta propria, questi paesi non possono fare altro che scaricare sull'economia interna i loro debiti. Questo significa aumentare le tasse, svalutare i salari, tagliare i servizi pubblici, limitare l'inflazione attaccando i consumi, tutto questo va a vantaggio dei capitali e a svantaggio dei cittadini. Di tutti, anche quelli tedeschi, che per unificare il Paese si sono trovati con un debito pubblico alle stelle, e una crisi economica, ha portato il governo Schröderad a introdurre manovre fiscali ed economiche impopolari.
Come fanno gli stati a finanziarzi?
Dalle tasse, ma se hanno bisogno di liquidità, per esempio per rilanciare le infrastrutture e altro, la moneta la prendono vendendo titoli di stato alle banche. Il problema è che una parte importante dei titoli di stato sono nelle mani delle banche internazionali e che solo pochi i soggetti istituzionali possono partecipare alle aste dei titoli di stato, questo fa sì che la finanza decida di fatto gli interessi dei titoli di stato agendo sullo spread, per esempio vendendo titoli che hanno o che non hanno (detto allo scoperto) per ridurne il valore sul mercato. Quindi gli stati devono sottostare alle leggi dei maercati, dei grandi capitali.
Che sono coloro che hanno voluto l'euro per guadagnare di più alle spalle dei cittadini e che mirano a saccheggiare gli stati dei beni pubblici e ad appropriarsi della sovranità degli stati.
Perché nella situazione ora descritta, uno stato europeo che non ha soldi, per mantenere i (trattati) è costretto a scelte fiscali e finanziarie dettate dall'Europa, cioè dagli stati più forti e dai grandi capitali. Questo significa aumentare le tasse, svalutare i salari, tagliare i servizi pubblici, ma anche svendere beni pubblici e servizi pubblici. Dico svendere perché è quello che accade in momenti di crisi e recessione.
Inoltre uno stato senza soldi non può fare politica economica o sociale. Non può quindi rilanciare la propria economia, con il risultato di entrare in recessione e di impoverire il tessuto sociale con tutte le conseguenze che possiamo immaginare. Questo finché da questa gara tra gli stati europei non esce un vincitore, cioè finché gli stati non saranno costretti a cedere la loro sovranità politica agli organismi europei per creare un governo centrale europeo sotto l'influenza dello stato più forte, un esempio, la Germania.
L'Europa così realizzata è un regime oligarchico nelle mani di un burocrazia al servizio degli interessi delle classi dominanti.

Come si può evitare tutto questo, uscendo dall'euro.
Loro lo sanno e stanno facendo di tutto per evitare che ciò accada. Attraverso i media continuano a ripetere che non si può uscire dall'euro, che non c'è un'alternativa, che uscire sarebbe un disastro, che l'Europa si deve fare ad ogni costo, non si capisce bene perché. Hanno creato il mito dell'Europa unita senza fare niente di concreto, per esempio gli stati uniti d'Europa, con una banca centrale un governo unico politico.
In realtà uscire dall'euro è il modo più veloce e indolore per i popoli europei per finire questa guerra economico-finanziaria e con essa la crisi. Dicono che le conseguenze saranno terribili, che ci sarà la svalutazione e l'inflazione. Certo che la moneta sarà svalutata, ma molto meno di quello che dicono e ci renderà più competitivi economicamente, mentre non ci sarà un'impennata dell'inflazione, perché non c'è correlazione tra svalutazione e inflazione, e quel lieve aumento di inflazione sarà un vantaggio perché eroderà il debito pubblico e privato.
L'euro non è irreversibile e uscire dall'euro non sarà una tragedia.
Il solo fatto che continuino a ripeterci il contrario, attraverso tutti i media e ogni giorno, non è che una conferma. Sanno bene che basterebbe l'uscita di uno solo dei paesi europei per fare cadere questa Europa. le banche questo lo temomo.
E' tempo che la popolazione europea si svegli da questo sogno, anche in fretta, se non vuole assaggiare il peggio.

bagianate!

quindi la soluzione sarebbe "uscire dall'euro"...facile vero!
e poi avanti con la stessa musica di prima...stampare moneta a più non posso, tutti con cartastraccia in mano e avanti! di nuovo corruzione galoppante "fantasma" (perchè stampando moneta di continuo chi se ne accorge?!) accontentare i soliti, sempre loro, quelli che guardano il loro piccolo orticello.
siamo i soliti italiotti, crediamo di essere sempre i "furbetti del quartierino"
se le regole che tutti abbiamo firmato e ci siamo concordati di rispettare adesso non mi favoriscono, tutto deve essere cambiato...noi NON dobbiamo cambiare..gli altri debbono cambiare.
se un giorno fosse possibile e ci dovesse capitare di uscire dall'euro...tieniti tu le "lirette" io mi rassicurerò di rimanere con i mie euro ben saldi in mano. non posso pensare un' altro uso per le lirette se non quello di portarmele in "bagno"
boh... :rolleyes:
 
Mauro Camisani Calzolari: Europa-Euro

In questi giorni ho pubblicato vari articoli sul tema euro, analizzando il perchè si deve uscire dall’euro, cercando di dimostrare la convenienza di un’eventuale uscita dell’Italia dalla moneta unica o almeno nel creare due zone-euro.
Riassumendo questi post, si può arrivare a un’analisi dettagliata: valutando tutti i parametri, all’Italia conviene uscire dall’euro.
Rivediamo, nel dettaglio, tutti i parametri principali, analizzando vantaggi e svantaggi di un ritorno alla lira o della permanenza nell’euro. Fatte i dovuti ragionamenti, vince il ritorno alla lira.
1) PRODUZIONE INDUSTRIALE: vince il RITORNO ALLA LIRA in modo netto,
gli andamenti della produzione industriale in 15 paesi Europei negli ultimi 20 anni, sono in misura diversa in calo, Ne è risultato che l’Euro ha causato un colossale trasferimento di produzione industriale da tutti i paesi periferici verso la Germania, come conseguenza dell’invariabilità dei cambi, che consente al sistema meno inflattivo (quello tedesco) e più efficiente, di sottrarre ampie quote di produzione. Il contesto complessivo dll’Europa nel suo insieme, non ha una dinamica crescente nella produzione, a causa della concorrenza asiatica, ed al suo interno v’è un solo vincitore, la Germania.

Per capirsi, dal 2005 ad oggi, l’Italia ha fatto -18% e la Germania +10%, questi dati purtroppo, fanno capire che anche quando ci sarà la cosidetta ripresa per l'Italia non cambierà il divaro con la Germania.
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO e’ prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni, con una Germania che sottrarrà quote a tutti gli altri. Il trend proseguirà inevitabilmente, fintanto che la Germania manterrà un’inflazione minore o uguale ai partners, e potrà mutare solo quando tale tendenza muterà ed in modo duraturo (pura illusione!). Ovviamente gli aumenti di tassazione indiretta in Italia (IVA, accise) e Spagna (IVA), causa prima di sovra-inflazione, promettono che il differenziale inflattivo tra Germania e Sud Europa permarrà anche nei prossimi 2 anni.
In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di analogo a quanto accadde nel 1992-95. L’Italia (e gli altri paesi che svalutarono) all’epoca ebbe un’impennata nella Produzione Industriale e la Germania ebbe una bella batosta. Ciò che accade in corrispondenza di ogni riaggiustamento monetario. E’ vero che l’Italia ha minore peso industriale rispetto all’epoca, ma è anche vero che l’incidenza dell’Import-Export rispetto alla produzione è aumentata molto rispetto a 20 anni fa, per cui è prevedibile che vi saranno gli stessi effetti.

2) BILANCIA COMMERCIALE E BILANCIA DEI PAGAMENTI: Vince il RITORNO ALLA LIRA in modo netto. Anche in questo caso non c’e storia.
L’Euro ha consentito alla Germania di ampliare a dismisura i propri attivi commerciali in una misura pari esattamente alla somma della crescita dei passivi in Spagna, Italia, Francia ed altri periferici.
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO è prevedibilmente la stessa degli ultimi 10 anni. E’ ovvio che molto dipenderà dalla quotazione dell’EURO stesso sul DOLLARO e dalle politiche restrittive imposte all’interno dei singoli paesi. Per dire, nel 2012, l’Italia sta quasi azzerando il passivo commerciale, grazie al calo dell’EURO (fattore su cui l’economia Italiana è assai più sensibile di molte altre, ed in particolare di quella tedesca) ed alle politiche restrittive suicide di Monti (che hanno fatto crollare l’import). La tendenza di fondo pluriennale, però, resterà inevitabilmente connessa con la competitività dell’industria, di cui abbiamo ampiamente scritto sopra.
In caso di disgregazione dell’EURO, e ritorno alle valute nazionali, è ovvio che accadrà qualcosa di analogo a quanto accadde nel 1992-95 con un ritorno ad un forte attivo commerciale per l’Italia ed una decisa riduzione dei passivi per gli altri periferici che svaluteranno; il tutto ai danni della Germania.

3) OCCUPAZIONE e PIL: vince il RITORNO ALLA LIRA (a meno di uno scenario catastrofico di Default a catena dell’intera Europa)
Anche in questo caso è prevedibile che un ritorno alla LIRA rafforzi il PIL e l’occupazione.
L’Euro ha consentito alla Germania di riprendere la sua corsa del PIL e dell’occupazione, e ciò è stato fatto ai danni di diversi paesi periferici, in primis dell’Italia, che è il secondo paese manifatturiero europeo. La Germania non ebbe immediatamente benefici dall’introduzione dell’Euro e dei cambi fissi. Rammentate che fino al 2000-2005 si diceva che la Germania era il grande malato d’Europa? Era vero, visto che aveva un’andamento del PIL asfittico (come l’Italia, che però era reduce da una corsa per ridurre il deficit dal 10% ed oltre al 3%), peggiore di ogni nazione europea. La Germania ha avuto pazienza, ha anticipato alcune riforme, volte essenzialmente a contenere il costo del lavoro interno (anche favorendo i lavori a bassissimo salario) e l’inflazione; ovviamente ogni anno ha portato a casa un piccolo vantaggio inflattivo sui concorrenti, che col passare degli anni è diventato un grosso vantaggio e proprio dal 2005, ha iniziato a vedere andamenti di PIL ed occupazione estremamente favorevoli (ai danni degli altri, come testimoniato dai grafici allegati negli articoli in premessa).
La dinamica in caso di mantenimento dell’EURO è prevedibilmente la stessa degli ultimi 7 anni. Tra l’altro, se la Germania manterrà l’atteggiamento che ha tenuto nei confronti della crisi Europea negli ultimi disastrosi 3 anni e mezzo (e non vedo perché debba cambiare linea), è ovvio che chiederà l’adozione a tutti i periferici di misure sempre più restrittive (leggi Manovra Monti) che inevitabilmente affosseranno sempre più il PIL ed aumenteranno la povertà e la disoccupazione. Nel contempo la Germania sara’ impattata dal minore export verso i paesi “canaglia”, e compenserà in parte la cosa, grazie a tassi di interesse bassissimi ed afflussi copiosi di capitale.
In caso di disgregazione dell’EURO e ritorno alle valute nazionali, e’ ovvio che la Germania rivaluterà fortemente, ed i periferici svaluteranno, con impatti seri su produzione ed export tedeschi (e quindi su PIL ed occupazione), mentre ovviamente chi svaluterà avrà le conseguenze opposte. Ovvio che molto dipenderà da come avverrà la disgregazione dell’EURO: se venisse accompagnata da una serie di default di alcune nazioni, l’impatto sarebbe devastante non solo per la Germania ma pure per i paesi sottoposti a default, in tale scenario, nel medio periodo le nazioni sottoposte a default e simultanea svalutazione avrebbero una netta ripresa (come accaduto sempre nel passato in situazioni analoghe), mentre il quadro per la Germania resterebbe fosco sia nel breve che nel medio periodo (a lungo termine le cose potrebbero cambiare).

4) INFLAZIONE: vince il RESTARE NELL’EURO; ma con politici e politiche serie, ciò non sarebbe un problema.
Dopo aver visto che per l’economia reale non c’è partita a favore della LIRA, passiamo ad analizzare l’inflazione.
Per capire ciò, facciamoci una domanda. Cosa accadde nel 1992-1995 quando la LIRA svalutò da 750 a 1100 sul Marco, vale a dire del 50%, all’inflazione? Accadde, come scritto nel relativo articolo richiamato in premessa, che il differenziale di inflazione con la Germania scese dal 3,3% del 1990-92 all’1,6% del 1993-95. Ma come è possibile? Semplice: crollò il volume dell’import (più caro) e parte di questo venne sostituito da produzione nazionale (più a buon mercato) e ciò calmierò i prezzi. L’impatto più severo fu ovviamente sui beni energetici (che però hanno un’incidenza modesta sul paniere inflattivo complessivo rispetto alla componente del costo del lavoro, che è squisitamente un parametro interno). Rammentiamo per la cronaca che le follie di Monti sulle accise hanno avuto un impatto analogo sui prezzi energetici a quello di una classica svalutazione del 25-30% (ove sale il prezzo della materia prima e dell’IVA e restano invariate le accise).
I vantaggi della svalutazione permarranno nel tempo solamente se ci sarà una politica seria di contenimento dell’inflazione, con differenziali sulla Germania che restino nell’alveo della ragionevolezza. Per far ciò e conservare ed utilizzare al meglio il vantaggio competitivo, serve una classe dirigente seria e responsabile, che adotti riforme serie di liberalizzazione che incidano pesantemente sui settori distributivi e sui servizi semi-monopolisti, dove sarebbe possibile ottenere tramite maggior efficienza una decisa caduta dei prezzi, e quindi una tenuta della competitività del Paese.

5) TASSI DI INTERESSE: vince nettamente il RESTARE NELL’EURO
Passiamo ad analizzare i tassi di interesse. Rammentiamo a tutti, che il contenimento dei tassi di interesse era, appunto, il maggior vantaggio per l’Italia nell’ingresso nell’Euro-zona.
Tale vantaggio si limita al settore pubblico (minori interessi da pagare sul debito pubblico), ma non si estende al sistema privato con (tassi agevolati sui mutui), perchè questo è durato pochi anni. Sul valore degli immobili il cambio (lira-euro) non si è applicato visto che il valore commerciale dell'immobile che valeva 100Mil. di lire, oggi è 100Mila euro, solo il credito e finanziamenti sono convenienti per le famiglie e imprese, ma oggi la convenienza è passata, visto l'aumento dei tassi di interesse che ha peggiorato la convenienza.
Altrettanto vero che nel contesto degli anni 80 ed inizio anni 90 i tassi italiani erano stratosferici, anche perché il panel complessivo dei tassi mondiali (e dell’inflazione) erano decisamente diversi (tassi nulli erano una chimera anche nelle nazioni di riferimento).

Nel 1992-95, gli spread tra Italia e Germania si mantennero sui 500 punti (con picchi sopra i 700). L’era EURO ha decretato spread di 50-100 punti, ma la recente crisi ha riportato gli spread all’epoca della crisi del 1992-95, sui 400-500 punti.
Allora l’unico vero grosso vantaggio dell’EURO, quello di tassi a buon mercato, è svanito? oggi sì, almeno attualmente, anche se i tassi sul breve termine restano comunque convenienti per l'Europa del nord, ma per l’Italia e l'Europa del sud i tassi d'interesse non sono più convenienti, visto il rapporto con i tassi delle rispettive vecchie valute.
Evidente che passare dall’EURO alla LIRA provocherà un netto rialzo del TASSO di sconto, nonché dei rendimenti dei titoli, soprattutto a breve termine.
Altrettanto evidente che se questa crisi non troverà sbocco (e non vedo come possa risolversi definitivamente, perlomeno fino a settembre 2015, gli spread ed i tassi potrebbero risalire.

6) DEBITO PUBBLICO e conti pubblici.
I Fautori dell’EURO sostengono che tornare alla LIRA farà riesplodere i Tassi, e che l’introduzione dell’EURO ha consentito di ridurre l’ammontare degli interessi pagato di 60-75 miliardi, pari a 4-5% del PIL (in termini attualizzati). Hanno ragione, ovviamente, ma il ragionamento è sterile. L’ingresso nell’EURO (ed ancor prima in un sistema a cambi fissi a 990 sul marco) ha avuto anche altre 2 conseguenze. In primo luogo ha frenato nettamente la dinamica del PIL reale (la cosa l’abbiamo vista negli articoli in premessa), sia per il contenimento inflattivo, sia per le ricadute sull’economia reale (sappiamo che da 15 anni cresciamo dell’1% meno della media UE, differenziale che nel 2012 si avvicinerà al 2%). Ebbene, ciò implica una contrazione del denominatore con cui si misura il debito pubblico (e quindi lo fa aumentare). In secondo luogo, il calo del PIL ha impatti sulle spese (che crescono, specie quelle di tutela) nonché sulle entrate (la Manovra Monti ne è un esempio lampante, con entrate nettamente inferiori al preventivato a causa del crollo del PIL, causato dalle stesse misure). Che significa ciò? facciamo 2 conti, senza pretese. Dal 1995 ad oggi, l’Italia è passata da avere un PIL industriale che pesava il 65% di quello tedesco, al 50% attuale-. Ipotizzando che l’Italia fosse rimasta al 65%, e che la Germania avesse corso meno (non avrebbe avuto i vantaggi che ha avuto), l’Italia oggi avrebbe avuto un PIL industriale di 60-70 miliardi di Euro in più, raddoppiabili con gli impatti su export e servizi. 120-140 miliardi di PIL in più equivalgono a 60-70 miliardi di tasse in più, che sono esattamente il costo dei maggiori interessi. Ovviamente il calcolo ha limiti evidenti, ma dà un’idea sul fatto che l’EURO ha avuto anche impatti negativi indiretti su Deficit e Debito (legati a minore PIL e minore inflazione), accanto a quelli positivi diretti (minori tassi di interesse).

Restare nell’EURO è comunque un suicidio. Nel 2012 siamo volati oltre il 120% di Debito. Restare nell’EURO, poi, significa inflazione bassa e quel che è peggio PIL nominale con andamento disastroso. E’ evidente che anche nel 2013 il Debito salirà, visto che il denominatore avrà un andamento disastroso, e ciò avverrà anche nel caso di riduzione del deficit all’1,5-2,0%. Inoltre, Bruxelles c’ha già fatto sborsare l’equivalente del 3% del PIL di nuovo debito per salvare la Grecia, Portogallo, banche Spagnole ed Irlanda e seguirà un altro 1% (come minimo; temo assai di più). In questo contesto nel 2013, in assenza di privatizzazioni e dismissioni serie, il debito volerà e se gli spread cresceranno, si avviterà sempre più verso l’alto, con conseguenze già viste in Grecia. Se anche a fine 2013, andassero al governo in Germania formazioni a favore degli Eurobond, l’Italia (sempre che non sia fallita prima) si troverà comunque con un debito al 130% e con dinamica crescente, per cui realisticamente parlando, la permanenza nell’EURO non promette bene sul fronte del Debito Pubblico.
Passiamo al ritorno alla LIRA ed ipotizziamo avvenga domani. Sappiamo che ci sarebbe un impatto immediato sul PIL (legato ad una crescita netta dell’export e della produzione, nonché a qualche ricaduta inflattiva), eviteremo di dare altre prebende a Grecia e soci (costose), mentre non ci sarebbe un impatto immediato significativo sugli interessi (se s’alzasse anche del 2-3% la curva dei tassi, l’impatto il primo anno sarebbe solo dello 0,3-0,5%). In sintesi, un ritorno alla LIRA avrebbe certamente nel primo e secondo anno vantaggi notevoli sull’ammontare del Debito (minori sul fronte del deficit, dove la ripresa economica ed inflattiva, comunque, compenserebbe nettamente la maggior spesa per interessi). E’ ovvio che nel medio e lungo periodo, le spese per interessi avrebbero un’incidenza maggiore. Ecco perché è essenziale la gestione di un ritorno alla LIRA con una classe politica che sappia contenere e ridurre la spesa pubblica, fare le riforme e le dismissioni, contenere l’inflazione su valori decenti e ridurre tasse e burocrazia sui produttori. In questo caso non c’è partita, il ritorno alla LIRA sarebbe nettamente vantaggioso rispetto ad una permanenza nell’EURO, come da ragionamento sovrastante.

7) FINANZA – STABILITA’ E STRUMENTI DI FLESSIBILITA’ FINANZIARIA: vince la LIRA.
Ecco arrivati al secondo vero vantaggio dell’EURO: entrare in un sistema più forte e stabile, dove le nostre debolezze sono compensate dalla forza altrui, e non siamo sottoposti a crisi periodiche.
Questo vantaggio è stato indubbio nei fatti nel periodo 1996-2008. Dal 2008 non è più vero.
Abbiamo rinunciato a TUTTI gli strumenti di flessibilità cui dispone una nazione sovrana: Banca Centrale, possibilità autonoma di stampare, fare QE e muovere i tassi. Sono i tradizionali strumenti cui dispone una nazione per gestire l’ordinario e lo straordinario. Tali strumenti vengono prontamente mossi da una nazione nel suo interesse ed al momento opportuno. Ebbene, nel passato, arrivava una sana crisi, si muovevano i tassi, c’era panico, partiva la speculazione, la Banca d’Italia stampava e difendeva la Lira, e poi alla fine svalutava. Tutti gli indicatori oscillavano, e dopo un po’ tutto tornava ad un equilibrio. Sembrava talvolta un film horror, ma aveva una sua logica. Nel caso peggiore avremo fatto default (e solo Dio sa se ciò non sarebbe stato meglio o peggio).
Quanto sopra, sacrificato senza uno straccio di referendum all’EURO, moneta STATUS SYMBOL, che ci avrebbe garantito la protezione alle insidie della finanza anglosassone cattiva ed ingiusta.

Ora, qualcuno può spiegare nel 2008-2012, quali protezioni reali abbiamo avuto? polemiche infinite, classi politiche nazionali che si sbranano, la Germania che si rifiuta di garantire per gli altri e chiede misure che manderebbero in recessione pure la Cina. In sintesi, non solo non siamo protetti, ma siamo pure con le mani legate, completamente privi di strumenti di flessibilità per azioni sul breve periodo, destinati alla deindustrializzazione, ad una povertà crescente, ad essere cucinati a fuoco lento, e ciliegina sulla torta, pure derisi.
Ebbene, l’EURO è una costruzione alle cui spalle c’è una Babele, ed appare evidente anche a persona che di finanza capisce poco che questa crisi si risolverà solo in ultima analisi mettendo assieme tutti i Paesi Europei in un unica Nazione creando gli stati Uniti D'Europa, o ci sarà una disgregazione. Tornare ad avere tutti gli strumenti di flessibilità finanziaria (Banca centrale, Tassi, politiche fiscali-economiche uguali, etc), dà maggiori garanzie che restare nel Limbo in attesa di qualcosa (la garanzia finanziaria complessiva da parte tedesca ed OK di 17 parlamenti ad una serie di step inevitabili in caso di creazione degli Stati Uniti d’Europa) che difficilmente arriverà.

8) DEMOCRAZIA e RESPONSABILITA’: stravince la LIRA
Nell’attuale Unione Europea e Monetaria, non vediamo traccia di democrazia, né di responsabilità. Attualmente vediamo solo un caos dove fondamentalmente non si capisce niente e non si comprende realmente come uscirne. I processi sono spesso decisi, in barba all’opinione pubblica, da gente mai eletta. Il progetto EURO avrebbe senso se l’EUROPA fosse concepita come Stati Uniti d’Europa, mentre l’attuale minestrone è un non sense in termini, destinato ad un’ovvia implosione. Inoltre, l’attuale crisi si svolge in modo tale che inevitabilmente cresceranno i nazionalismi ed il sentimento di odio tra le varie nazioni.
Tornare alla LIRA significa responsabilità di affrontare i propri problemi con autonomia, con un minimo di parvenza democratica. Meglio ognuno per i fatti suoi, rispettandosi coi vicini.

CONCLUSIONI: meglio tornare alla LIRA, e conviene farlo alla svelta; ovviamente in un contesto internazionale fortemente competitivo e spesso ostile, tale azione ha senso (specie sul medio e lungo periodo) solo se guidata da una classe dirigente decente, che faccia le riforme, riduca le spese e le tasse e riporti il paese ad un minimo di buon senso.
Un ritorno alla LIRA andrebbe gestito da gente con la testa sulle spalle. Inizialmente la svalutazione produrrebbe forti vantaggi su molti fronti economici, ma ci esporrebbe ad attacchi e rappresaglie da parte di nazioni con la spalle più larghe delle nostre. Il dopo è ancora più tosto: vanno mantenuti i vantaggi competitivi e non scialacquati, facendo riforme serie che consentano all’inflazione di essere tenuta sotto controllo, e facendo politiche di bilancio tese a ridurre spese e sprechi dando vantaggi fiscali ed operativi alle categorie produttive ed alle famiglie.

L’opzione EURO non è un’opzione, ma un suicidio. Gli svantaggi sono infiniti. I vantaggi promessi all’origine (tassi, sicurezza) stanno svanendo in questa crisi. Ma quello che è peggio, è che appare evidente che l’EURO ha alle spalle una costruzione imperfetta, destinata ad un verosimile collasso.
Per cui vale la pena tenere l’EURO solo perché è diventato uno status symbol?
 
conclusione...

Si vede quanto è il nostro valore, di noi italiani...combattendo ad armi pari (cioè con l'euro x tutti) in concorrenza con francia, germania, spagna, olanda, etc...noi siamo ridotti in miseria...era molto accomodante prima avere una valuta cartastraccia.

altro che MADE IN ITAGLI..che la tecnologia itagliana...la qualità itagliana...bla..bla..bla...
siamo un paese di balocchi...:rolleyes:
 
Mauro Camisani Calzolari: Ecco i benefici dell'Euro.

Ecco i benefici dell'Euro che ha portato ai Paesi dell'area. Italia,Spagna,Portogallo,Irlanda,Grecia,Cipro e adesso Slovenia e poi.....non è ancora finita........
Povertà, disoccupazione, aziende e negozi fallite, crollo della produzione industriale, PIL -2,2%, suicidi, tasse, impoverimento della classe media, ecc... Non c'è un dato economico e sociale positivo e c'e qualcuno che ancora crede che uscire dall'Euro sarebbe una catastrofe....Dobbiamo urgentemente uscire da questa moneta Euro, prima che sia troppo tardi, quello che sta avvenedo a Cipro potrebbe accadere all'Italia, un prelievo forzato dai vostri conti correnti,visto che già è avvenuto, ricordate?.......
 
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Ecco i benefici dell'Euro che ha portato ai Paesi dell'area. Italia,Spagna,Portogallo,Irlanda,Grecia,Cipro e adesso Slovenia e poi.....non è ancora finita........
Povertà, disoccupazione, aziende e negozi fallite, crollo della produzione industriale, PIL -2,2%, suicidi, tasse, impoverimento della classe media, ecc... Non c'è un dato economico e sociale positivo e c'e qualcuno che ancora crede che uscire dall'Euro sarebbe una catastrofe....Dobbiamo urgentemente uscire da questa moneta Euro, prima che sia troppo tardi, quello che sta avvenedo a Cipro potrebbe accadere all'Italia, un prelievo forzato dai vostri conti correnti,visto che già è avvenuto, ricordate?.......

e dai con queste stupidaggini...
tira fuori le vecchie lirette dal album di figurine se ti piacciono tanto e mettile nel portafoglio per fare i tuoi acquisti :rolleyes:
 
Paul Krugman, premio Nobel:La fine dell’euro in 4 mosse.

Mi trovo d'accordo con l'analisi sulla fine dell'euro di Paul Krugman.

Paul Krugman spiega in pochi semplicissimi passaggi perché siamo spacciati, e cosa dovremmo fare prima che sia troppo tardi.

L’economista statunitense Paul Krugman, premio Nobel ed editorialista del New York Times, ha raggiunto probabilmente il punto di maggior pessimismo nella sua analisi dei problemi dell’euro e dell’Europa. Krugman scrive da molti mesi che le istituzioni europee hanno sbagliato completamente il loro approccio nei confronti della crisi, scegliendo di tagliare quando bisognava investire e quindi condannandosi con le loro mani. In un breve post sul suo blog intitolato “Eurodämmerung”, dämmerung è una parola tedesca che vuol dire “crepuscolo”, Krugman spiega perché nel giro di “pochi mesi” le cose in Europa potrebbero precipitare.
Il post si apre con il video di una scena del Crepuscolo degli dei, la quarta e ultima delle opere liriche che costituiscono “L’anello del Nibelungo” di Richard Wagner. E questa è la parte meno inquietante del post, che è breve e strutturato in punti. Primo punto.
1. La Grecia esce dall’euro, probabilmente già il mese prossimo.
Krugman allude alla possibilità, ormai quasi certa, che in Grecia si vada a nuove elezioni il mese prossimo, e che le forze che si oppongono alle misure di austerità e alle istituzioni europee conquistino ancora più seggi di prima: stando ai sondaggi, se si votasse adesso l’estrema sinistra di SYRIZA sarebbe il primo partito greco. Il parlamento frutto del nuovo voto avrebbe probabilmente una maggioranza di forze intenzionate a rinegoziare gli accordi con l’Europa o direttamente uscire dall’euro (o dall’Unione Europea tout court). Secondo punto.
2. Prelevamenti di massa nelle banche spagnole e italiane, correntisti che cercano di trasferire i loro soldi in Germania.
Il caos generato da una decisione del genere avrebbe ripercussioni oltre i confini della Grecia. Molti cittadini, nel timore di perdere il loro denaro depositato in banca, cercherebbero di prelevarlo in contanti o trasferirlo, sottoponendo istituti di credito già in crisi di liquidità a sforzi pesantissimi, forse insopportabili. E creando anche tensioni sociali non indifferenti, file davanti agli sportelli, nervosismo e violenze. Uno scenario terrificante, e per questo Krugman ipotizza due rimedi. Terzo punto.
3a. Forse verrebbero introdotti dei controlli e dei limiti ai trasferimenti di denaro all’estero e ai prelievi di contanti.
Funzionerebbe per tenere in piedi le banche, non molto per rendere sostenibile le tensioni che sorgerebbero quando un correntista si rendesse conto di non poter fare quel che vuole dei suoi soldi. Per questo Krugman individua un secondo possibile intervento.
3b. In alternativa, oppure contemporaneamente, la Banca Centrale Europea inizierebbe a fare grossi prestiti alle banche per evitare il loro collasso.
Non è una cosa così diversa da quanto accaduto nei mesi scorsi, ma stavolta il principale obiettivo sarebbe evitare il fallimento delle banche – e quel che ne conseguirebbe – e non finanziare il debito dei paesi europei a tassi sopportabili. Da quel momento in poi, comunque, le cose che potrebbero succedere sono due. Quarto punto.
4a. La Germania ha una scelta. Accettare che Italia e Spagna ricevano grandi quantità di denaro in prestito dalla BCE. Cambiare drasticamente approccio: per dare a questi paesi una speranza, soprattutto alla Spagna, è necessario garantire loro la possibilità di finanziarsi con bassi tassi di interesse e avere un tasso di inflazione più alto per aggiustare i prezzi. Oppure…
Krugman fa riferimento a quello che ripete da tempo: secondo l’economista statunitense, e moltissimi altri, la Banca Centrale Europea deve cominciare a comportarsi direttamente e senza limiti da “prestatrice di ultima istanza”, stampando denaro e prestandolo agli Stati anche a costo di far salire l’inflazione, pur di sottrarli ai tassi di interesse crescenti e permettere loro di finanziare misure per la crescita nonostante il debito. Eravamo rimasti a “oppure”, però.
4b. Fine dell’euro. E parliamo di mesi, non anni.
 
Slovena: Altro Paese dell'area Euro in crisi.

I rendimenti dei titoli di stato sloveni a scadenza decennale sul mercato secondario sono schizzati al 7,10% circa. Questo è un segnale che il rischio Slovenia preoccupa i mercati. Le sofferenze sui crediti delle banche sono pari a circa 7,2 miliardi di euro, il 20% del Pil. Questa situazione ha innescato nei mercati una speculazione sulla necessità che prima o poi il Paese dovrà chiede gli aiuti dell'Europa (Ue, Bce, FMI). Il governo Sloveno è consapevole del rischio finanziario e nega che il Paese possa ricorrere algli aiuti europei. Ma ancora una volta la crisi europea continua a mietere le sue vittime e la Slovenia rischia di essere il prossimo Paese in difficoltà finanziarie economiche, per questo se non vuole chiedere il sostegno all’Europa, dovrà inasprire le future manovre finanziare ed economiche per cercare di sistemare i sui conti. La crescita, che una volta era positiva in Slovenia cresceva a doppia cifra, ma in cinque anni ha subìto una riduzione in termini reali del 2,3% rispetto al 2011 per un valore complessivo di 35 miliardi di euro. L’austerity ha colpito pesantemente, crollano i consumi (-2,7%) e gli investimenti (-18%) circa. Ha complicare la situazione ci si è messo il settore immobiliare che ha messo in crisi le banche, proprietari di case e imprese edili. portando ad una depressione economica.
Il piano di salvataggio dovrebbe arrivare così attraverso l'intervento diretto dell'Ism (il fondo della Bce) sul sistema bancario del Paese. Sono e siamo convinti che la Slovenia richiederà un’altro tipo di intervento rispetto a Cipro perchè i due Paesi hanno economie diverse. Le diversità ta i due Paesi sono differenti, in Slovenia i depositi bancari e il Pil sono molto più contenuti rispetto a quelli di Cipro. ma anche di un’economia decisamente più piccola. Secondo il Fmi il fabbisogno di capitale delle banche è pari a 1 miliardo di euro circa.
Il punto critico di Cipro era gli enormi depositi bancari rispetto alla grandezza del Pil, depositi che provenivano soprattutto dai Paesi dall’Est Europa. In Slovenia la crisi è arrivata dal settore bancario le cui sofferenze sui crediti sono pari a circa 7 miliardi di euro. La probabile terapia potrebbe essere la creazione di una bad bank che raccolga i crediti in sofferenza trasferendo gli asset tossici alla Banca centrale del Paese. A quel punto sarà inevitabile un piano di ricapitalizzazione delle banche con la prospettiva di pesanti ristrutturazioni. Gli analisti sono concordi nel dire che La Slovenia, no ha praticamente più alcun accesso al mercato dei capitali e il Governo dovrà ricorrere al sostegno dell'Europa e Enti finanziari entro la fine dell’anno.
Lo Stato è azionista di maggioranza nelle grandi banche e a interesse ha salvare gli istituti bancari, prendendo parte alle ricapitalizzazioni.
 
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